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La valutazione sensoriale della carne

di Gaddini A.

Grazie al progresso scientifico e tecnologico, e in risposta alla crescente richiesta di prodotti di qualità da parte dei consumatori, aumentano le tecniche a disposizione della ricerca scientifica per la valutazione qualitativa degli alimenti, passo fondamentale per conoscere e migliorare le caratteristiche dei singoli prodotti.

Queste tecniche comprendono, a fianco delle tradizionali analisi fisiche e chimiche, prove di tipo sensoriale, che possono assumere un valore scientifico paragonabile a un test di laboratorio, e che sono usate sempre più largamente a livello internazionale.

Nel caso della carne, la valutazione strumentale della qualità si avvale di una vasta gamma di metodiche, sia studiate espressamente, sia derivate da altre discipline, quali la diagnostica clinica (ad esempio la risonanza magnetica) o la scienza dei materiali (ad esempio lo sforzo di taglio) o le tecnologie optometriche utilizzate per la produzione industriale di materiali colorati (stoffe, piastrelle, ecc…).

Lo scopo è sia di valutare il prodotto pronto per il consumo, sia di predirne la qualità finale, visto che la carne, e in particolare quella di grandi animali, è il risultato di processi fisiologici e tecnologici che durano diversi giorni, come la frollatura; ovviamente la predizione della qualità iniziale e finale della carne è fondamentale anche nell’industria di trasformazione della carne.

Le metodiche strumentali tradizionali hanno il vantaggio di assicurare oggettività e rendono possibile confrontare risultati ottenuti da laboratori anche di nazioni o continenti diversi e su campioni di diversa provenienza; queste tecniche forniscono anche dei dati utilizzabili per predire il gradimento del prodotto da parte del consumatore, con una simulazione di aspetti particolari del consumo: ad esempio, la misurazione dello sforzo di compressione simula la masticazione, la misurazione delle perdite di cottura simula l’effettiva perdita di liquidi dell’alimento durante la cottura, la colorimetria cerca di prevedere l’impatto visivo del prodotto sugli scaffali del punto vendita.

Esistono due metodiche per la valutazione sensoriale, distinte a seconda delle caratteristiche di chi valuta il campione: la prima riguarda consumatori generici, la seconda interessa gruppi (in inglese "panel") di assaggiatori appositamente addestrati, con modalità sperimentali standardizzate; quest’ultimo tipo di prova viene denominato panel test.

I consumatori non addestrati

I consumatori non addestrati all’assaggio sono reperiti su base volontaria oppure su proposta di un intervistatore in situazioni adatte (ad esempio, mentre fanno la spesa in un supermercato); ad essi viene proposto l’assaggio di un campione del prodotto, chiedendo solo di dare una valutazione di gradimento (mi piace/non mi piace) o di desiderabilità (Compreresti questo prodotto? Quanto di frequente?, ecc…), oppure viene chiesto loro di esprimere un giudizio più complesso, riguardante uno o più parametri del prodotto assaggiato, usando scale di punteggio numeriche, geometriche o grafiche, quali la scala edonica facciale, consistente nello scegliere delle faccine stilizzate, sorridenti o contrariate, che possono essere utilizzate anche per valutare il gradimento di un prodotto da parte dei bambini.

L’uso più frequente di questo tipo di test è per i prodotti industriali (formaggi, succhi di frutta, prodotti da forno), ed è utile per scopi commerciali, in quanto coinvolge i destinatari finali del prodotto; i giudici non sono addestrati, e per questo risentono spesso di fattori culturali e affettivi, quali il tipo di consumi abituali, che a loro volta possono dipendere, ad esempio, dalla provenienza geografica della famiglia; in ogni caso, se il numero dei giudici è sufficientemente alto, queste differenze tendono a compensarsi e a fornire un dato più attendibile, che ha il vantaggio di essere rappresentativo delle scelte effettive del consumatore reale o potenziale.

Il panel test

Il panel test, cioè la valutazione fatta dal panel, ha un certo grado di oggettività: questa è quella più frequentemente utilizzata in lavori scientifici, e in genere viene affiancata alla valutazione strumentale.

Gli esperti vengono addestrati al loro compito, partendo da un’abilità individuale innata, e successivamente sono selezionati in base alle loro capacità, valutando soprattutto le seguenti caratteristiche:

•capacità discriminatoria, cioè di riconoscere tipi diversi di carne, provenienti, ad esempio, da diverse specie animali o categorie (vitello, manza, vitellone o bovino adulto), tipi genetici, tagli, tipi di allevamento (al pascolo o in stalla), ecc…;

•ripetibilità , cioè la capacità di dare lo stesso giudizio a campioni analoghi (ad esempio provenienti dalla stessa fetta di carne), presentati in forma anonima, o, come nel caso del triangle test, somministrando tre campioni, di cui due uguali, ed invitando a riconoscere quello diverso;

•accordo con il gruppo di assaggiatori, cioè capacità di esprimere un giudizio che concordi con quello degli altri componenti il panel, riguardo allo stesso prodotto: un assaggiatore che dia un giudizio troppo lontano da quello del resto del gruppo non è considerato attendibile.

Nel caso della carne, il panel test si usa su due tipologie diverse di carne: su quella cruda, per valutare il gradimento al momento dell’acquisto; su quella cotta, per valutare il gradimento al momento del consumo.

È da sottolineare che i parametri relativi alla carne cotta interessano i gusti di tutti i consumatori di carne in generale, mentre per i parametri sul crudo è importante soprattutto il giudizio della persona addetta agli acquisti. La valutazione più frequente è sul cotto, e riguarda in genere tenerezza, succosità, intensità dell’aroma tipico della specie, ecc…, con particolare attenzione per la tenerezza, che viene concordemente valutata da tutti i ricercatori come il fattore maggiormente limitante il gradimento della carne, evidenziando quindi che una carne dura non viene generalmente accettata, pur avendo eventualmente un ottimo sapore, odore e succosità.

I giudizi si esprimono su apposite scale e possono essere elaborati per formare un profilo sensoriale, derivante da una mappatura dei diversi odori e sapori che si possono individuare nella tipologia di carne analizzata.

Tra i parametri da valutare sulla carne cruda, il più importante è il colore, che nella carne è un fattore importantissimo di scelta da parte del consumatore al momento dell’acquisto, in quanto ritenuto indice di tenerezza o di freschezza della carne, visto anche che la carne cruda non ha un odore abbastanza intenso da costituire un fattore di preferenza.

Un altro fattore determinante nella scelta al momento dell’acquisto che si può valutare sulla carne cruda è la tessitura, che può essere più o meno fina o grossolana, dando alla superficie di taglio della carne un aspetto liscio o ruvido, e dipende dalle dimensioni delle fibre e dei fasci muscolari e, quindi, indirettamente è un indicatore della tenerezza, e varia con il tipo genetico, l’età dell’animale o con il muscolo di provenienza.

Svolgimento del panel-test

Gli assaggiatori sono posti in condizioni di isolamento, in modo da non poter essere influenzati nel loro giudizio da stimoli esterni e, soprattutto, da non influenzarsi a vicenda: vengono così allestite delle postazioni, consistenti in piccole cabine isolate acusticamente e con illuminazione rossa, per evitare che il colore della carne influenzi il giudizio. Per evitare perdite di concentrazione degli assaggiatori per ogni sessione di assaggio si consegnano pochi campioni ad ogni giudice (in genere non più di dieci).

La carne viene prelevata in genere dalla stessa zona anatomica, la lombata (costituita in prevalenza dal muscolo Longissimus lumborum, tratto lombare del muscolo Longissimus dorsi), i campioni vengono avvolti in foglio di alluminio, conservati sottovuoto e surgelati a —20°C, successivamente scongelati in frigorifero a 4°C e tagliati in fette di spessore uniforme (quello più comunemente adottato è di cm 2); la cottura viene effettuata con varie tecniche (forno elettrico, forno a microonde, piastra elettrica), con una temperatura di cottura tra i 165 e i 200°C, ma sempre raggiungendo una data temperatura interna della carne, che in quasi tutti gli esperimenti effettuati in Europa è di 70°C, da rilevare con un termometro a sonda immerso nella carne.

La cottura a bagno maria, usata in laboratorio per determinare le perdite di cottura, non viene in genere presa in considerazione per la valutazione sensoriale, in quanto il prodotto che ne risulta è molto diverso da quello abituale per i consumatori italiani.

La fetta di carne, privata del grasso e del connettivo più evidente, viene quindi tagliata a quadratini di dimensioni standard (le dimensioni più usate sono di cm 1,5 di lato) e i cubetti di carne risultanti, caldi e privi di qualsiasi condimento (compreso il sale), vengono contrassegnati da un codice, e consegnati in successione agli assaggiatori. Questi esprimono i loro giudizi tramite apparati elettronici o su apposite schede che gli vengono consegnate. Per ogni parametro la valutazione segue una scala, che può essere non strutturata, cioè costituita solo da una entità geometrica (ad esempio una retta), oppure strutturata, cioè divisa in un numero variabile di intervalli (in genere un numero dispari, il valore più frequentemente usato è 9), o anche riportante dei giudizi espliciti. Dallo stesso campione di carne si ricavano cubetti in numero almeno doppio ai componenti del panel, senza che gli assaggiatori sappiano quali cubetti vengono dalla stessa fetta di carne, per valutare la loro ripetibilità, e anche per avere un maggior numero di valutazioni, fermo restando che la carne non è un materiale omogeneo e, anche nella stessa fetta, si possono trovare zone con caratteristiche diverse, dovute in particolare alle venature di tessuto connettivo o di grasso.

I parametri da valutare

Tenerezza

È la caratteristica che viene più frequentemente inserita tra quelle da valutare, ed in genere è intesa come quantità di residuo che rimane in bocca dopo la masticazione; essa è legata soprattutto a due fattori: la presenza di collagene nella carne e, in particolare, la quota di collagene che non si degrada con la cottura, e la contrazione delle fibre muscolari durante la cottura; la presenza di grasso di marezzatura aumenta la tenerezza, diluendo gli altri componenti della carne.

La tenerezza in laboratorio, viene invece misurata come sforzo di taglio (Warner-Bratzler Shear Force) o di compressione su campioni di carne cruda o cotta, con appositi macchinari.

Succosità

È la sensazione di umidità che si percepisce durante la masticazione, anch’essa è legata a due fattori: la quantità d’acqua effettivamente presente nella carne che dà una sensazione di succosità immediata, ma poco durevole, e la quantità di grasso che, stimolando la salivazione, dà una sensazione di succosità più persistente.

La prima componente è strettamente legata alla capacità della carne di trattenere l’acqua (capacità di ritenzione idrica), e quindi di avere basse perdite di acqua durante la conservazione, l’eventuale scongelamento o la cottura; la misurazione di laboratorio corrispondente è quindi quella delle perdite d’acqua, per sgocciolamento, per cottura e per scongelamento.

Aroma

Il termine in italiano indica una sensazione olfattiva, ma qui deve essere inteso come un insieme di gusto e olfatto; il termine inglese flavour non ha un corrispettivo nella nostra lingua ed è stato quindi tradotto come "aroma". La valutazione può essere molto semplice, limitata all’intensità (riferita all’aroma tipico della specie animale di cui si assaggia la carne), oppure molto più complessa, comprendente l’individuazione dei particolari aromi, sia gradevoli (ad esempio: lesso, brodo, carneo, grasso, olio, burro), sia sgradevoli (fegato, stalla, rancido, pungente, ammuffito, pesce, stantio, ammoniaca).

Gli odori della carne si sviluppano durante la cottura, per questo è fondamentale che la carne sia servita calda.

Per evitare influenze sull’aroma la carne da assaggiare viene servita, come detto precedentemente, priva di sale, olio e qualunque altro condimento; inoltre, tra un campione e l’altro, per evitare che il sapore del campione precedente permanga in bocca ed influenzi il giudizio, gli assaggiatori si "puliscono la bocca" con pane sciapo o pezzetti di mela e bevono acqua.

Colore

È valutato sulla carne cruda, e la sua valutazione serve a prevedere il suo gradimento da parte del consumatore al momento dell’acquisto, visto che di frequente le carni scure vengono lasciate sugli scaffali, ritenendo (molto spesso erroneamente) che il colore scuro derivi da cattiva qualità di partenza o cattiva conservazione; ai fini della valutazione del colore della carne è essenziale il tipo di illuminazione, che modifica in modo sostanziale la percezione, e quindi il giudizio, tanto che per l’illuminazione dei banchi dei punti vendita si scelgono lampade che diano alla carne un aspetto "brillante".

La misurazione del colore è correntemente effettuata con metodi strumentali, quali colorimetri, che forniscono indici quali la luminosità, gli indici del rosso-verde e del giallo, da cui si calcolano il croma e la saturazione e spettrometri, che danno una misura della radiazione riflessa, assorbita e dispersa alle varie lunghezze d’onda della luce visibile.

Tessitura

È l’altro importante parametro visivo utilizzato dal consumatore per decidere l’acquisto; essa può essere più o meno fina o grossolana, dando alla superficie di taglio della carne un aspetto liscio o ruvido, e dipende dalle dimensioni delle fibre e dei fasci muscolari, e dalla quantità di connettivo che li circonda, e quindi, indirettamente, è un indicatore della tenerezza. Essa varia con l’età dell’animale, con il tipo genetico e con il muscolo di provenienza.

Altri parametri

Meno frequentemente vengono valutate caratteristiche quali l’elasticità, la fibrosità, l’adesività, la densità o compattezza, la coesività, la formazione di pellicola sul palato, la masticabilità, la farinosità.

Valutazione dei risultati

Lo scopo principale del panel-test è la valutazione organolettica della qualità della carne, e come accade per le misurazioni strumentali, essa viene in genere analizzata statisticamente in relazione a vari fattori relativi alla produzione della carne, come, ad esempio, sesso, età di macellazione, tipo di alimentazione o di stabulazione, tipo genetico (razza o incrocio), durata della frollatura, permettendo così di discriminare il risultato sui caratteri organolettici.

L’attendibilità dei risultati è ovviamente legata all’affidabilità degli "strumenti di misura", cioè gli assaggiatori, ed è quindi importante valutare la loro capacità di valutare la carne.

Questa dipende dall’addestramento, ma anche da fattori non modificabili, relativi alle capacità percettive innate dei singoli individui e a fattori psicologici: infatti, non è solo importante cogliere gli aspetti sensoriali di ciò che si assaggia, ma per esprimere un giudizio comparativo le percezioni relative ai vari campioni vanno confrontate tra di loro, e con quelle provate nel passato, il che richiede un tipo di abilità particolare.

È necessario che il panel svolga periodicamente delle sedute di aggiornamento, per tenere in esercizio le capacità di valutazione e discriminazione.

Andrea Gaddini

Miriam Iacurto

Istituto Sperimentale per la Zootecnia

Monterotondo — Roma


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