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Comunicare la carne

La comunicazione delle pratiche di sostenibilità nella filiera della carne e dei salumi

di Redazione


Contesto e obiettivi della ricerca

La sostenibilità della filiera delle carni e dei salumi è al centro dell’attenzione dei consumatori e dei policy-maker, come testimoniato dall’impegno delle politiche europee legate al Green Deal e alla strategia Farm to Fork, così come nell’ambito delle crescenti preoccupazioni riguardanti il benessere dell’uomo e degli animali. Per quanto l’analisi e la mappatura delle pratiche legate alla sostenibilità sia un tema di rilevanza ampiamente riconosciuto nella letteratura scientifica in modo trasversale nei differenti settori, quello della carne e dei salumi è stato oggetto di particolare attenzione da parte dei media generalisti e di determinati filoni di ricerca, soprattutto rispetto l’annosa questione della determinazione del reale impatto ambientale delle produzioni.
La filiera delle carni e dei salumi, pertanto, si è ritrovata oggetto di attenzione e pressione crescente, ad ogni livello produttivo: allevamento agricolo, macellazione e trasformazione dei capi, così come a livello della distribuzione e del consumo.
In assenza di una mappatura sistematica e ampia della filiera, almeno per il contesto italiano, che miri a ricostruire le pratiche di rendicontazione delle performance di sostenibilità, questo studio ha avuto il principale scopo di mappare le dimensioni della comunicazione e rendicontazione del settore a livello della trasformazione.
Per questo studio preliminare il team di ricerca è composto da ricercatori e consulenti afferenti all’Università Cattolica del Sacro Cuore, con competenze diversificate e complementari nelle discipline agrarie e zootecniche, economiche e giuridiche.

Campione e metodologia
Il campione d’indagine è stato selezionato all’interno delle aziende italiane che operano nella lavorazione e conservazione di carne e produzione di prodotti a base di carne (Codice NACE C.10.1). Tra le 3.757 imprese attive censite dalla banca dati Aida (Bureau van Dijk), sono state selezionate le 46 che superano due delle tre soglie dimensionali di riferimento per l’obbligo di redazione di una dichiarazione non finanziaria in base alla normativa attualmente vigente (Direttiva 2014/95/UE e DLgs 254/2016) e che saranno appunto ridotte a due con la prevista approvazione della Corporate Sustainability Reporting Directive. Le pratiche di sostenibilità adottate da tali imprese sono poi state analizzate e valutate attraverso una metodologia articolata in due step (Figura 1):
una sezione generale valuta la presenza di strumenti di comunicazione e rendicontazione della sostenibilità (sito web e bilancio/report di sostenibilità), il relativo livello di evoluzione e la divulgazione, al loro interno, di eventuali obiettivi di miglioramento delle performance socio-ambientali;
la sezione tematica analizza le pratiche adottate per affrontare le tematiche della sostenibilità ambientale, sociale e di governance più rilevanti per il settore, individuate sulla base di un’analisi della letteratura scientifica, dei principali standard internazionali di rendicontazione ESG e dei bilanci di sostenibilità pubblicati dalle imprese analizzate.
Ad ogni pratica è stato assegnato un punteggio compreso tra 1 e 2 a seconda del grado di evoluzione dell’approccio manageriale che esse denotano. Sulla base del punteggio ottenuto, le imprese nel campione sono state collocate lungo la scala di integrazione della CSR nelle strategie aziendali proposta da Mario Molteni (2007).

Principali risultati
Dall’analisi (Figura 2) emergono approcci differenziati alla sostenibilità all’interno del campione, permettendo di individuare gruppi di imprese particolarmente impegnate in determinate aree. I temi relativi alla filiera (87,2%) e ai prodotti e consumatori (80,9%) prevalgono decisamente sui restanti, a indicazione di una comunicazione incentrata prioritariamente sulla dimensione produttiva e di una visione della sostenibilità fortemente ancorata ai prodotti e ai processi e all’identità territoriale.
Risultano meno presidiate, invece, l’area ambientale (46,8%) e la dimensione di governance (44,7%). Tale evidenza non rileva necessariamente una mancanza di attenzione a tali tematiche a livello delle pratiche aziendali, quanto una minore consapevolezza dell’opportunità di divulgare le proprie pratiche gestionali in risposta alle istante avanzate dagli stakeholder legate a queste aree (consumatori, media, ONG e istituzioni pubbliche).
Coerentemente con tali risultati, il 70% delle imprese analizzate si colloca nei primi due stadi, “informale” e “corrente”, della scala di Molteni, caratterizzati dall’attivazione di iniziative e pratiche relative a un numero ristretto di tematiche, con un approccio per lo più frammentario. Il restante 30% si ripartisce equamente tra lo stadio “sistematico”, che vede una più decisa formalizzazione e divulgazione di politiche e obiettivi di sostenibilità, e quello “innovativo”, nel quale la sostenibilità è riconosciuta esplicitamente come un’opportunità di vantaggio competitivo e una forma di differenziazione dai competitor.
Le imprese di grandi dimensioni appaiono facilitate nell’avanzamento lungo il percorso, ma la presenza significativa di PMI negli stadi più evoluti conferma che un’efficace pianificazione e rendicontazione della sostenibilità può permettere alle aziende di minori dimensioni di colmare con successo il gap di partenza. In tale contesto, la diffusione di un approccio sistematico alla sostenibilità da parte delle imprese, grazie l’acquisizione e lo sviluppo di competenze specialistiche, appare una condizione imprescindibile per determinare un “salto di qualità” nel settore; un supporto nella fase di transizione potrà essere fornito dalle politiche di investimento pubblico e privato nell’agricoltura sostenibile.


Nota
Il report completo è disponibile agli indirizzi web altis.unicatt.it e www.salumisostenibili.it



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