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Cape Trieste Srl

of Lagorio R.


La storia e le tradizioni della pesca dell’Alto Adriatico, tra Trieste e le foci del Timavo, sono conservate nel bel museo di Santa Croce, a nord della città giuliana. Riscuotono sempre curiosità da parte dei visitatori i modelli in scala ridotta di bragozzi, topi e zoppoli e le illustrazioni della pesca del tonno, un tempo assai partecipata da parte delle popolazioni locali (ribiski-muzej.it).
Oltre alla pesca del tonno, praticamente scemata negli ultimi decenni, continua a mostrare una certa vitalità — non senza alti e bassi — la tradizione della pesca dei sardoni, comunemente noti col nome di acciughe (Engraulis encrasicolus). In particolare i secoli hanno visto come protagonista della pesca triestina i sardoni barcolani, «le acciughe pescate entro l’anno di età, dalla candida polpa» ricorda Stefano Ferluga, uno dei soci di Cape Trieste. «La pesca avveniva nel periodo estivo, tra giugno e luglio, e il consumo del pesce messo sotto sale in arbanelle coperte da un grave era durante le festività natalizie. Per conservare il pesce, fino agli anni Cinquanta, Triestini ed Istriani riutilizzavano i barattoli di latta».
Ferluga, insieme ai fratelli Fabio e Mauro Stander, è l’appassionato produttore che ha dato vita a Cape Trieste, una giovane realtà che valorizza il pesce dell’Adriatico e della Dalmazia cercando di far rivivere i fasti della tradizione dell’economia ittica.
Partono da lontano i tre, da molto lontano. Marchiano i propri prodotti col nome di Cape Trieste, punta estrema dell’isola di Champ, che appartiene all’arcipelago della Terra di Francesco Giuseppe, nel mare di Barents, a nord dell’oblast russo di Arcangelo. Rimandi e sentimenti che riportano ad un impero, quello austro-ungarico, immanente alla cultura locale. «Quel modo di conservare il pesce continuava nelle nostre case e allora ci siamo chiesti se ciò non potesse trasformarsi in un metodo per fare degustare i nostri sardoni ai consumatori di oggi».
Iniziarono i tre a mettere a punto una ricetta di sale e di pesce, la più simile possibile a quella ancestrale. Incontrarono però difficoltà nella conservazione dei sardoni barcolani, che dopo pochi mesi si sbriciolavano complice il legame ionico del sale. Troppo pochi per garantire una certa diffusione del prodotto. «Abbiamo iniziato quindi ad usare un’acciuga adulta, dal filetto più grande, calcolando con accuratezza la quantità di sale che permettesse la giusta conservabilità del pesce senza danneggiarlo. Ci sono voluti quasi cinque anni per mettere a punto questa… alchimia».
Ragioni di costi e disponibilità di pescato hanno imposto ai tre di approvvigionarsi e avvalersi dell’esperienza di pescatori e trasformatori croati, sotto loro stretta sorveglianza per quanto riguarda materia prima e processo produttivo.
Il pesce viene quindi catturato al largo delle coste che vanno da Trieste a Zara, eviscerato e decapitato, poi messo sotto sale di salina. Lì rimane anche per 12 mesi, opportunamente pressato, in tini di inox. La successiva lavorazione, sempre manuale, prevede che si sfiletti, venga lavato e si tolgano le ultime impurità. Viene poi aggiunto dell’olio di oliva e inserito in lattine se destinato al consumo privato, ovvero barattoli in vetro qualora i sardoni siano diretti a locali pubblici. La chiusura in lattine e barattoli è l’unica operazione non manuale. «La migrazione del pesce verso fondali più profondi di Quarnero e Dalmazia avviene quando ha raggiunto la maturità, quindi nel momento in cui serve al nostro scopo» spiega Ferluga. «In particolare durante il periodo estivo la pesca avviene perlopiù a latitudini settentrionali, rinfrescandosi la stagione, si inseguono i banchi verso lo Zaratino».
All’apertura della lattina l’aspetto dei filetti è molto curato, il colore è crema scuro e il profumo è di pesce maturo con evidenti ricordi di iodio. La produzione si esprime con carattere familiare più che artigianale. Se i tre volevano ottenere un prodotto che ricordasse prodotti simili, ma non italiani, e che da noi imperversano in ogni ristorante, ci sono riusciti.


Riccardo Lagorio


Cape Trieste Srl
Viale Miramare 33 – 34135 Trieste
Telefono: 331 2968556
E-mail: capetrieste@gmail.com
Web:
capetrieste.com

Nota

Photo © capetrieste.com



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