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La pesca sul lago Vittoria

di Negroni G.

Con i suoi 69.000 km2 il Lago Vittoria è il secondo nel mondo per grandezza. Si estende su una superficie grande come l’Irlanda ed è diviso fra tre paesi: Tanzania (con il 49%), Uganda (45%) e Kenya (6%) del lago.

Introduzione

A causa dell’importanza ecologica e politica nell’area del Lago Vittoria numerosi sono i punti di vista di come gestire le risorse comuni ai tre paesi rivieraschi. Quanto scritto in questo articolo deriva da numerose visite che l’autore ha effettuato nelle coste del lago dei tre paesi rivieraschi e dalla collaborazione con l’ufficio della World Conservation Union (IUCN) di Nairobi responsabile per l’Africa dell’Est. L’esperienza dell’autore nel settore del marketing del pesce ha permesso un’attenta analisi della situazione e alcune conclusioni, che seppur personali, possono dare idee interessanti ai lettori per meglio comprendere l’evoluzione della situazione rispetto al problema della sostenibilità delle risorse in una zona strategica per la stabilità dell’Africa e per la distribuzione delle proprie risorse proteiche.

Il discorso ecologico diviene immediatamente politico perché tocca importanti problemi sociali, economici ed alimentari di base per milioni di persone. La liberalizzazione del commercio, che viene promossa da numerose paesi sviluppati ed istituzioni internazionali, ha assunto un ruolo sempre più importante nell’economia politica dei paesi in via di sviluppo. Ciò è l’obiettivo principale della World Trade Organisation.

Causa i cambiamenti politici dei paesi ad economia centralizzata, molti dei quali ora si trovano in una fase detta di "economia di transizione", la dottrina del commercio libero sta riscuotendo sempre più successi nel mondo. L’incremento degli interessi legati agli argomenti ambientali ed allo sviluppo sostenibile ha fatto sì che il commercio sia sempre più legato alle problematiche ecologiche. Con l’Agenda 21 sono sempre più in stretto rapporto la politica commerciale e la politica ambientale. Le organizzazioni internazionali stanno attualmente sviluppando regole e guidelines per promuovere il commercio "green". I soprannominati sforzi includono provvedimenti per incentivare le esportazioni di prodotti dal "Sud" al "Nord" del mondo con schemi e certificazioni sostenibili. Per esempio possiamo citare: schemi per l’eco-labelling, regole per il packaging ed il riciclo dei rifiuti prodotti nei processi industriali, standard per rendere distretti industriali compatibili con l’ambiente (standard EMAS), trasferimento di tecnologie ambientali (environ—mental-friendly), operazioni denominate "politically correct" per evitare prevaricazioni e lo sfruttamento del lavoro dei minori ed altri ancora. Nel settore ittico esistono molte possibilità di applicare alcuni dei concetti prima citati; infatti i paesi con maggiori possibilità importano grandi quantità di pesce dai paesi in via di sviluppo. Per le specie più commercializzabili, la pesca nei paesi più sviluppati è stabile o in declino, mentre i consumi sono in forte aumento legato ad un maggior potere di acquisto da parte dei consumatori e per l’immagine salutistica che hanno i prodotti ittici. Le interessanti risorse ittiche del Lago Vittoria nell’Est Africa hanno permesso lo sviluppo di una pesca fortemente orientata all’export, e l’aiuto internazionale è stato di fondamentale importanza per il suo sviluppo. La coesistenza di un’importante commercio internazionale di pesce, importanti industrie di trasformazione, consistenti aiuti internazionali e una situazione ambientale molto particolare rendono la situazione di coloro che considerano le risorse del lago Vittoria come principale fonte di sostentamento, poco stabile ed in generale a rischio. Nonostante i forti allarmismi, fino ad oggi la situazione non è ancora precipitata, ma si iniziano a notare i primi segni di un eccessivo sfruttamento delle risorse e di una complessa panoramica sociale. Un eccessivo calo del pescato metterebbe seriamente in pericolo la sicurezza alimentare delle popolazioni che abi tano nelle zone limitrofe al lago.

Lo sviluppo della pesca sul Lago Vittoria

Per meglio comprendere l’attuale situazione del lago e dei metodi di pesca ivi praticati, è opportuno presentare come era organizzata la pesca artigianale sul lago nel passato e come si è industrializzata negli ultimi anni, con l’introduzione di una specie: la Perca del Nilo (Lates niloticus). Essa fu, infatti, introdotta a cavallo degli anni ‘50 e ‘60 nelle zone Ugandesi e Kenyote del Lago. Fino al 1979 la pesca della perca rappresentava solo una piccola parte del pescato, mentre negli ultimi venti anni ha rivoluzionato la pesca sul lago. Possiamo quindi distinguere due fasi storiche nello sviluppo della pesca sul Vittoria, che meglio ne disegnano la situazione attuale: prima dell’introduzione della perca del Nilo e dopo.

Il regime della pesca artigianale prima dell’introduzione della perca del Nilo

Il totale del pescato nel Lago Vittoria tra gli anni ‘60 e ‘70 era abbastanza stabile: 100.000 tonnellate annue. Fino a metà degli anni ‘70 il lago era sfruttato tramite una pesca di tipo artigianale (50.000 addetti con piroghe in legno, circa 12.000). Molti di questi erano lavoratori part-time o stagionali, ma, pur essendo impegnati anche in altre attività, l’80% traeva il proprio principale sostentamento dal lavoro sul lago.

Durante questo periodo non vi erano possibilità di investimenti nel settore ittico per la cronica mancanza di capitali, con conseguente uso di materiali da pesca poco produttivi; le canoe meccanizzate erano rare. Queste ultime erano utilizzate principalmente per i trasporti. Il pescato veniva spesso diviso fra i pescatori in un modo "sociale", per permettere a tutti di sfruttare sufficientemente le risorse come nella più classica delle tradizioni Africane.

Il circuito di commercializzazione del pesce era primitivo, composto da donne che compravano localmente il pesce direttamente dai pescatori per distribuirlo nei mercati vicini. Le donne si occupavano anche del la lavorazione del pesce fresco non immediatamente destinato al consumo: questo veniva seccato od affumicato per poi raggiungere anche mercati lontani. La maggioranza delle proteine animali consumate dalle popolazioni rivierasche provenivano dalla pesca sul lago. Non vi erano grandi commercianti di pesce che tenevano sotto controllo i pescatori, nè vi erano grandi interferenze esterne nella pesca e nel commercio dei prodotti ittici, in generale. I ministeri dei tre paesi rivieraschi controllavano le quantità pescate e null’altro. L’accesso alle risorse del lago era praticamente libero, anche se le comunità rivierasche avevano instaurato delle regole che permettevano così di gestire la pesca. Le regole locali determinavano i permessi rispetto a chi, con quali attrezzi, in quali periodi, quale taglia, specie di pesce da catturare e dove effettuare la pesca. Le regole ed i controlli variavano da comunità a comunità e da zona a zona, ma tutti avevano eletto chi doveva effettuare i controlli, più o meno severi, riconosciuti e rispettati. Con l’avvento della pesca industriale il vecchio sistema venne eliminato, creando non poca confusione.

Caratteristiche del regime della pesca della Perca del Nilo (dal 1980 a oggi)

La rapida proliferazione della Perca del Nilo sulle rive kenyote avvenne 15-20 anni dopo l’introduzione della stessa nel Lago Vittoria. Nel 1978 se ne cattuvarono 1.000 t, nel 1985 si raggiungevano le 50.000 t. Nel 1989 le catture della perca, nei tre paesi raggiunsero di colpo le 325.000 t.

La pesca totale nel lago (tutte le specie incluse) passò da 100.000 t nel 1979 a circa 500.000 t nel 1989. Un enorme incremento collegato anche ad un cambiamento repentino della la composizione della biomassa. La perca del Nilo si alimentava di tutte le specie ittiche del lago; da una pesca multi-specie si passò infatti ad una pesca fatta principalmente di sole tre specie: la perca, il pesce più pescato, seguito dalla sardina di lago (Rastrineobola argentea) per un 30% del totale e dalla Tilapia con un 10%. Le tre specie rappresentavano il 98% del totale.

Il rapido incremento dello sforzo di pesca sul lago portò ad un repentino aumento degli addetti al settore e delle piroghe impegnate. Anche se non vi sono statistiche affidabili è chiaro come molti pescatori part-time e stagionali si siano completamente dedicati a tale attività per le maggiori possibilità economiche derivanti da essa. Negli anni ‘80 furono creati nel settore 180.000 posti di lavoro, compresi quelli dell’indotto. I pescatori meglio attrezzati e con maggiore disponibilità di capitale acquistarono attrezzi moderni, adeguati alla taglia dei pesci da catturare. Infatti il Nile perch ha una taglia media di 20-50 kg con esemplari anche superiori ai 180 kg. Mentre una parte dei pescatori continuò a pescare — e pesca tuttora — con sistemi primitivi ma efficaci, come prima dell’introduzione della Nile perch.

Anche il settore della trasformazione si adeguò con un incremento del numero dei commercianti e dei trasformatori ed investimenti industriali, per raggiungere standard adatti all’esportazione. Inizialmente si ebbero problemi di mercato, perché i consumatori non conoscevano il nuovo pesce, più grasso delle "sardine" che erano abituati a consumare. Ma in pochi anni il gusto del Nile perch fu conosciuto e molto apprezzato, non solo dalle popolazioni rivierasche, ma anche da quelle dell’interno e all’estero.

La grande disponibilità di pesce portò con sè un’altra "rivoluzione": l’internazionalizzazione del mercato. La produzione di Nile perch venne assorbita inizialmente dai mercati locali: infatti nei tre paesi vi era una grande domanda di pesce ad un prezzo modico; poi le richieste cominciarono ad arrivare anche dagli altri paesi industrializzati.

All’inizio degli anni ‘80 sulle rive kenyote del lago fu impiantata una fabbrica, che si rivelò molto fruttuosa; oggi se ne contano 35.

Il Nile perch viene esportato in tutto il mondo: Unione Europea, USA, Medio Oriente e Giappone. Molte industrie furono finanziate dagli aiuti internazionali e dalle banche tramite progetti per lo sviluppo.

Non vi è dubbio come l’industria di trasformazione abbia dominato la scena negli ultimi dieci anni, orientando il prodotto verso i mercati esteri ed assorbendo tutte le quantità disponibili. Alcuni imprenditori hanno personalmente dichiarato all’autore che, spesso, le esportazioni di Nile perch sono raddoppiate da un anno all’altro, senza mai retrocedere. La globalizzazione dei mercati ha sicuramente aiutato lo sviluppo di questa industria e ha dato lavoro a molte famiglie dei tre paesi rivieraschi. Anche se non esistono studi dettagliati sugli stock del lago Vittoria, vi sono attualmente delle chiare indicazioni di come non si possa continuare a pescare indiscriminatamente senza regole nel lungo periodo. Infatti le taglie medie del pescato del Nile perch sono in regresso negli ultimi anni. Durante gli anni ‘80, solo una piccola parte del Nile perch pescato era esportato all’estero: ora le 35 industrie per la lavorazione presenti sulle sponde del lago si contendono il pesce in quanto insufficiente. Alcune hanno incominciato a lavorare la Tilapia, sperando che sia gradita dai consumatori quanto la perca; altre fabbriche hanno dovuto addirittura chiudere per la mancanza di prodotto da lavorare.

La parte migliore della pesca viene avviata agli impianti di sfilettatura e sul mercato locale si trovano solo pesci di piccola taglia, o danneggiati, che non possono essere esportati. Anche le piccole sardine (Rastrineobola argentea) sono oggetto di commercio, nazionale ed internazionale, per essere trasformate in farina di pesce per l’industria degli alimenti zootecnici. Tutte le tre principali specie pescate nel lago Vittoria hanno una collocazione in un mercato globale, ove vi è sempre una maggior richiesta di proteine nobili a basso costo.

Effetti del commercio internazionale sul pescato

Le esportazioni dell’industria ittica del Lago Vittoria hanno profondamente influenzato la pesca tradizionale delle differenti comunità che dipendono da questa attività. Gli effetti sono stati economici, politici, sociali ed ambientali.

Teniamo ben presente che senza i massicci investimenti internazionali (pubblici e privati) e lo sviluppo del commercio nel mercato globale, l’industria del Nile perch non sarebbe mai decollata. Nella tradizione l’avvio di un tipo di commercio a livello internazionale ha avuto inizio a Kisumo in Kenya, zona dove spesso i pescatori degli altri paesi rivieraschi vendono il proprio pescato. A Kisumo, infatti, vi sono dodici industrie di trasformazione; parte del pesce viene trasformato anche a Nairobi ed anche a Mombasa.

La produzione: i pescatori

Nell’era "pre-Nile perch" il pescatore era proprietario della barca e si occupava personalmente delle vendite. Ogni membro dell’equipaggio possedeva i propri attrezzi da pesca. Ora oltre l’80% degli equipaggi non possiede niente: né la barca né gli attrezzi da pesca. La pesca del Nile perch richiede robuste reti da posta di materiale sintetico multifilamento, che generalmente sono importate dall’estero e più costose delle tradizionali reti fabbricate in loco.

Attualmente, la maggioranza del pesce viene pescato con sistemi a bassa tecnologia: piccole canoe anche senza motore e reti da posta lasciate alla sera e recuperate alla mattina. Si comincia ad utilizzare anche qualche piccolo palamito. Alcune barche industriali operano nella zona keniota ed ugandese.

Molti dei tradizionali pescatori non possono comprarsi le reti moderne, ma vi sono imprenditori esterni che acquistano le barche e le attrezzature necessarie affidandole ad un manager che organizza la pesca. A sua volta il manager dà la barca e gli attrezzi ad un capitano che si occupa della pesca. Abbiamo quindi distinte categorie: imprenditori, manager, capitani e marinai, che ci fanno capire come l’industrializzazione della pesca abbia condotto a rilevanti cambiamenti sociali. Vi sono molti modi di gestire tali operazioni sul lago, a seconda del tipo di barca ed attrezzi. Gli agenti degli stabilimenti di trasformazione fanno di tutto per accaparrarsi la materia prima, per cui vi sono numerosi tipi di accordi: credito, attrezzi da pesca in cambio di pesce, acquisto direttamente in barca, ecc.

Sempre più numerosi sono gli imprenditori che vivono a Nairobi e sono proprietari di 5 o 10 canoe; la tendenza che porta gli investitori ad essere al di fuori della comunità locale conferisce imprenditorialità alla pesca, ma dirotta al di fuori della comunità stessa una parte degli utili. D’altronde senza capitali esterni (nazionali ed internazionali) l’industria della pesca del Lago Vittoria non esisterebbe. Gli equipaggi sono pagati in differenti modi, a percentuale o a stipendio, ma i membri degli equipaggi non sono soddisfatti del proprio livello di guadagno e i furti di pesce e di attrezzature sono in aumento.

La trasformazione del pesce

Nel passato un grande numero di donne era impegnato nella trasformazione del pesce: affumicatura ed essicazione avvenivano nel luogo di sbarco o nelle sue prossime vicinanze. Lavoravano in gruppi ed appartenevano alle fasce più povere della popolazione o erano parenti dei pescatori e dei commercianti stessi. Ora il pesce di qualità viene subito trasportato nelle fabbriche, dove viene sfilettato e congelato. Alla trasformazione tradizionale rimane il pesce di piccola taglia, che viene essiccato ed inviato all’industria della farina di pesce, o quello danneggiato. Gli operatori che tradizionalmente hanno perso il lavoro, ma nell’industria di trasformazione si sono creati nuovi posti specializzati.

Gli scarti dell’industria di trasformazione vengono riciclati: per recuperare la polpa rimasta attaccata agli scheletri e alle teste una tipica preparazione è la "fish-ball" fritta. Il recupero degli scarti ha creato una rete di piccoli commercianti-trasformatori, sempre prevalentemente femminile. Il costo della Nile perch è ora troppo elevato per le fasce meno abbienti delle popolazioni dei tre stati rivieraschi. La richiesta di pesce a basso prezzo è dunque sempre molto forte e si è riversata sulle più economiche sardine. In Uganda vi sono 12 impianti di trasformazione industriali (Entebbe, Kampala, Jinja) ed una decina in Tanzania intorno a Mwanza, oltre ai dodici nei pressi di Kisumo.

La qualità

In Africa gli standard qualitativi per il pesce sono molto differenti da quelli europei e sono adattati alle esigenze, ai bisogni ed alle necessità della popolazione locale. Per quanto riguarda il pesce da esportare si eseguono rigidi controlli e quello ammesso all’esportazione rappresenta una percentuale molto bassa. Molti pescatori, infatti, non hanno la possibilità di usare il ghiaccio ed il pesce entra nella catena del freddo solo quando viene acquistato dai commercianti dopo lo sbarco e le contrattazioni. Soprattutto nelle zone tropicali, il pesce lasciato per lungo tempo in acqua ha una degradazione batterica molto rapida, dunque, quello di miglior qualità si rivela quello catturati nelle prime ore del mattino.

Nei luoghi di sbarco si sono sviluppati alcuni servizi abbastanza sofisticati per ristorare gli equipaggi, per l’assistenza tecnica alle barche e per il commercio del pesce. La mancanza di acqua, di servizi igienici e di mercati attrezzati, nella maggioranza dei casi, rendono questi siti al di sotto dei livelli europei. Il miglioramento igienico sanitario dei luoghi di sbarco e vendita del pesce, l’uso del ghiaccio e la pesca al long-line (palamito) sono le misure che, se applicate su larga scala, potranno migliorare considerevolmente la qualità del pescato.

Le autorità veterinarie italiane e spagnole hanno riscontrato, nei campioni prelevati da importazioni di Nile perch da tutte e tre le nazioni rivierasche, numerosi casi di livelli batteriologici inaccettabili. Di conseguenza nel marzo 1997 l’UE ha imposto analisi per ogni importazione di Nile perch per Salmonella ed altri patogeni. I controlli provocano disagi per tutta la filiera distributiva ma un miglioramento nella qualità dei prodotti esportati è sicuramente un passo obbligato verso una ottimale gestione delle risorse del lago.

Nel 1998 la Commissione Europea con la Decisione 98\84\CE vietò ogni importazione di pesce fresco da Kenya, Uganda e Tanzania per le epidemie di colera sviluppatesi nella zona. Il divieto fu sospeso dopo alcuni mesi, creando non pochi problemi in paesi ove si esportano grandi quantità di filetti di Nile perch. A seguito della riammissione dei prodotti ittici freschi sui mercati della UE, oggi una direttiva sull’igiene dei prodotti ittici (91\493\CE) richiede ampie garanzie per i lavoratori degli stabilimenti di lavorazione.

I consumatori degli stati rivieraschi

I consumatori con un basso potere d’acquisto, sono state le principali vittime dell’incremento dei prezzi: infatti, il prezzo del Nile perch, sta subendo notevoli aumenti a causa della sua scarsità sul mercato, così come quello delle "sardine" e della Tilapia richieste in abbondanza dall’industria mangimistica. Il pesce in Uganda, Tanzania e Kenya, è l’alimento proteico meno costoso disponibile sul mercato. La competizione fra le industrie e le fasce basse dei consumatori vede questi ultimi perdenti, con relativi problemi legati alla sicurezza alimentare.

I consumatori internazionali

L’Uganda è l’unico paese che cerca di controllare razionalmente lo sforzo di pesca: ad ogni impianto di trasformazione viene assegnata una quota a partire da un totale ipotetico di 100.000 t/anno per il Lago Vittoria e 20.000 t/anno per tutti gli altri laghi. La politica ugandese riserva un 50% della produzione al mercato interno, lasciando 60.000 t per l’esportazione. Ovviamente i consumatori degli stati non africani del "Nord" del mondo hanno un forte potere di acquisto, che sovrasta le richieste dei consumatori locali.

Attori a livello internazionale

Lo sviluppo della pesca e dell’export con le risorse del Lago Vittoria ha come protagonisti alcuni attori internazionali che hanno giocato e giocheranno ruoli importanti nello sviluppo del settore. Possiamo menzionare i governi degli stati rivieraschi (Uganda, Tanzania e Kenya), le industrie di trasformazione, il mercato internazionale, le banche e le organizzazioni di sviluppo. Tutti i sopracitati attori partecipano a vario titolo allo sfruttamento delle risorse ittiche del Lago Vittoria.

La produzione di un elevato volume di affari, con una redditività molto interessante, è stata fino ad oggi la molla che ha spinto al massimo lo sfruttamento delle risorse. Non dimentichiamo altri fattori internazionali come: l’incremento del consumo di proteine nobili a basso costo da parte delle fasce più povere delle popolazioni rivierasche, la possibilità di nuovi posti di lavoro e il possibile incremento dei ritorni dovuti all’export.

L’industria della trasformazione

La prima industria di trasformazione del pesce si installò in Kenya nei primi anni ‘80; ne seguirono, poi, molte decine sul lago ed alcune nelle vicinanze delle grandi città. I proprietari delle industrie di lavorazione hanno differenti background; molte sono gestite da proprietari di origine asiatiche, altre da grandi multinazionali e privati di origine Europea. Le capacità di lavorazione variano fra le 3 e le 100 t di Nile perch fresco al giorno. La capacità media si assesta tra le 5 e le 25 t al giorno.

Da 3 tonnellate di pesce fresco si produce una tonnellata di filetti. Attualmente il maggior problema dell’industria di trasformazione è quello di assicurarsi una quantità sufficiente di pesce fresco per far funzionare gli impianti e soddisfare una domanda fino ad oggi sempre sostenuta. A tutt’oggi la capacità di lavorazione è superiore alla produzione. Numerosi sono i meccanismi che l’industria ha sviluppato per assicurarsi le forniture di pesce, come contratti ed accordi con i pescatori. In alcuni casi abbiamo un’integrazione verticale con l’acquisto di barche da pesca e delle agenzie di trasporto del pesce; un’altra possibilità è quella di partecipazioni di imprese commerciali di paesi più sviluppati. Nonostante la forte competizione sul prodotto, i dirigenti delle industrie di trasformazione collaborano attivamente fra loro in favore di numerosi argomenti comuni, quali il livello fiscale sulle esportazioni o i costi di trasporto, formando una potente lobby in difesa dei propri interessi. Negli impianti di trasformazione, molti dei quali hanno standard che rispettano la direttiva UE 91-493, il pesce viene lavato, selezionato e refrigerato; la trasformazione avviene in meno di 24 ore. Il Nile perch viene, quindi, sfilettato manualmente, senza eviscerazione, eliminando la pelle e le lische; pochi trasformatori hanno macchine automatiche per lo sfilettaggio.

Il mercato internazionale

La parte più redditizia dell’industria del Nile perch dipende in misura sempre maggiore dalle esportazioni verso i mercati internazionali dei paesi sviluppati. Molte delle industrie di trasformazione hanno accordi a lungo termine con catene di supermercati in Europa e Nord-America. Alcune faticano a rispettare gli impegni presi con i partner europei; nonostante questo si prevedono aumenti delle richieste nel futuro: spesso numerosi direttori delle locali industrie sono soliti affermare che la domanda di filetti di Nile perch sembra davvero illimitata. La richiesta di mercato è sostenuta in quanto il filetto di Nile perch è il filetto di pesce bianco più economico attualmente sul mercato.

Le banche internazionali e le agenzie di sviluppo

L’IFC (International Finance Corporation), il gruppo delle banche finanziato dalla Banca Mondiale, l’ADB (African Development Bank) ed altre banche hanno finanziato l’industria di trasformazione sul Lago Vittoria. Molte agenzie di cooperazione bilaterali hanno assistito con materiali e progetti di sviluppo il nascere dell’industria di lavorazione del pesce, come le agenzie multilaterali hanno dato supporto ai tre governi dei paesi rivieraschi nello sviluppo, pianificazione e gestione delle risorse ittiche del lago. Le nuove tecnologie ed il training permettono di diminuire lo scarto del pesce fresco in fabbrica dal 25% al 5%, con notevoli risparmi di produzione; alcune fabbriche hanno iniziato a trasformare gli scarti di lavorazione in farina di pesce.

Lavorazione del Nile perch per l’esportazione

Il processo di lavorazione del Nile perch dipende dai mercati di sbocco: i mercati nordeuropeo, americano ed australiano, ad esempio, richiedono una sfilettatura profonda con una resa del 30% sul peso del pesce. Il filetto deve presentarsi bianco, senza pelle, grasso sottocutaneo e lische. Il mercato israeliano, invece, preferisce un filetto con una parte della pelle che permetta rese del 40%. I mercati di Spagna e Grecia sono una via di mezzo fra il primo ed il secondo, richiedendo rese del 35%, mentre il mercato giapponese preferisce il filetto con lische e pelle con un "dressage" medio del 42%.

La taglia dei filetti varia da 300 a 1.500 grammi: i filetti più grandi sono tagliati per rientrare nelle categorie prima citate. Il mercato del filetto fresco non accetta mai filetti di peso superiore ai 1.500 gr, per il loro contenuto in grasso giudicato troppo eccessivo dai consumatori più esigenti. I contenuti in grasso della Perca del Nilo variano in rapporto alla taglia del pesce che, come sappiamo, può arrivare a taglie considerevoli. I filetti freschi sono lavorati ed impacchettati in sacchetti di polietilene, mentre il congelato viene impacchettato in cartoni da 6 a 10 kg di peso. Oltre ai filetti si producono anche Nile perch in altri tagli o pesce intero, congelati in basse percentuali sul totale. Il pesce congelato viene trasportato a Mombasa e, con container a bassa temperatura, in Europa. Negli ultimi 5 anni il trasporto del fresco si è fortemente evoluto sfruttando le possibilità della catena del freddo e la buona conservabilità del Nile perch che, se ben lavorato, rimane di buona qualità per più di 20 giorni. Per l’esportazione del fresco i filetti vengono confezionati in cartoni nella camera fredda, immessi successivamente in grandi confezioni di polistirolo per il periodo del trasporto. Il fresco, così confezionato, viene trasportato a Nairobi o Entebbe in tempo per i voli della sera per l’Europa. Vi sono anche voli charter bisettimanali da Mwanza (Tanzania), che portano a viaggio una cinquantina di tonnellate di pesce verso destinazioni nella UE. I costi del trasporto aereo (che variano 1,5 a 2 dollari per kg) sono ampiamente ripagati rispetto ai costi di trasporto del congelato (0,5 dollari per kg). Le vesciche natatorie dei pesci vengono seccate ed esportate in Estremo Oriente ove hanno un ottimo mercato, mentre le pinne ventrali (con alto contenuto in grasso) e il grasso viscerale possono produrre un ottimo olio di pesce. Negli ultimi anni si sta incominciando a lavorare anche la pelle con buoni risultati. Altri sottoprodotti edibili, come gli scarti della sfilettatura, sono fritti o affumicati con sistemi artigianali.

Il marketing del Nile perch

La tabella 1 allegata ci dà alcune indicazioni sulle esportazioni. Le esportazioni nel 1995 hanno generato un valore di circa 140 milioni di dollari per i tre stati rivieraschi; per Uganda e Tanzania il pesce rappresenta la principale voce di esportazione: i principali mercati sono l’Europa, Israele e l’Australia. Vi è stato un rapido incremento delle esportazioni in UE da meno di 4.000 t nel 1990 a 18.000 nel 1994; nel 1995 e 1996 le esportazioni verso la UE sono aumentate di poco. La domanda dalla UE si concentrava sui filetti congelati, con solo un 6% per il fresco, mentre nel 1996 il 52% veniva esportato fresco con un maggior valore aggiunto. Se si riescono a rispettare gli standard qualitativi le proiezioni sembrano mostrare ulteriori aumenti di esportazioni di fresco, specialmente per i supermercati. Anche le esportazioni di pesce intero sono in aumento (la lavorazione avviene direttamente negli impianti europei).

L’Uganda è il paese maggiormente specializzato nell’esportazione di filetti freschi (82% dell’export), mentre il Kenya e la Tanzania sono maggiormente specializzato in quelli congelati. I prezzi FOB per i filetti (resa 35%) si attestano (dati del 1996) sui 2.500 dollari per tonnellata. I prezzi al dettaglio dei filetti di Nile perch sono più bassi dell’altro pesce bianco venduto sul mercato Europeo: questo, e la scarsità dei tradizionali pesci bianchi, è il principale motivo della fortissima richiesta. I principali paesi importatori in UE sono: l’Olanda, il Belgio, la Germania e la Grecia. I sopracitati paesi sono anche i principali mercati insieme alla Spagna. Il futuro di questa importante risorsa non è chiaro per la mancanza di gestione della risorsa, rispetto ad una fortissima richiesta del mercato. Nella parte ovest dell’Atlantico i pescatori dichiarano basse presenze di pesce, come nel Mare di Barents dove la pesca del merluzzo è in calo. La quota di pesce bianco è stata ridotta da numerosi paesi, con l’eccezione dell’Islanda, la Namibia e le zone vicine a Vladivostock. Le esportazioni di pesce bianco di Cina e Russia verso la UE sono in calo, con un conseguente aumento dei prezzi. In USA il mercato rimane stagnante e non vi sono aumenti di prezzi al consumo. Nell’Asia del sudest si sta creando un nuovo mercato per quanto riguarda il merluzzo del Nord Europa, che viene molto apprezzato e venduto a 25 dollari per kg al pubblico. In Giappone vi è anche un forte incremento delle vendite, specialmente per Patagonian toothfish; le vendite di pesce bianco sono incrementate del 33% nel 1997. La produzione dei tradizionali pesci bianchi è per il momento incerta e limitata, con prezzi ritenuti alti dai consumatori che cercano delle specie alternative e più economiche. Lo spazio per il Nile perch non è difficile da trovare anche a prezzi maggiori di quelli attuali.

L’importanza strategica alimentare delle proteine

Al lettore è sicuramente chiara l’importanza strategica alimentare delle risorse ittiche del lago nella geopolitica alimentare dei paesi rivieraschi, dove abbiamo un elevato tasso di natalità e redditi medi molto bassi tipici dei Paesi in via di sviluppo. Tutti gli squilibri, nella fattispecie gli abbassamenti di produttività ittica del Lago, si possono ripercuotere velocemente sugli strati meno abbienti delle popolazioni rivierasche, il cui lavoro, abitudini alimentari e potere di acquisto è fortemente legato alle produzioni ittiche a basso costo del Lago Vittoria. L’incremento della pressione di pesca e delle esportazioni possono avere un impatto negativo sulla sicurezza alimentare delle popolazione rivierasche, se non si gestiscono le risorse in modo sostenibile. Oltre all’esportazione abbiamo anche l’industria mangimistica che incomincia ad accaparrarsi il pesce secco meno costoso, per integrare le razioni proteiche dei mangimi composti soprattutto per l’industria avicola, che sta avendo un fortissimo sviluppo nei paesi dell’Est Africa.

È chiaro, come si può evincere dalle tabelle 2 e 3, come il confronto fra il costo unitario dell’unità di proteina sia spesso vinto dalle proteine del settore ittico, presa pari ad uno quella del Nile perch.

Il mercato italiano del Nile perch

In Italia vi è consumo di filetti di Perca del Nilo, considerato un’ottimo prodotto ittico. Il nostro consumatore, in particolare quello dei grandi centri urbani, non è molto preparato sulla provenienza dei filetti di pesce persico ma in tutti i banchi dei congelati e nelle migliori pescherie possiamo trovare il Nile Perch (sia freschi che congelati). I filetti di perca sono davvero ottimi e possono essere preparari in svariati modi, mantenendo un prezzo competitivo rispetto a prodotti similari. I filetti presenti sul mercato italiano provengono generalmente da grossisti olandesi e belgi. Negli ultimi tempi vi sono stati dei fermi del mercato delle importazioni dovuti ai maggiori controlli che la UE ha instaurato con l’obbligo dell’utilizzo del sistema HACCP . Gli importatori si sono trovati in difficoltà per trovare dei succedanei di filetto di Nile Perch con prezzi più modesti.

I problemi ambientali

Il lago Vittoria è soggetto a parecchi problemi ambientali che, se si dovessero aggravare, potrebbero danneggiare seriamente la pesca con vistosi cali di produzione. Lo sviluppo industriale intorno al lago, e i terreni agricoli confinanti, sono colpevoli di numerose situazioni inquinanti. La deforestazione (per uso domestico) provoca forti erosioni con un aumento della torbidità delle acque. Negli ultimi anni vi è stata una forte proliferazione del giacinto d’acqua che copre ampie zone del lago creando problemi alla pesca, alla navigazione ed impedendo la penetrazione della luce solare. Bloom algali provocano l’abbassamento del tasso di ossigeno delle acque con conseguenti morie di pesce. Vi sono prove inconfutabili che vi sia overfishing sul Nile perch; infatti il peso medio dai 50 kg del 1980 è calato ai 10 kg nel 1996. Gli scienziati ipotizzano come la pesca di Nile perch si sostenga grazie al forte cannibalismo sui soggetti di taglie più piccole. Non vi è ancora un valido sistema unificato per i tre paesi per monitorare efficacemente la pesca del Perca e non vi sono dati statistici validi per elaborare una strategia comune. Viene frequentemente predetto un "crash" nella pesca del Nile Perch, creando gravi problemi al milione di persone che si sostengono grazie alla pesca sul lago.

La sostenibilità della pesca

Tutti gli "attori" che operano nella filiera ittica del Lago Vittoria, contribuiscono allo sfruttamento delle sue, ormai limitate, risorse. La sostenibilità della pesca sul Vittoria è legata al rispetto di quote che derivano da appropriati studi di stock assessment e dal rispetto dei conseguenti accordi tra i governi rivieraschi. Le limitazioni, per quanto riguarda l’utilizzo di maglie non troppo piccole, con il conseguente rispetto di una taglia minima del Nile Perch sono misure importanti. Altre possibilità legate alla sostenibilità della pesca potrebbero essere: l’introduzione di regole che incentivino il commercio "green"; l’uso di studi d’impatto ambientale (Environmental Impact Assessment); studi sulla vita dei prodotti (Life-Cycle assessment); l’assegnazione di zone industriali qualificate EMAS; lo sviluppo di eco-labelling che garantiscano il consumatore finale di un uso sostenibile delle risorse. Un uso sostenibile significa anche un futuro per il settore della pesca del Lago Vittoria e soprattutto un futuro per la parte più debole (la maggioranza) dei pescatori artigianali e dei marinai assunti a giornata sulle barche. Queste categorie non possono occuparsi della sostenibilità della pesca sul lago; sono i grandi attori che dovranno incanalare il business del lago Vittoria in modo che sia trasmesso alle generazioni future, creando ricchezza lungo tutta la filiera del pesce persico.

Gianluigi Negroni

Esperto in sfruttamento

sostenibile delle risorse ittiche della Coop Alveo

in collaborazione con IUCN fishery office for East Africa

Bibliografia

— E. G. Jansen, Rich fisheries - Poor fisherfolk, IUCN Eastern Africa Programme, Report n° 1, 1997.

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— D. Greboval, Management of the new fisheries of Lake Victoria: major socio-economic issues. RAF\87\099\-TD\04\89. FAO, Rome 1989.

— G. Negroni, Uganda fish marketing report for COOPI, 1996.

— G. Negroni, Kenya fish marketing report for COOPI, 1996.

— Megapesca, Perch on a precipice, Seafood International, April 1997.

Demand running high for Nile perch, Seafood International, November 1998.



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