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La Mariola: un salume tipico della bassa parmense

di Malaguti L.

La mariola, oggi molto difficile da trovare, nasce dalla tradizione salumiera cremonese. Abbiamo la mariola da cottura, molto simile al cotechino, con cui condivide le materie prime, e quella stagionata, paragonabile a un grosso salame.

Per quanto riguarda la prima, le sue carni sono molto più leggere e digeribili rispetto a quelle del cotechino: anche se mantengono una giusta percentuale di cotenna, che viene finemente macinata, sono accuratamente sgrassate durante la preparazione, fino a farle assomigliare al salame cotto (ma meno asciutta).

La mariola stagionata richiede una preparazione molto più lunga ed elaborata: questo grosso salame, un tempo ricercatissimo dai signori e più diffuso nel Piacentino e nel Parmense, è costituito da una miscela di carni magre macinate e da una piccola quantità di tenera cotenna finemente conciata, inserite assieme in un budello di maiale di dimensioni piuttosto importanti, molto più grandi di quelle del cotechino.

Il particolare budello impiegato per l’insaccato ha una forma bitorzoluta e irregolare: le sue pareti sono doppie e, tra di loro, si interpone uno spesso strato di grasso, che isola il composto in esso contenuto, mantenendolo fresco per diversi mesi e facendogli assumere un particolare profumo.

Per insaccare la Mariola si usa un particolare budello del maiale, dalla grande sezione e dalla forma irregolare e un po’ bitorzoluta, le cui pareti sono doppie e fra loro c’e’ un interposizione di uno strato di grasso.

Il nome mariola deriva dal budello nel quale viene insaccata, dato che la “mariola” è una “tasca interna nascosta” (dizionario etimologico italiano Battisti-Alessio, 1952).

In effetti, nell’anatomia animale, l’intestino cieco può essere definito una “tasca”, in quanto privo di un’uscita, ed è proprio in una parte di budello dell’intestino cieco del maiale che si insacca il composto di carni — preferibilmente dello stinco e della spalla — e la morbida cotenna tritata che vanno poi a costituire la mariola.

L’area di produzione di questo salume, ormai molto raro, abbraccia oggi solo i comuni rivieraschi del Po come Polesine Parmense, Soragna, Roccabianca, Busseto, Colorno e Sissa.

La sua stagionatura, infatti, è piuttosto difficoltosa senza additivi chimici ed è facile che, data la sezione particolarmente grande dell’insaccato, ed il suo budello molto spesso, il risultato finale venga compromesso.

In molti, per non correre rischi, utilizzano il particolare budello pensato per la mariola da stagionare per insaccare cotechini molto grandi, in modo da essere certi del risultato finale.

Più diffusa nella provincia di Cremona, in passato destinata anche alle tasche dei meno abbienti, la mariola da consumarsi previa cottura è ottima servita calda, ma ugualmente buona fredda; si presenta a fette larghe, di un colore rosa intenso e solitamente viene accompagnata da purè di patate oppure gustosamente accostata alla mostarda di frutta, altro prodotto tipico della Bassa Parmense.

Alla mariola cotta vengono spesso aggiunte spezie, come cannella, noce moscata e macis.

Tradizionalmente quella cruda si consuma, come il culatello, durante le festività natalizie; la sua pezzatura è piuttosto abbondante (può arrivare a un peso di circa 2,5 kg), è decisamente più grande e pesante del salame e ha la forma di un palla un po’ schiacciata.

Il suo impasto, spesso fatto con le carni avanzate dopo la produzione dei salumi più importanti, è più fine del salame piacentino ed è aromatizzato diversamente, spesso con aglio, pepe e un po’ di vino bianco.

In tavola si presenta a fette molto grandi, che vengono solitamente tagliate di sbieco.

Al naso è muschiata con una piacevole nota di funghi, mentre al gusto è sapida e un po’ astringente. Ben si accompagna a vini frizzanti del territorio, sia bianchi che rossi, come l’Ortrugo e la Malvasia.

Luisa Malaguti



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