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Sicurezza alimentare

Antibiotici nella carne, quali rischi per la salute?

di Borzi H.

la tua difesa. Usa gli antibiotici con cautela!": così recita l’ultima campagna di sensibilizzazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che mette in guardia sull’uso eccessivo e improprio dei medicinali e sulla resistenza antibiotica che ne consegue. Da anni ormai il settore sanitario cerca di informare i cittadini sui rischi dell’abuso di tali farmaci. Ma in pochi forse sanno che anche mangiando carne si possono sviluppare le stesse pericolose resistenze. Una proposta di risoluzione sul tema è stata redatta e discussa durante la Commissione Agricoltura del Parlamento europeo dal presidente, l’italiano Paolo De Castro. Quasi la metà degli antibiotici prescritti attualmente in Europa è destinata a uso veterinario; non sorprende pertanto che il problema della crescente resistenza antimicrobica riguardi sempre più il settore zoologico e stia diventando una seria minaccia per gli allevamenti di bestiame europei. Tanto più, se si considera che i farmaci non vengono somministrati agli animali solo per scopi curativi, ma anche per prevenire malattie e stimolarne la crescita.


Secondo l’eurodeputato De Castro, al fine di garantire che in futuro «gli antibiotici rimangano uno strumento efficace per combattere le malattie, sia negli animali che nell’uomo», il primo passo da fare è ridurne l’uso. Il problema della resistenza animale riguarda in modo diretto anche l’uomo: i residui antibiotici vanno a finire negli alimenti di origine animale e favoriscono la resistenza antimicrobica di chi li consuma. Inoltre, si legge ancora nella proposta di risoluzione, che anche “gli animali non destinati alla produzione di alimenti, come quelli da compagnia, possono fungere da serbatoi e favorire la diffusione della resistenza”. Le proposte della Commissione per l’Agricoltura vanno pertanto in queste direzioni:

  • una corretta raccolta e analisi dei dati relativi alla vendita di antibiotici per uso veterinario;
  • più ricerca sulle alternative esistenti all’uso di antibiotici negli allevamenti, ad esempio “vaccinazioni, miglioramento genetico della resistenza, biosicurezza”;
  • monitoraggio sistematico “della resistenza antimicrobica sia negli animali destinati alla produzione (...) che in quelli da compagnia”;
  • una migliore formazione e informazione dei veterinari e degli agricoltori.


Gli antimicrobici

Gli antimicrobici sono sostanze usate per uccidere i microrganismi o per arrestarne la crescita e la proliferazione. Essi vengono utilizzati comunemente in medicina umana e veterinaria per la cura delle malattie infettive, ad esempio sotto forma di antibiotici. Trattamenti antimicrobici vengono inoltre impiegati nei vegetali e negli alimenti, ad esempio sotto forma di biocidi contro i microbi patogeni, alcuni dei quali responsabili di tossinfezioni alimentari come la Salmonella, il Campylobacter e la Listeria. La “resistenza agli antimicrobici” è la capacità dei microbi di resistere ai trattamenti antimicrobici e costituisce motivo di preoccupazione nella comunità scientifica e tra i responsabili delle politiche in quanto si è rilevato che un uso eccessivo o scorretto dei trattamenti antibiotici è collegato alla comparsa e alla diffusione di microbi resistenti agli antibiotici stessi, con conseguente perdita di efficacia dei trattamenti diretti contro tali microbi. Questa situazione può costituire un grave rischio per la salute pubblica; un esempio ben noto al riguardo è costituito dal batterio Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA), di cui sono stati segnalati ceppi resistenti a varie classi di antimicrobici.

Nel campo della sicurezza alimentare le autorità responsabili delle politiche devono individuare qualsiasi potenziale rischio per i consumatori e mettere in atto le più opportune azioni di controllo per ridurre il rischio associato allo sviluppo di resistenza agli antimicrobici.

Scienziati e valutatori del rischio stanno esaminando i vari fattori che possono portare alla comparsa o alla diffusione di resistenza agli antimicrobici attraverso la catena alimentare, per fornire opportuna consulenza scientifica a quanti sono responsabili di prendere decisioni in merito.


Quadro comunitario

Nel 2001 la Commissione europea ha inaugurato una strategia comunitaria contro la resistenza agli agenti antimicrobici per la salute umana, animale e vegetale. Essa prevedeva la graduale cessazione dell’uso veterinario degli antibiotici per scopi non medici e un ampio spettro di azioni a livello comunitario e nazionale per la raccolta di dati, la sorveglianza, la ricerca e la sensibilizzazione del pubblico. Una successiva raccomandazione del Consiglio per un uso prudente degli antibiotici adottata nel 2002 indicava le misure di medicina umana che gli Stati Membri potrebbero adottare per ridurre la resistenza agli antimicrobici. Nel settore della sicurezza alimentare è in vigore una serie di misure per la gestione dei rischi. Dal gennaio 2006 la normativa comunitaria sull’alimentazione degli animali vieta l’uso degli antibiotici come promotori di crescita nei mangimi.

La normativa comunitaria sulle zoonosi, malattie o infezioni animali che possono essere trasmesse all’uomo, come la Salmonella, fa obbligo agli Stati Membri di monitorare l’andamento della resistenza agli antimicrobici nelle zoonosi e in altri agenti che costituiscano una minaccia per la salute pubblica. A livello internazionale i Paesi cooperano tramite una task force intergovernativa sulla resistenza agli antimicrobici della Commissione del Codex alimentarius, all’interno della quale l’UE è rappresentata dalla Commissione europea.


Henry Borzi



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