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Pesca

Le zone di pesca Fao

di Mengoli A.

Parte prima

Le nuove regole di etichettatura dei prodotti ittici

Con l’inizio del 2002 sono entrate in vigore le nuove norme di etichettatura stabilite con Reg. 2065/2001/CE e DM 27-03-02, anche se i prodotti immessi sul mercato o etichettati negli anni precedenti, oltre agli imballaggi non conformi al Reg. 2065/2001/CE, potranno comunque essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte. Il DM 27-03-02 definisce le modalità di etichettatura dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura (esclusi molluschi, gasteropodi, echinodermi e tunicati) commercializzati sul territorio comunitario a prescindere dalla loro origine, anche qualora tali prodotti siano preimballati.

Le indicazioni obbligatorie vengono divise fra quelle alla vendita al dettaglio e quelle obbligatorie ad ogni stadio di commercializzazione (ai fini della tracciabilità). Le informazioni obbligatorie nella vendita al dettaglio dei prodotti sono:

a) la denominazione commerciale;

b) il metodo di produzione;

c) la zona di cattura.

Le informazioni che obbligatoriamente devono essere riportate in ogni stadio di commercializzazione della specie ittica interessata (tracciabilità) sono le stesse sopra viste con l’aggiunta della denominazione scientifica.

Le indicazioni sopra riportate devono apparire per tutti i prodotti ittici preimballati e non, a seconda dei casi: o su una etichetta o sull’imballaggio del prodotto stesso oppure su un qualsiasi documento commerciale di accompagnamento della merce compresa la fattura, durante tutti gli stadi di commercializzazione, fino al venditore al dettaglio compreso.

a) Denominazione commerciale

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n° 104/2000 la denominazione commerciale di una specie è quella stabilita in ciascuno Stato membro ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, di detto regolamento. Per l’Italia quindi la denominazione commerciale deve rispettare l’elenco riportato nell’allegato A del DM 27-03-02. È comunque facoltà dell’operatore indicare anche la denominazione scientifica (genere e specie in latino).


Cartina 1.

L’art. 4 del D.L.vo 109/92 definisce infatti che "la denominazione di vendita di un prodotto alimentare è la denominazione prevista dalle disposizioni che disciplinano il prodotto stesso, ovvero il nome consacrato da usi o consuetudini ovvero una descrizione del prodotto accompagnata, se necessario, da informazioni sulla sua natura e utilizzazione, in modo da consentire all’acquirente di distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe essere confuso…", pertanto nello specifico dei prodotti della pesca, che sono stati codificati con una denominazione stabilita dal DM 27-03-02, occorre attenersi alla suddetta normativa, per non incorre in provvedimenti disciplinari.

Denominazioni provvisorie

Una specie ittica che non figura nell’elenco delle denominazioni commerciali autorizzate da uno Stato membro può anche essere commercializzata con una denominazione commerciale provvisoria stabilita dall’autorità competente dello Stato membro (Artt. 2 e 3 Reg. 2065/2001/CE). Entro cinque mesi dall’attribuzione della denominazione commerciale provvisoria della specie in questione, lo Stato membro comunque deve provvedere a stabilire la denominazione commerciale definitiva, che verrà riportata nell’elenco delle denominazioni autorizzate.

Qualsiasi modifica nell’elenco delle denominazioni commerciali autorizzate da uno Stato membro deve essere immediatamente notificata alla Commissione, che ne informa gli altri Stati membri.

b) Metodo di produzione

L’indicazione del metodo di produzione, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n° 104/2000 comporta una delle seguenti menzioni: "…prodotto della pesca…", oppure "…prodotto della pesca in acque dolci…", oppure "…prodotto di acquacoltura…" a seconda che si tratti di prodotti della pesca in mare, o in acque interne o di acquacoltura.

Per le specie pescate in mare uno Stato membro può autorizzare l’omissione del metodo di produzione nella vendita al consumatore finale, a condizione che risulti chiaramente dalla denominazione commerciale e dalla zona di cattura che si tratta di una specie pescata in mare.

Tale autorizzazione non è concessa in caso di dubbi sul metodo di produzione. Ai fini dell’indicazione del metodo di produzione, i prodotti d’allevamento sono quelli derivanti dall’acquacoltura definita nell’allegato III, paragrafo 2, punto 2, lettera a), del Regolamento 2792/1999/CE, in cui per acquacoltura si intende l’allevamento o la coltura di organismi acquatici mediante l’impiego di tecniche al fine di aumentare, al di là delle capacità naturali dell’ambiente, la resa degli organismi in questione, che rimangono di proprietà di una persona fisica o giuridica durante tutta la fase di allevamento o coltura, compreso il raccolto. Quando sia posto in vendita un miscuglio di specie identiche, il cui metodo di produzione è diverso, occorre indicare il metodo di produzione di ogni partita.

c) Zona di cattura

In base all’articolo 4, paragrafo 1, lettera c, del regolamento CE 104/2000, la zona di cattura comporta le seguenti menzioni:

a) per i prodotti pescati in mare, la menzione di una delle zone di cui all’Allegato del Reg. CE 2065/2001 e elencate nella tabella Zone di catture (vedi cartina 1);

b) per i prodotti pescati in acque dolci, la menzione dello Stato membro o del paese terzo di origine del prodotto. Per i prodotti pescati in acque interne la FAO riporta la seguente lista di aree di pesca suddivise per continente:

—  Africa: Zona FAO n° 01;

—  Nord America: Zona FAO n° 02;

—  Sud America: Zona FAO n° 03;

—  Asia: Zona FAO n° 04;

—  Europa: Zona FAO n° 05;

—  Oceania: Zona FAO n° 06;

—  Area ex Urss: Zona FAO n° 07;

—  Antartide: Zona FAO n° 08.

c) per i prodotti di allevamento, la menzione dello Stato membro o del paese terzo di allevamento in cui si è svolta la fase finale di sviluppo del prodotto. Gli operatori possono anche menzionare una zona di cattura più precisa (Art. 5 del Reg 2065/2001/CE). Quando l’allevamento è avvenuto in più Stati membri o Paesi terzi, lo Stato membro in cui si effettua la vendita al consumatore finale può autorizzare, al momento di tale vendita, l’indicazione dei diversi Stati membri o paesi terzi di allevamento.

Quando sia posto in vendita un miscuglio di specie identiche la cui zona di cattura o paese di allevamento è diverso, occorre indicare almeno la zona della partita quantitativamente più rappresentativa, con l’avvertenza che il prodotto proviene anch’esso, quando si tratta di un prodotto della pesca, da zone di cattura diverse e, quando si tratta di prodotti d’allevamento, da paesi diversi.

Altre indicazioni di etichettatura: la bollatura sanitaria

I prodotti della pesca possono essere commercializzati inoltre solo se muniti di contrassegno d’identificazione (bollo) in osservanza di quanto stabilito nel Cap. VII dell’Allegato al D.L.vo. 30/12/1992, n° 531. Nei prodotti preconfezionati il bollo reca l’indicazione:

• del Paese speditore (per esteso o sigla maiuscola);

• del numero di riconoscimento dello stabilimento, mercato o impianto collettivo per le aste o nave officina di provenienza;

• la sigla comunitaria CE (o sigla equivalente nelle varie lingue europee).

Queste stesse indicazioni nel caso di prodotti non preconfezionati devono figurare su un documento accompagnatorio: documento che permette così di risalire, anche per successivi passaggi, all’origine dei medesimi, a garanzia che quanto commercializzato è stato sottoposto a controllo sanitario ufficiale.

La suddivisione in zone di cattura e le convenzioni internazionali

Tutti le nazioni del mondo interessate allo sfruttamento della pesca si sono presto rese conto della necessità di una sua regolamentazione, segnando così la nascita di accordi e convenzioni fra Stati per lo sfruttamento di questa risorsa naturale e per la sua tutela. Le acque internazionali possono così essere suddivise in Convenzioni di pesca (FAO e non-FAO) che interessano sia le acque marine che quelle interne (vedi cartina 2). Queste Convenzioni internazionali (che riportiamo in sigla) possono essere classificate secondo una logica legata ai compiti svolti oppure secondo criteri geografici.

1. Col primo sistema si possono classificare:

a) Convenzioni a carattere gestionale: le convenzioni regionali che stabiliscono direttamente misure gestionali o manageriali. Fra queste riportiamo: CCAMLR; CCSBT; GFCM; IATTC; IBSFC; ICCAT; IOTC; IPHC; IWC; MHLC; NAFO; NASCO; NEAFC; NPAFC; PSC; SEAFO; SWIOFC.

b) Convenzioni a carattere consultivo: le convenzioni regionali che danno alle nazioni associate consigli di tipo gestionale e scientifico. Fra queste riportiamo: AAFC; APFIC; CARPAS; CECAF; CIFA; COPESCAL; COREP; CPPS; CTMFM; EIFAC; FFA; LVFO; NAMMCO; MRC; OLDEPESCA; RECOFI; SRCF; WECAFC; WIOTO; SEAFDEC.

c) Convenzioni a carattere scientifico: le convenzioni regionali che danno pareri scientifici e informazioni. Fra queste riportiamo: ACR; CWP; ICES; ICSEM; NACA; PICES; SPC.

2. Secondo una logica di distribuzione territoriale si possono distinguere:

a) Convenzioni Regionali di pesca della FAO: APFIC; CECAF; CIFA; COPESCAL; CWP; EIFAC; GFCM; IOTC; RECOFI; SWIOFC; WECAFC.

b) Convenzioni a carattere globale e trans-oceanico: ACR; APFIC; CCAMLR; CCSBT; CWP; IVVC; OLDEPESCA.

c) Convenzioni dell’Oceano Atlantico: AAFC; CARPAS; COREP; CECAF; CTMFM; IBSFC; ICCAT; ICES; NAFO; NAMMCO; NASCO; NEAFC; SEAFO; SRCF WECAFC.

d) Convenzioni del Mar Mediterraneo: GFCM; ICSEM.

e) Convenzioni dell’Oceano Pacifico: CPPS; FFA; IATTC IPHC; MHLC; NPAFC; NACA PICES PSC SPC; SEAFDEC.

f) Convenzioni dell’Oceano Indiano: IOTC RECOFI SWIOFC WIOTO.

g) Convenzioni delle acque interne: APFIC; CIFA; COPESCAL; EIFAC; MRC; LVFO.

Esiste una corrispondenza geografica fra zone di cattura secondo la divisione FAO e le Convenzioni internazionali che sottendono alle medesime zone. In alcuni casi le Convenzioni sottendono a una unica zona FAO, in altre si estendono su tutto un oceano o su vaste aree di pesca. La corrispondenza a singole zone di cattura o a raggruppamenti di queste dipende dalla tipologia degli accordo di pesca fra Stati aderenti, che può riguardare la distribuzione geografica del pescato in generale o la regolamentazione della pesca di singole specie ittiche.

Ad es. la Nasco si occupa solo delle rilevazioni statistiche e della gestione della pesca del salmone all’interno delle zone FAO n° 21 e n° 27; la Nafo invece si occupa della gestione di tutto il pescato all’interno della sola zona FAO n° 21. Nella tabella 1 vengono schematizzate le corrispondenze geografiche attualmente esistenti fra Convenzioni internazionali e zone FAO.


Cartina 3.

Fra le considerazioni riguardanti l’applicazione delle diverse Convenzioni internazionali occorre tener presente a puro titolo informativo che nel 1976 gli Stati Uniti regolamentarono la conservazione e la gestione delle proprie zone di pesca consentendo alle navi straniere di catturare quantità limitate di pesce entro le 200 miglia marine dalle coste statunitensi.

Nel 1982 la Convenzione internazionale di Montego Bay stabilì che le acque territoriali di ciascuno Stato non possono superare il limite di 12 miglia marine: oltre questo limite iniziano le acque internazionali, nelle quali, fra l’altro, la pesca è libera per tutti. Attualmente, però, molte Nazioni rivendicano zone esclusive di pesca di 200 miglia marine (EEZ).

Convenzioni riguardanti più zone FAO dell’Atlantico

Le Convenzioni internazioni che disciplinano la pesca all’interno di più zone FAO dell’Oceano Atlantico sono la Iccat, la Ccsbt e la Aafc.

ICCAT — Commissione internazionale per la conservazione del tonno atlantico (vedi cartina 2)

La Commissione internazionale per la conservazione del tonno atlantico è responsabile per la protezione del tonno e delle specie simili nell’Oceano Atlantico e nei mari adiacenti. L’organizzazione, fondata nel 1966, ha preparato e adottato la Convenzione internazionale per la conservazione del tonno atlantico, che venne successivamente firmata a Rio de Janeiro, Brasile, nel 1969. L’area di giurisdizione della Convenzione comprende tutto l’Oceano Atlantico.

Circa 30 specie sono monitorate da parte dell’Iccat: tonno (Thunnus thynnus thynnus), tonno pinna gialla (Thunnus albacares), tonno bianco o alalunga (Thunnus alalunga) tonno obeso (Thunnus obesus); pesce spada (Xiphias gladius); istioforidi come l’aguglia imperiale (Tetrapturus albidus), il marlin bleu (Makaira nigricans), in pesce vela atlantico (Istiophorus albicans), aguglia imperiale (Tetrapturus pfluegeri); scombridi come il maccarello reale maculato (Scomberomorus maculatus)e il maccarello reale (Scomberomorus cavalla); e i piccoli tonni come il tonnetto striato (Katsuwonus pelamis), l’alletterato (Euthynnus alletteratus), il tombarello (Auxis thazard) e il tonnetto (Sarda sarda).

La Convenzione ha stabilito che l’Iccat è l’unica organizzazione che può intraprendere lo studio per il monitoraggio e la gestione del tonno e delle specie simili in Atlantico. L’attività di monitoraggio comprende le ricerche di biometria, ecologia e oceanografia, con particolare riguardo agli effetti della pesca sulla consistenza delle riserve. Il lavoro dell’Iccat consiste nell’acquisizione e nell’analisi delle informazioni statistiche reali e previsionali relative alle risorse ittiche nell’area della Convenzione. I tonni e le specie affini rientrano tra le specie altamente migratorie che spesso attraversano le acque nazionali ed internazionali, l’Iccat perciò cerca di raccogliere dati anche da altre organizzazioni di pesca, operanti nell’Atlantico e nel Mediterraneo, non aderenti alla Convenzione.

La Commissione intraprende comunque anche studi di monitoraggio di altre specie (principalmente squali) eventualmente catturate durante la pesca del tonno nell’area della Convenzione, e che non rientrano in altre Organizzazioni. Le parti contraenti sono rappresentate da 32 Stati: USA, Giappone, Sud Africa, Gana, Canada, Francia (St. Pierre et Miquelon), Brasile, Marocco, Repubblica di Corea, Costa d’Avorio, Angola, Russia, Gabon, Capo Verde, Uruguay, São Tomé e Principe, Venezuela, Guinea Equatoriale, Guinea Conakry, Regno Unito (Bermuda), Libia, Repubblica Popolare della Cina, Croazia, Unione Europea, Tunisia, Panama, Trinidad & Tobago, Namibia, Barbados, Honduras, Algeria, Messico.

Convenzione CCSBT — Commissione per la conservazione del tonno (vedi cartina 2)

La Ccsbt o Commissione per la conservazione del tonno (Thunnus maccoyii) ha sede a Canberra (Australia) ed è entrata in vigore il 24-05-94, circa un anno dopo la firma dell’omonima Convenzione da parte dell’Australia, del Giappone e della Nuova Zelanda. Quest’ultima convenzione costituiva una formalizzazione di un accordo volontario in essere fin dal 1986 tra i suddetti stati e realizzato in risposta alle preoccupanti condizioni degli stock di tonno a metà degli anni ‘80.

L’obiettivo della Ccsbt è di assicurare, attraverso un’appropriata gestione, la conservazione ed una ottimale utilizzazione degli stock di tonno.

La convenzione non è operativa in alcune aree geografiche specifiche. Si applica specificamente al Thunnus maccoyii indipendentemente dall’area geografica. Questo tonno si riproduce al largo di Giava nelle zone di pesca dell’Indonesia, da dove una parte di forme giovanili migra in direzione orientale verso la porzione meridionale delle acque di pesca dell’Australia e verso la Nuova Zelanda, mentre un’altra parte di forme giovanili migra ad occidente verso il Sud Africa. Se ne deduce come la Convenzione debba necessariamente applicarsi a queste zone.

Membri della Convenzione sono: Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Repubblica di Corea.

Gli stati membri si sono accordati su diverse misure da intraprendere con l’obbiettivo di ripristinare gli stock entro il 2020, fra queste:

• un valore di cattura globale ammissibile pari a 11.750 tonnellate;

• restrizioni di pesca nelle acque dove avviene la riproduzione;

• programmi comprensivi di monitoraggio ed acquisizione delle informazioni fra gli Stati membri;

• rafforzamento dell’attività di ricerca per la salvaguardia e la tutela della specie.

Convenzione AAFC — Conferenza di pesca Afro-Atlantica (vedi cartina 8)

La Conferenza di pesca Afro-Atlantica è una Conferenza ministeriale di cooperazione per la pesca tra gli Stati africani bagnati dall’Oceano Atlantico. È stata istituita a Dakar il 5 Luglio 1991 ed è entrata in vigore il 12 Luglio 1995. I paesi membri sono: Angola, Benin, Camerun, Capo Verde, Congo, Costa d’Avorio, Repubblica democratica del Congo, Guinea equatoriale, Gabon, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Marocco, Mauritania, Namibia, Nigeria, São Tomé and Principe, Senegal, Sierra Leone, Togo. Gli obiettivi della Convenzione sono:

• promuovere una cooperazione attiva e organizzata nel campo della gestione della pesca nella area marina di competenza;

• farsi carico della sfida per raggiungere l’autosufficienza alimentare attraverso l’utilizzazione razionale delle risorse di pesca, nell’ambito di un approccio integrato che abbracci tutti i componenti del settore ittico;

• incrementare, coordinare ed armonizzare gli sforzi e le capacità degli stati membri con l’intento di conservare, sfruttare, potenziare e commercializzare le risorse ittiche, con particolare riguardo agli stock compresi nella giurisdizione di più di uno stato membro;

• rinforzare la solidarietà con gli stati africani non bagnati dal mare e geograficamente svantaggiati.

Per quanto riguarda la conservazione e gestione delle risorse ittiche le parti dovranno:

• combinare i loro sforzi per assicurare la conservazione e la gestione razionale delle loro risorse ittiche ed intraprendere una azione concertata per la valutazione degli stock ittici che si trovano nelle acque sotto la giurisdizione di più di uno stato;

• scambiare informazioni scientifiche riguardo le risorse ittiche, le statistiche relative alle catture e gli sforzi di pesca e altri dati rilevanti per la conservazione e lo sfruttamento degli stock ittici, con l’obiettivo di raggiungere la loro utilizzazione ottimale;

• impegnarsi ad adottare politiche armonizzate concernenti la conservazione, la gestione e lo sfruttamento delle risorse di pesca, in particolare per quel che riguarda la determinazione delle quote di cattura e, se necessario, l’adozione di normative comuni sulle stagionalità di pesca.

I gruppi di specie secondo il codice ISSCAAP

Nella descrizione delle principali caratteristiche statistico-produttive delle zone di cattura, è stata utilizzata la classificazione in gruppi di specie Isscaap, che viene utilizzata dalla Fidi (Unità di informazione e raccolta dati statistici sulla pesca) della FAO per l’elaborazione di valutazioni e statistiche sulla pesca e acquacoltura mondiale. Secondo questa classificazione le catture mondiali di pesce vengono suddivise (in base a specie, generi, famiglie e livelli tassonomici superiori) in 1.375 categorie statistiche (dati 2000) definite "Categorie di specie". Per ogni categoria di specie vengono assegnati 3 tipi di codice:

1) Codice Isscaap;

2) Codice tassonomico;

3) Codice 3-alfa, oltre al nome scientifico, al nome proprio in varie lingue (inglese, francese e spagnolo) e ad altri dati specifici.

Il n° di codice attribuito alla categoria di pesca viene poi riportato in un elenco ufficiale e assegnato ad un registro che consente di risalire a informazioni statistiche proprie per ciascuna categoria di pescato. Il codice Isscaap (Classificazione statistica standard internazionale per animali acquatici e piante) della FAO divide le specie commerciali in 50 gruppi sulla base delle loro caratteristiche tassonomiche, ecologiche ed economiche e viene attribuito solo a quelle categorie di specie che hanno basi statistiche nei "data base" della FAO, più circa altre 400 specie a cui il codice Isscaap viene assegnato su richiesta di Commissioni di pesca o di Stati Membri.

Dati statistici sul pescato per Paese produttore e per gruppi di specie ISSCAAP

Le informazioni sulle caratteristiche produttive delle Zone di pesca, contenute nel presente lavoro, sono tratte dalla Circolare di pesca FAO n° 920 FIRM/C920 che riporta dati statistici sui profili di cattura e sulle caratteristiche quali-quantitative della pesca nelle diverse zone. Vengono riportati inoltre dagli archivi statistici della FAO i quantitativi di pescato per Paese produttore e per singole specie ittiche raggruppate in gruppi secondo il codice ISSCAAP. I dati relativi alle catture per Paese produttore dal 1991 al 2000 sono riportati nelle tabelle FAO allegate ad ogni Zona trattata. I dati relativi alle catture per gruppi di specie Isscaap nell’ambito delle Zone FAO trattate, aggiornati al 2000, sono riportati nella Tabella 2.

Zona FAO n° 21

Caratteristiche produttive della Zona FAO n° 21 (Circolare FAO n° 920FIRM/C920 — vedi cartina 3)

Introduzione

Questa zona marina di acque fredde è stata una importante area per l’industria della pesca commerciale fin dal 1500. Le zone di pesca costiere si presentano con un regime marino dominato dalla corrente fredda di Baffin, che si muove verso sud in prossimità della riva. Al largo vi sono acque più calde portate a nord dalla corrente del Golfo. Tre aree marine a bassa profondità (meno di 200 m) sono state tradizionalmente la maggior risorsa di banchi di pesca bentonici della zona 21 e cioè il Gran Banco di Terranova, la piattaforma della Nuova Scozia e il Banco di George. Altre aree di bassa profondità più piccole includono il Banco di Hamilton (importante per la pesca del merluzzo negli anni ‘70 e ‘90), il bassofondale Flemish (ad est del Gran Banco di Terranova e importante per la pesca del Sebastes norvegicus), e la parte sud del golfo di San Lorenzo. "Il naso e la coda" del Grande Banco di Terranova si trovano al di fuori delle acque territoriali canadesi, in acque internazionali, come pure il bassofondale Flemish.

Anche se alcune riserve ittiche, particolarmente invertebrati come le aragoste e i pettinidi, si trovano a livelli che possono considerarsi ancora accettabili, la situazione generale delle riserve bentoniche, che nel passato costituivano la risorsa dominante, continua comunque ad essere in declino. Nella zona a nord (Labrador e Gran Banco di Terranova) si è avuto un depauperamento delle riserve bentoniche causate da uno eccessivo sfruttamento della pesca e da effetti ambientali: principalmente la bassa temperatura dell’acqua della corrente del Labrador. Durante il 1995 molte zone tradizionali di pesca bentonica sono rimaste insfruttate o marginalmente attive, a causa del calo del quantitativo di pesce disponibile. Le prospettive stanno migliorando nei confronti della pesca dell’eglefino e dei pleuronettidi, a livello della piattaforma della Nuova Scozia. In linea generale le riserve di pesci bentonici scarseggiano, mentre la condizione delle altre categorie di pesci sembrano in miglioramento. I sondaggi statunitensi rilevano alti livelli per le riserve costiere di aringhe, ed i rilevamenti sulle larve di aringhe indicano un’abbondanza del 50% rispetto ai livelli massimi osservati negli anni ‘73-‘74. Gli sbarchi di specie pelagiche sono leggermente al di sotto dei recenti livelli storici, mentre gli sbarchi di invertebrati anche se in declino, continuano a contribuire in gran parte al valore totale del pescato dell’Atlantico del nord ovest (Zona FAO n° 21). Gli squali, un nuovo arrivo per questi mari, continuano a rappresentare la specie dominante della biomassa bentonica delle zone meridionali dell’area 21.

Profili delle Catture

(vedi Tabella 4 — Catture per Paese produttore nella Zona 21)

I massimi quantitativi di pescato nell’area 21 si sono registrati a fine degli anni 60, con una media di 4 milioni di tonnellate/anno. Gli sbarchi sono però diminuiti fino a 3,3 milioni di tonnellate nel 1990 e ulteriormente a 2 milioni di tonnellate nel 1994. L’incremento della fine anni 60 può essere visto come dovuto principalmente a grossi sbarchi di specie del gruppo Isscaap 32 e 35. Anche se le catture riportate per le aringhe del gruppo Isscaap 35 sono diminuite considerevolmente esse rappresentano comunque ancora il gruppo di pescato dominante. Questo principalmente in conseguenza al forte declino delle catture delle specie del gruppo Isscaap 32. Il totale delle catture alla fine degli anni ‘60 era cospicuo fino a tutto il primo periodo degli anni ‘70, prevalentemente per catture in aumento di sgombri, sebasti e carangidi (rispettivamente dei gruppi Isscaap 37, 33 e 34). Nell’ultima parte degli anni ‘70 le catture di specie di questi 3 gruppi Isscaap sono calate. Durante gli anni ‘80 e ‘90 il pescato di vongole e telline del gruppo Isscaap 56 è diventato più significativo e queste specie sono ora seconde solo alle aringhe. Le catture di un altro gruppo di molluschi, i pettini del gruppo Isscaap 55, costituiscono il terzo gruppo in ordine di consistenza. Da evidenziare il calo degli sbarchi nel gruppo dei gadoidi il cui più significativo rappresentante rimane il merluzzo (Gadus morhua). Gli sbarchi di queste specie hanno segnato il massimo nel 1968 con circa 1.866.000 tonnellate, per poi registrare una forte flessione a circa 482.000 tonnellate nel 1978. C’è stato poi un successivo recupero durante il periodo 1982-1989, seguito da un tracollo fino al punto di chiusura delle zone di pesca in Canada, situazione che essenzialmente si verifica in Canada a tutt’oggi.

Il declino negli sbarchi di merluzzi è stato progressivamente più rilevante nella parte a nord della zona 21 (cioè nel Labrador, Grand Bancks, Scotian Shelf e nel Golfo di S. Lorenzo). Nel 1989, quando gli sbarchi erano a livelli di 639.936 tonnellate, la quota parte degli USA per la pesca dalle loro acque territoriali era il 5,6% del totale. Negli anni seguenti questa percentuale è aumentata dal 7,8% al 36,2%. Il raffreddamento dell’oceano che si è venuto a verificare ha comportato un fermo all’accesso agli stock e un calo degli sbarchi a 48.477 tonnellate nel 1994.

Diminuzioni sono state registrate anche per l’eglefino (Melanogrammus aeglefinus), un gadide importante per la pesca costiera. Le variazioni degli sbarchi del nasello atlantico (Merluccius bilinearis) sono il risultato degli accordi di pesca raggiunti fra i governi cubano e canadese, anche se nel passato alle catture di queste specie hanno contribuito pure le flotte dei paesi dell’Est. I pleuronettidi e i sebasti (specie rispettivamente dei gruppi Isscaap 31 e 33) sono altri gruppi di pesci bentonici che mostrano un declino corrispondente a quello del merluzzo. I gamberi (ad es. il gambero rosa) rappresentano il 4° gruppo di pescato in ordine di importante, mentre nel passato le catture di questi crostacei erano insignificanti se paragonate all’enorme quantità di merluzzo pescato. Le aragoste, in contrasto, hanno dimostrato un aumento che, pur se non importante come quello mostrato dai gamberi, è comunque rilevante.

Le specie pelagiche più piccole sono un altro gruppo che ha mostrato alta variabilità negli sbarchi. L’aringa, ancora importante, aveva raggiunto 1 milione di tonnellate nel 1968-69 per l’attività delle flotte straniere (primariamente imbarcazioni dei Paesi dell’Est europeo), che avevano come obiettivo le riserve del Georges Bank. Tuttavia una decade più tardi gli sbarchi rilevati sono calati a 252.949 tonnellate, in conseguenza al calo delle riserve e alla diminuzione della domanda di mercato (anche per la concorrenza delle aringhe del Mare del Nord, tra l’altro con un minore contenuto di olio). Dall’adozione della "Giurisdizione sull’estensione del diritto di pesca" (Efj) le catture di sgombro atlantico sono state influenzate dall’esclusione delle "Nazioni con diritto di pesca in acque lontane" (Dwfn) dalle acque territoriali del Canada e degli USA. Sbarchi elevati (420.500 tonnellate) si sono verificati nel 1973 mentre le catture nel 1990 sono variate da 65.467 tonnellate nel 1990 a 27.685 tonnellate nel 1994. Anche lo sperlano (fam. Osmeridae), ha dimostrato un andamento simile in conseguenza della pesca da parte delle Dwfn: nel 1972 sono stati sbarcati 272.400 tonnellate, in raffronto alle 2.242 tonnellate nel 1994.

Mentre importanti risorse pelagiche e bentoniche sono in calo, le catture dei molluschi hanno registrato un notevole incremento legato allo sfruttamento di nuovi stock per le esigenze del mercato interno e per l’esportazione. Mentre la cappa artica (Arctica islandica) è sempre stata raccolta in piccole quantità anteriormente al 1976 (gli sbarchi rilevati non superavano le 4.700 tonnellate), dopo il 1976 le catture sono aumentate in modo contino fino a raggiungere nel 1985 le 195.793 t e sono rimaste al di sopra delle 169.732 t negli anni seguenti. La cappa americana (Spisula solidissima) e la cappasanta atlantica o pettine americano (Pecten maximus) sono gli altri molluschi eduli importanti di questo gruppo.

Prima dell’introduzione nel 1977 della "Giurisdizione sull’estensione del diritto di pesca" (Efj) le catture da parte delle "flotte con diritto di pesca in acque lontane" (Dwfn) costituivano circa la metà del totale delle catture dell’Atlantico Nord occidentale. La maggioranza delle catture in alcune delle zone di pesca dell’Atlantico Nord-occidentale erano dovute a flotte Dwfn, infatti negli anni ‘70 le catture canadesi di merluzzo costituivano solo il 26% del totale. Lo sviluppo di questa industria ittica Dwfn nell’Atlantico del Nord-ovest occupa un ruolo centrale nella storia dell’Europa fin dal XV secolo, al punto che i quantitativi di catture da parte di imbarcazioni Dwfn nel 1973 arrivarono a 2.453.093 di tonnellate. Solamente negli ultimi anni con lo sviluppo della Efj si è ridimensionata la centenaria modalità di pesca Dwfn. Negli anni 80 le flotte Dwfn (rappresentate da tutte le nazioni eccetto Canada, Groenlandia, St. Pierre e Miquelon e gli USA) rappresentavano una parte delle catture totali, che arrivava solamente al 12%.

Negli anni ‘90 il declino della pesca delle specie bentoniche ha interessato maggiormente la quota catturata dalle flotte Dwfn, fino ad arrivare a solo il 6,8% nel 1994 (di questa quota il 39,9% è dovuta alla Spagna, il 22,2% al Portogallo, il 9,1% a Cuba, e il 7,8 % alla Norvegia e altre 10 nazioni che detengono il rimanente). Delle specie catturate il 43,2% sono specie varie di Pleuronettidi (di cui l’halibut groenlandese è il più importante), il 15,4% sono gamberi (principalmente Pandulus borealis catturato nello stretto di Davis), il 14,0% vari gadoidi, il 14,0% il gen. Sebastes (entrambi pescati sul Flemish Cap e sul "naso e coda" del Grand Bank), oltre un 8,9% di squali da pesca sportiva.

A seguito dell’esclusione delle flotte Dwfn alcuni stock hanno mostrato segni di ripresa. Tuttavia come il profilo storico degli sbarchi dimostra, questi recuperi sono stati temporanei. Il programma della nazionalizzazione delle zone di pesca intrapreso sia dagli USA che dal Canada ha comportato un rapido incremento dei livelli di pesca nazionale. La parte canadese delle catture totali del gruppo Isscaap 32 (merluzzi, naselli, eglefini) è salita dal 26% negli anni ‘70 al 64% negli anni 80.

Malgrado la dominanza delle catture canadesi e statunitensi nell’Atlantico del Nord-Ovest, le catture da parte della Groenlandia e di St. Pierre e Miquelon continuano a essere cospicue. La pesca del merluzzo da parte della Groenlandia avviene al margine della Zona 21 ed è legata alle fluttuazioni climatiche. Il raffreddamento delle acque infatti dà luogo a un calo delle catture mentre il riscaldamento determina un andamento contrario. Questo fenomeno era conosciuto fin dai tempi della colonizzazione della Groenlandia da parte dei Vichinghi. Le catture da parte della Groenlandia sono quintuplicate tra il 1950 e il 1990 (da 27.000 a 133.000 tonnellate). Durante questo periodo la tipologia di pescato si è modificata: da inizialmente quasi completamente legata al merluzzo, si è passati a un dimezzamento delle quota di pescato di merluzzo, che si venivano a parificare quasi con quelle di gamberi. Infatti mentre le catture di gamberi sono continuate ad aumentare raggiungendo nel 1994 le 5.908 tonnellate, le catture di merluzzo subivano un calo del 6,7%, portandosi a sole 3.971 tonnellate nel 1990. Di interesse internazionale è stato anche il declino delle catture di salmone da 1.433 tonnellate/anno nel 1970 a 23 tonnellate nel 1994. Questo declino negli sbarchi di salmone, specie anadroma molto minacciata, conferma l’importanza di accordi volti a ridurre le catture nei paesi in cui si riproduce.

La pesca da parte di St. Pierre e Miquelon è prevalentemente dovuta ai diritti acquisiti dal Canada per la pesca del merluzzo all’interno del Golfo di San Lorenzo. Queste zone di pesca sono diventate acque territoriali quando il Canada ha posto una linea di chiusura fra Terranova e la Nuova Scozia. Un successivo pronunciamento della Corte Internazionale di Giustizia ha ulteriormente ristretto le acque territoriali di queste isole francesi a una regione costiera rappresentata da una striscia larga 200 miglia che si estende verso sud e che è racchiusa da ambo le parti dalle acque territoriali canadesi. La fortissima riduzione delle catture da parte di St. Pierre e Miquelon è il risultato del generale declino delle riserve nell’area, anche legato alla perdita di privilegi di pesca, (anche se dati 1990 e 1991 riportano sbarchi rispettivamente per 19.138 e 19.164 tonnellate). Con il 1993 le catture hanno raggiunto livelli di 155 tonnellate con un lieve recupero a 272 tonnellate nel 1994, cifre veramente ridotte rispetto ai valori storici. Il sebasto, precedentemente considerata specie minore è diventata attualmente la specie prevalente. In aggiunta alla pesca delle specie sopradescritte, non si può ignorare in questa zona la caccia alla foca iniziata fin dal 1700 e che ha rappresentato una voce importante nell’economia ittica e nella storia sociale del Canada orientale, in particolare delle regioni più povere della Terranova. La maggiore attività di caccia alla foca si svolgeva però utilizzando metodiche molto contestate come l’arpione allo svezzamento, in quando i cuccioli di foca venivano cacciati più per i loro mantelli bianchi che per le loro carni. Un divieto di utilizzo di prodotti a base di foca nella CEE, seguita da efficaci proteste da parte di movimenti naturalisti e protezionisti, ha determinato il tracollo del mercato della pelliccia di foca, oltre alla decisione del governo canadese di vietare la caccia ai cuccioli di foca. Per un aggiornamento dei dati di pescato nella Zona 21 all’anno 2000 (in tonnellate) secondo fonti ufficiali FAO, si invia alla Tabella 2.

Convenzioni internazionali che riguardano la Zona

Fanno capo alla Zona FAO 21 la Convenzione NAFO (specifica) e la Convenzione ICCAT (comune a più zone).

L’Area della convenzione Nafo Organizzazione Ittica dell’Atlantico del Nord Ovest (vedi cartina 4)

La "Organizzazione Ittica dell’Atlantico del Nord Ovest" (Nafo) è subentrata nel 1979 alla "Commissione Ittica Internazionale dell’Atlantico del Nord Ovest" (Icnaf) a propria volta istituita nel 1949.

L’obiettivo della Nafo (che nel Settembre 1999 contava 18 membri) è quello di contribuire, tramite cooperazione e consultazione tra le parti, all’utilizzazione e gestione ottimale delle risorse ittiche e alla loro conservazione all’interno dell’Area della Convenzione ed escludendo i prodotti d’acquacoltura.

In particolare il Consiglio Scientifico della Nafo si occupa del continuo aggiornamento dei dati statistici relativi al pescato, della loro elaborazione e pubblicazione e del monitoraggio delle risorse ittiche tenendo conto dei possibili fattori perturbanti d’ordine ambientale ed ecologico. La Nafo raggruppa i dati statistici utilizzando due modelli (lo Statlant 21A e lo Statlant 21B).

I dati dello Statlant 21A rappresentano i valori di cattura nominali (equivalente in peso vivo espresso in tonnellate metriche del pescato allo sbarco) riferiti a pesci, crostacei, molluschi e piante acquatiche ripartiti per specie, area totale, subarea, divisione e subdivisione e sono utilizzati prevalentemente per inferenze statistiche sulla biomassa ittica ed altre valutazioni scientifiche.

I dati dello Statlant 21B rappresentano i valori di cattura nominali mensili per Divisione, tipo di attrezzatura di pesca e tonnellaggio del peschereccio.

Lista dei paesi appartenenti alla Nafo

Bulgaria, Canada, Cuba, Danimarca (in relazione alle Isole Faroe e Groenlandia), Estonia, Unione Europea, Francia (in relazione a St. Pierre e Miquelon), Islanda, Giappone, Repubblica di Corea, Lettonia e Lituania, Norvegia, Polonia, Romania, Federazione Russa, Ucraina, USA.

Sub-aree, divisioni e sub-divisioni scientifiche e statistiche della Convenzione Nafo

L’area della Convenzione è stata divisa in sub-aree, divisioni e sub-divisioni scientifiche e statistiche (vedi schema), i confini dei quali sono definiti nell’allegato 3 della testo base della Convenzione.

Zona FAO n° 27

Caratteristiche produttive della Zona FAO 27 (Circolare di pesca FAO n° 920FIRM/C 920 — vedi cartina 6)

Introduzione

Il Nord Est dell’Atlantico presenta un’ampia fascia subpolare che gioca un ruolo centrale nella distribuzione e nell’ecologia delle riserve di pesce della Zona 21. La presenza di questa fascia subpolare è stata evidenziata da un fenomeno noto come "anomalia di salinità", secondo cui un gran volume di acqua fredda a bassa salinità si sarebbe mischiata in questa fascia dal 1968 al 1981. Le riserve di pesce hanno però di conseguenza registrato una diminuzione del tasso di rimonta dovuta probabilmente a una ridotta disponibilità nutrizionale, oltre al fatto che le temperature più fredde della "anomalia" rallentano le fioriture planctoniche. Altre peculiarità oceanografiche della zona dell’Atlantico del Nord-Est sono la vasta piattaforma al largo dell’Europa del Nord, il Mar Baltico, e le correnti di "upwelling" al largo delle coste del Portogallo e della Spagna.

La maggior parte delle riserve di pesca tradizionali dell’Atlantico del Nord-Est sono oramai sovrasfruttate con conseguente loro depauperamento fino in alcuni casi al totale esaurimento. Vasta eco ha infatti suscitato il tracollo delle riserve di aringhe del Mare del Nord negli ultimi 20 anni, con conseguente intenzione da parte dei Paesi contraenti di ridurre del 50% le catture di questo pesce. Provvedimenti di riduzioni delle catture fino al 40% sono state programmate anche per altre riserve. Una delle cause principali di questa congiuntura sfavorevole all’interno delle acque europee è da attribuire anche all’incapacità dell’Unione Europea di controllare la sua flotta peschereccia nell’ambito di una politica comune di pesca. La Commissione dell’Unione Europea ha comunque stabilito tagli fino al 40% della consistenza di alcuni flottiglie pescherecce nell’ambito di un Programma in vigore dal 1997 al 2002.

Profili di cattura (vedi Tabella 5 — Catture per Paese produttore nella Zona 27)

La pesca nell’Atlantico del Nord-Est ha avuto un’espansione nell’ultima parte del XIX secolo e nella prima parte del XX secolo grazie alla meccanizzazione e tecnologia di pesca raggiunta, con solo un breve periodo di relativa inattività durante la prima e la seconda guerra mondiale. Questa espansione è continuata fino agli anni 1950-60, raggiungendo il suo apice a metà degli anni ‘70 (con circa 13 milioni di tonnellate di pescato); le catture sono poi declinate a una media approssimativa di 10 milioni di tonnellate durante l’ultima parte degli anni ‘80 e la prima parte degli anni ‘90. L’andamento delle catture totali non mostra che durante questo periodo (1950 fino al 1994) la parte delle catture totali dovuta a specie tradizionali o di valore storico come il merluzzo del Nord Atlantico, l’aringa e l’eglefino è declinata, mentre le catture di molte specie precedentemente poco valutate come cicerelli e potassoli è aumentata. Le catture del merluzzo dell’Atlantico hanno costituito la grossa fetta delle catture totali delle specie del gruppo 32 Isscaap, anche se un andamento persistente in diminuzione è stato evidente fin dalle catture record che si sono verificate alla fine degli anni 60. Il più recente sviluppo della pesca del potassolo ha mostrato massimi di cattura di questa specie fino all’ultima parte degli anni 70 dopo di che c’è stato un andamento decrescente. L’andamento totale delle catture a livello di tutto l’Atlantico di Nord-Est, di altre specie del gruppo Isscaap 32, è stato simile, con massimi nella prima parte degli anni ‘70 e poi un declino. Le catture di aringhe e sperlani in Atlantico hanno mostrato una più ampia variabilità a breve termine rispetto alle catture di molte altre specie, inclusi altri pelagici. Questo è in parte dovuto alla presenza di poche riserve. Per esempio il forte declino delle catture dell’aringa in Atlantico intorno al 1967-68 è dovuta al tracollo delle riserve di pesca delle aringhe durante il periodo primaverile in Norvegia, mentre il basso livello di catture dal 1974 al 1984 è stato dovuto a un declino delle riserve di aringhe nel Mare del Nord (che è stato chiuso per 4 anni dal 1977). In modo simile il declino nelle pesca dello sperlano nella metà degli anni ‘80 fu conseguente al decadimento delle riserve di pesca di questa specie nel Mare di Barents, che rimase chiuso dal 1986 al 1991.

La pesca con reti a maglie ridotte del cicerello (gruppo Isscaap 33) ha avuto una forte espansione fin dalla fine degli anni ‘60 ma non c’è stato un andamento persistente nelle catture fin dalla metà degli anni ‘80. Le altre specie del gruppo Isscaap 33, che registrano significative catture, sono i Sebasti (con varietà di profondità e stock oceanici di Sebastes mentella e S. marinus). Le catture di gamberi e gamberetti (gruppo Isscaap 45) sono aumentate fin dai primi anni ‘80, aumento legato principalmente a catture di gamberi Plesionika spp. Le catture di altre specie del gruppo Isscaap 45 sono però diminuite lentamente dalla metà degli anni 50 in avanti. Per un aggiornamento dei dati di pescato nella Zona 27 all’anno 2000 (in tonnellate) secondo fonti ufficiali Fao, si invia alla Tabella 2.

Convenzioni internazionali che riguardano la Zona

Fanno capo alla Zona FAO 27 le convenzioni: Nasco, Neafc, Nammco, Ibsfc, Ices (specifiche) e Iccat (comune a più zone).

L’Area della Convenzione Nasco — Organizzazione per la Conservazione del Salmone del Nord Atlantico (vedi cartina 5)

Si tratta di un’organizzazione che stabilisce misure di gestione della pesca del salmone avvalendosi della consulenza scientifica dell’Ices. L’Organizzazione per la Conservazione del Salmone del Nord Atlantico (Nasco) è stata fondata nel 1984 nell’ambito della Convenzione per la Conservazione del Salmone del Nord Atlantico. L’obiettivo della Nasco è di contribuire, per via consultiva e cooperativa, alla conservazione, al ripopolamento ed alla gestione razionale delle riserve di salmone tenendo conto delle conoscenze scientifiche più aggiornate.

Si compone di tre Commissioni territoriali il cui compito è proporre misure regolamentari di cattura del salmone, attraverso l’implementazione di normative specifiche da parte degli Stati membri; in particolare propone quote di cattura per il salmone originato da fiumi di altri Stati membri dell’Organizzazione:

1) Commissione del Nord America (Canada e USA);

2) Commissione della Groenlandia Occidentale (Canada, Danimarca per le Isole Faroe e per la Groenlandia, Unione Europea, USA);

3) Commissione dell’Atlantico Nord Orientale (Danimarca per le Isole Faroe e per la Groenlandia, Unione Europea, Islanda, Norvegia, Federazione Russa).

La Nasco collabora con altre organizzazioni internazionali al fine di comprendere i fattori che influenzano la mortalità degli stock di salmone selvatico: Npafc (Commissione Pesca Anadroma del Pacifico del Nord) e Ibsfc (Commissione internazionale di pesca del Mar Baltico). Inoltre si occupa della conservazione degli habitat fluviali dove avviene la riproduzione e di minimizzare l’impatto dell’acquacoltura (genetica, patologie) sugli stock di salmone selvatico.

Convenzione ICES (vedi cartina 9)

L’Ices è una organizzazione intergovernativa che conta 19 Stati Membri, fra i quali: Belgio, Estonia, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Lettonia, Irlanda, Olanda, Norvegia, Portogallo, Polonia, Russia, Spagna, Svezia, Regno Unito e USA. Ognuno dei stati membri elegge 2 delegati che rappresentano il loro paese presso il consiglio dell’Ices. Il Consiglio dell’Ices è l’Autorità principale dell’Ices in fatto di politica e di decisioni. Esiste poi un numero di Stati che hanno lo status di osservatori presso l’Ices e questi sono: Australia, Grecia, Nuova Zelanda, Cile, Perù e Sudafrica.

L’Ices dà parere sulle condizioni del pesce e dei molluschi nell’Oceano del Nord Atlantico sulla base del rapporto Acfm. L’Acfm è una sigla che sta per Comitato per il parere sulla gestione della pesca. Questo Comitato conta rappresentanti da ognuno dei 19 Paesi membri e si riunisce ogni anno in estate e in autunno. Il parere dell’Ices riguarda più di 135 stock suddivisi fra pesce e molluschi. Il parere per ognuna di queste riserve generalmente comprende:

• una stima degli andamenti storici degli sbarchi della biomassa, della riserva in riproduzione, oltre la rimonta e il tasso mortalità del pesce;

• una descrizione dello stato della riserva in relazione ai livelli storici;

• lo sviluppo a medio termine probabile della riserva utilizzando diversi tassi di mortalità ittica;

• una previsione a breve termine della biomassa riproduttiva e delle catture.

Chi utilizza il parere. L’Ices è l’organo ufficiale scientifico per fornire il parere alla:

• Commissione di pesca dell’Atlantico di nord est (Neafc);

• Commissione di pesca internazionale del Mar Baltico (Ibsfc);

• Organizzazione per la conservazione del salmone nell’Atlantico del nord (Nasco);

• Unione europea (Ce).

Le informazioni che sono alla base del parere dell’Ices vengono raccolte da scienziati marini in rappresentanza dei vari Stati Membri. La raccolta dei dati avviene mediante campionamenti agli sbarchi del pesce a livello dei mercati ittici, sui quantitativi di pesce scartata dai pescherecci, oltre a perseguire l’obiettivo anche mediante indagini condotte mediante battelli di ricerca appositamente predisposti. I dati sono utilizzati dai gruppi di lavoro Ices per valutare in particolare la condizione delle riserve ittiche di molluschi. L’Ices ha più di 100 gruppi di lavoro e studio che coprono la maggior parte degli aspetti dell’ecosistema marino. Riportiamo a puro titolo esemplificativo alcuni gruppi di lavoro:

• gruppo di lavoro sulla pesca artica;

• gruppo di lavoro sulla valutazione della pesca nel Mar Baltico;

• gruppo di lavoro sulla valutazione delle zone di pesca internazionali nel Mar Baltico;

• gruppo di lavoro sull’ecologia bentonica;

• gruppo di lavoro sulla scienza acustica della pesca e della tecnologia;

• gruppo di lavoro sulla tecnologia della pesca e sul comportamento del pesce;

• gruppo di lavoro sul comportamento dell’aringa, ecc…

Va detto comunque che in vari casi questi gruppi costituiscono solo una identità virtuale: in quanto mai stati attivati o non operativi oppure sospesi.

Convenzione Ibsfc (Zona FAO 27.IIId) — Commissione di pesca internazionale del Mar Baltico (vedi cartina 2)

La Commissione di pesca internazionale del Mar Baltico (Ibsfc) è stata concepita per fornire informazioni sulla vita marina produttiva nel Mar Baltico e su come gestirla. La Convenzione Ibsfc è stata firmata a Danzica il 13 settembre 1973 ed è entrata in vigore il 26 Luglio 1974. La Convenzione si occupa di tutte le specie ittiche e di tutti gli organismi viventi marini presenti nel Mar Baltico. Con la firma di questa Convenzione le parti contraenti si sono impegnate a orientare gli studi e a cooperare congiuntamente con l’intento di preservare e incrementare le risorse viventi nel Mar Baltico e nei "Belts" al fine di ottenere una resa ottimale. L’Ibsfc conta 6 parti contraenti che sono: Estonia, Lituania, Comunità europea, Lettonia, Polonia e la Federazione Russa. Gli obiettivi dell’Ibsfc sono quindi quelli di:

• promuovere una stretta collaborazione tra i propri membri con lo scopo di preservare ed incrementare le risorse viventi nel Mar Baltico e nei "Belts";

• raccogliere, aggregare, analizzare e distribuire dati statistici relativi a queste risorse.

Sono state adottate diverse misure che riguardano le apparecchiature, i metodi di pesca, la taglia del pescato, i limiti geografici e stagionali delle zone di pesca, ecc… Il principale strumento di controllo comunque adottato dall’Ibsfc è stato l’imposizione di limiti annuali di cattura per le quattro principali specie commerciali sfruttate nell’area: merluzzo, salmone, aringa e papalina.

Convenzione NEAFC —Commissione di pesca dell’Atlantico nord-est

(vedi cartine 7a e 7b)

La Commissione di pesca dell’Atlantico del Nord-est è stata creata nella sua forma attuale il 18/11/1980 a Londra, da parte della Convenzione sulla Cooperazione futura multilaterale per la pesca nell’Atlantico del Nord-est, ed è entrata in vigore il 17/03/1982. Il nuovo accordo del 1980 è stato raggiunto a seguito dell’estensione generale dei limiti di pesca alle 200 miglia nautiche e dopo che sette Paesi della CEE si erano ritirati dalla precedente Convenzione del 1959. Membri della Neafc sono: Danimarca (per le isole Faroe e la Groenlandia), l’Unione Europea, l’Islanda, la Norvegia, la Polonia e la Russia. La commissione ha giurisdizione sull’Atlantico del Nord Est, compresi i mari dipendenti, ma con l’esclusione del Mar Baltico, dei "Belts" marini, del Mar Mediterraneo e dei mari annessi. In pratica questa zona corrisponde con l’Area Statistica FAO 27. La mappa della Convenzione, riportata nella cartina 7a, mostra tre principali aree di pesca: da ovest a nord-est, prima l’area delle Azzorre o Reychjanes con zone di pesca per scorfani, sebasti e melù (potassoli), poi il Mare di Norvegia con le zone di pesca per sgomberidi, aringhe e potassoli e infine il Mare di Balins. In tutte e 3 le aree ci sono zone profonde con risorse che non sono regolamentate dalla Neafc (cartina 7b). Il Neafc gestisce anche il monitoraggio dei pescherecci, al fine di acquisire informazioni sull’attività delle imbarcazioni nell’area di regolamentazione, per poi trasferirle ai servizi ispettivi delle parti contraenti. La Neafc si occupa quindi di tutte le risorse viventi marine dell’Atlantico del Nord Est, con l’eccezione dei mammiferi marini, delle specie stanziali e, nella misura in cui altre convenzioni se ne occupano, delle specie altamente migratorie e delle specie anadrome. Da rilevare che la Neafc non ha un proprio comitato scientifico poiché i pareri scientifici vengono forniti dall’Ices. La Commissione quindi nell’esercizio delle sue funzioni (in base all’art. 5 e 6 della Convenzione) può stabilire misure atte a regolamentare:

1) i materiali e le attrezzature utilizzate per la pesca, compresa le dimensioni della maglia delle reti di pesca;

2) i limiti di misura del pesce che possono essere sbarcati o esposti in vendita;

3) l’eventuale chiusura dell’attività per alcuni stagioni o per alcune aree;

4) le risorse di pesca che può anche comprendere la propagazione artificiale e il trapianto o trasferimento di organismi e degli avannotti;

5) l’entità delle catture totali ammesse (TAC) e loro allocazione fra le parti contraenti;

6) l’ammontare dello sforzo di pesca e la sua distribuzione fra le parti contraenti.

Convenzione Nammco — Commissione Mammiferi Marini del Nord Atlantico (vedi cartina 2)

La Nammco (Commissione Mammiferi Marini del Nord Atlantico) è un’organizzazione internazionale con lo scopo di cooperare sulla conservazione, la gestione e lo studio dei mammiferi marini nel Nord Atlantico. L’accordo Nammco, firmato a Nuuk in Groenlandia il 09-04-92 tra Norvegia, Islanda, Groenlandia e le Isole Faroe, mira ad un moderno approccio dello studio dell’ecosistema marino nel suo insieme e ad una migliore comprensione del ruolo dei mammiferi marini in questo sistema. La Nammco offre un sistema di collaborazione sulla conservazione e la gestione di tutte le specie di cetacei (balene e delfini) e pinnipedi (foche e trichechi) nella regione, molte specie delle quali non sono mai state comprese in simili accordi. La Nammco facilita lo scambio d’informazioni tra i paesi membri su altri aspetti relativi alla conservazione ed alla gestione dei mammiferi marini, come i metodi di pesca e le questioni ambientali. La Nammco ha implementato uno "Schema congiunto di monitoraggio per la pesca dei mammiferi marini" che comprende un controllo internazionale delle attività di caccia alla foca e alla balena nei paesi membri. Nell’accordo Nammco è prevista la collaborazione con l’Ices.

Dr. Alfredo Mengoli

Veterinario Ufficiale AUSL Bologna Sud — Area IPCAOA

Specialista in allevamento, igiene, patologia delle specie acquatiche

e controllo dei prodotti derivati

Dr. Giorgio Orlandi

Veterinario Ufficiale AUSL Modena

Area IPCAOA — Specialista in Sanità Pubblica Veterinaria



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