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Razze

Cinta senese, rinascita di una razza

di Rosito M.

La sua sagoma campeggia in uno splendido affresco trecentesco di Ambrogio Lorenzetti che celebra l’agricoltura, ammirabile nel Palazzo civico di Siena. È proprio lei, la Cinta Senese, il suino più diffuso nella campagna toscana dell’epoca, con il suo mantello nero ardesia e la caratteristica fascia biancastra che contrassegna questa razza. Testimonianza unica della suinicoltura del Medioevo senese.

Oggi la Cinta Senese esce dall’anonimato in cui era precipitata e diventa protagonista di un progetto di recupero molto articolato che la riscatterà dall’estinzione a cui era inesorabilmente condannata.

Un progetto portato avanti da allevatori di buona volontà e amministratori locali lungimiranti, che ha consentito di ricreare una banca dati genetica, con nuclei di sezione sparsi per tutta la Toscana. Un’operazione di recupero culminata nella nascita del Consorzio di tutela e nell’istituzione del Registro anagrafico.

Il 3 dicembre scorso — una data fondamentale nella storia di questa razza e della sua rinascita — sono stati macellati i primi capi suini di Cinta Senese destinati alla produzione di carni Dop “Suino Cinto toscano”, la denominazione riservata, per l’appunto, alle carni ottenuti da animali di razza pura allevati in Toscana secondo l’apposito disciplinare. Proprio con il decreto ministeriale 29 settembre 2006, infatti, la Cinta Senese ha cambiato nome ed è diventata “Suino Cinto toscano Dop”, ottenendo la protezione in via transitoria a livello nazionale.

Il mantello nero ardesia e una fascia biancastra caratterizzano questa razza suina.

Le caratteristiche di questa formidabile razza suina, che ha sfidato perlomeno sette secoli di storia, sono state presentate nel corso di una conferenza stampa svoltasi nella Sala Cavour del Mipaaf, alla quale hanno partecipato il sottosegretario alle Politiche agricole, Stefano Boco, e il direttore generale della Qualità dei prodotti agroalimentari del Ministero, Laura La Torre. Erano presenti inoltre, il presidente del Consorzio di tutela Suino Cinto toscano Dop, Andrea Pannocchieschi d’Elci, e Francesco Ciani, dell’Istituto Nord Est Qualità.

«Quando si vince una battaglia, come questa per il recupero della Cinta Senese, lo si fa nell’interesse collettivo, non soltanto per difendere un sapore» ha sottolineato Stefano Boco, che ha ulteriormente precisato che la procedura di controllo prevista per la Dop «garantirà sulla corrispondenza della razza e delle tecniche di allevamento, nonché della rintracciabilità dei processi di produzione».

La valutazione organolettica dei salumi, introdotta dal Consorzio di tutela del “Suino Cinto toscano Dop”, ha ancora spiegato Boco «rappresenta per il consumatore un’ulteriore garanzia della qualità dei prodotti ottenuti dagli animali di Cinta Senese». «Non abbiamo petrolio da scavare — ha chiosato, infine, Boco — ma possiamo contare su questi bacini di produzione che dobbiamo difendere con orgoglio».

I numeri della Cinta Senese sono stati, invece, presentati da Francesco Ciani che ha parlato al momento attuale di 36 allevamenti che entrano nel sistema sparsi in tutta la Regione, con 2.900 suini all’ingrasso. Il sistema conta, inoltre, su 53 verri, 500 scrofe e oltre 650 suinetti. Completano il quadro i cinque stabilimenti di macellazione e i due laboratori di sezionamento: in tutto sono sette i soggetti autorizzati all’uso della denominazione.

Laura La Torre ha, infine, fatto riferimento alle difficoltà che si sono incontrate nel percorso verso la registrazione della denominazione d’origine, sottolineando ancora lo stretto collegamento di un prodotto legato al suo territorio. Ha annunciato, poi, di avere una buona notizia per gli operatori interessati alla Cinta Senese: «ci stiamo muovendo nella direzione di riconoscere il Consorzio anche quando il prodotto è ancora in protezione transitoria».

Se il prodotto è in protezione transitoria, infatti, il riconoscimento di tutela è fondamentale perché contribuisce ad evitare rischi di usurpazione del marchio.

Maria Rosito

(Fonte: Newsletter di Aiol)



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