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Libri

Nuovo terrificante mistero di morte per il commissario Cataldo

di Bertacchini R.

Dopo la serie dell’agevole ciclo affidato al commissario Cataldo — dieci episodi da Errore di prospettiva a La belva — Luigi Guicciardi pubblica La Morte ha Mille Mani (Hobby & Work Publishing, aprile 2010, pp. 326, Ä 18,00), undicesimo romanzo di intensa, unitaria pluralità tematica. L’ambiente, questa volta, è quello medico — case di cura, ospedali, pronto soccorsi — conosciuto, approfondito per l’occasione da Guicciardi che, nella Nota finale, sottoscrive “un doveroso ringraziamento” al chirurgo estetico Nicola Scuderi (e al suo ottimo Un elogio dell’imperfezione) nonché al sollecito, disponibile personale dell’Hospice di Forlimpopoli (FC), delle Molinette e del San Giovanni Vecchio di Torino. Compiuto mystery dall’organica trama, La Morte ha Mille Mani si svolge non tanto per successione cronologica quanto piuttosto per “fuochi”, cioè per centri irradiatori di penetrante, diffusa forza consecutiva.

Primo fuoco tematico, la morte di un noto chirurgo estetico. A Modena, in Rua Frati, una sera di dicembre, viene ucciso da un’auto pirata il chirurgo Fabio Zanasi, proprietario della facoltosa clinica privata Centro Chirurgico Zanasi. Il commissario Cataldo, titolare del caso, ne intuisce subito la complessità. Prevede molte piste d’indagine, a partire dalla vendetta di un paziente, frustrato e insoddisfatto (come l’assicuratore Orlando Tassi, che lo ha minacciato pubblicamente di morte). Anche il movente sessuale non è da trascurare, vista la comprensibile gelosia della bella moglie del chirurgo, Ornella, per due donne entrate nella vita del marito: la laureanda Daniela Montesano, giovane amica di Zanasi (uscendo dalla casa di lei, il medico ha trovato la morte), e la matura Clara Tomesani, una antiquaria, cliente infatuata del chirurgo e residente nella via dell’omicidio. Secondo fuoco combinatorio, l’uccisione della Tomesani e il tentato omicidio della Montesano, entrambi mascherati da suicidio. Terzo fuoco che fa precipitare la situazione, l’avvelenamento di Francesco Mariani, ricchissimo imprenditore, divorziato, malato di un tumore incurabile, sospetto padre del bambino atteso dalla Montesano. Autentici nuclei di vita, i tre fuochi danno altrettanti segnali chiave da verificare a Cataldo, osservatore e “filosofo”, commissario che di fronte alla cruda realtà ipotizza e pensa. Un reticolo crescente di locuzioni pensate e parlate intesse il discorso narrativo de La Morte ha Mille Mani. E lo innova, lo certifica rispetto ai lavori precedenti di Guicciardi. Il modello Maigret alla Simenon appare sempre meno statico nel Cataldo del romanzo attuale.

Decisamente movimentato questo ultimo Cataldo, espressamente capace di incastrare il lettore, di tenerlo avvinto a rincalzo e conferma di quanto l’autore va dicendo. Elementi e frammenti indiziari prelevati e destinati all’odierno mystery giallo, al presente ordine poliziesco, lo rendono intricato e continuo. Il titolo dell’odierno mystery deriva da T.S. Eliot: “la morte ha mille mani e cammina lungo mille sentieri, puoi salire lungo una scala di giorno e scivolare su un gradino malfermo, puoi sederti a mensa e sentire di colpo un gelo delle midolla…”. Andamento fenomenologico de La Morte ha Mille Mani, nel senso che il commissario Cataldo vi subordina concetti e metodi professionali alle intuizioni dell’esperienza vissuta da un se stesso diverso, più tollerante, più esistenzialmente comprensivo di colpe e delitti. Anche dal punto di vista fisico, fisionomico: l’antica, momentanea fitta alla tempia gli diventa con gli anni nevralgia costante, gli persiste come doloroso fattore psicologico-mentale di umana riflessione.

Renato Bertacchini



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