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L'ennesimo attacco mediatico alla carne e alla zootecnia italiana

Il presidente del Consorzio L’Italia Zootecnica, Fabiano Barbisan, ha inviato una lettera aperta al direttore del quotidiano La Repubblica, Ezio Mauro, facendo seguito alla pubblicazione dell’articolo “Se la fabbrica della bistecca produce anche lo shampoo” a firma di Carlo Petrini e Gianni Mura in data 15 aprile 2011 e del servizio di Monica Rubino “Meno carne e più uova bio nelle mense di scuole e uffici” apparso su La Repubblica.it, canale Salute, in data 11 aprile scorso. Qui riportiamo il testo integrale del presidente Barbisan, in rappresentanza dell’Unione Nazionale tra le Organizzazioni Produttori e Associazioni Produttori di Carne Bovina.

Egregio Direttore,

rasenta l’incredibile ciò che sta succedendo contro la zootecnia bovina da carne: un vero e proprio attacco per distruggere il sistema di allevamento italiano.

Spiace che ampio spazio venga dedicato dal suo giornale ai detrattori animati da ideologie (animalisti, vegetariani, vegani, e adesso anche il sig. Petrini di Slow Food) mentre nessun giornalista si documenta con inchieste serie (e non per fare solo sensazione e spaventare i lettori) su cosa realmente significhi allevare i bovini con metodo protetto, ossia quello che il sig. Petrini dalle pagine del suo giornale definisce intensivo e in maniera offensiva associa a “fabbriche di shampoo”.

Noi allevatori e chi ne capisce qualcosa di zootecnia bovina da carne, per corretta informazione, lo definiamo allevamento protetto, perché i bovini sono al centro della nostra attenzione. Nelle nostre stalle i vitelloni sono protetti dai parassiti, bevono acqua potabile, mangiano alimenti controllati (cereali), se hanno problemi di salute vengono curati e monitorati da medici veterinari specializzati, vivono in un ambiente che riduce al minimo infortuni e malattie, sono controllati e accuditi giornalmente. Non potrebbe essere diverso visto che sono animali destinati all’alimentazione umana (anche per le bistecche di Slow Food), allevati e commercializzati per dare un giusto reddito all’imprenditore agricolo che ha scelto di fare questa professione che milioni di consumatori, onnivori, apprezzano. E a proposito di Lav, vegetariani e vegani ecc…, si sono mai preoccupati di verificare le condizione di “benessere umano” dei raccoglitori di pomodori in certe aree del nostro Paese?

Mi piacerebbe che il sig. Petrini di Slow Food, Roberta Bartocci e Paola Segurini del settore Vegetarismo della Lav, che vogliono la “svolta vegetariana”, e tutti coloro che la pensano come loro, trovino il tempo per venire a vedere ciò che affermo. Vengano di persona nel mio allevamento o, se credono, da qualsiasi altro socio di Unicarve o del Consorzio L’Italia Zootecnica, si facciano accompagnare da giornalisti che sanno distinguere un toro da una vacca ed io sarò ben lieto di coinvolgerli in un esempio concreto: sono pronto a mettere a loro disposizione un prato verde vicino alla stalla, con qualche albero qua e là, e a ospitarli per “campeggiare”. Potranno, quando hanno sete, bere l’acqua da una vecchia cisterna a cielo aperto collocata nel prato, oppure dalle immancabili pozzanghere che si formano quando piove, ovviamente non immuni all’urina, sempre presente dove razzolano animali; potranno mangiare raccogliendo il cibo da terra e tutto ciò che trovano, ovviamente senza pulirlo dalla polvere (piogge acide comprese), senza tovaglia, tavolino e portavivande. Ovviamente sono vietate tende da campeggio, sacchi a pelo, spray antizanzare, borracce d’acqua potabile, cibo confezionato, tutte cose da gente “imborghesita”, non da veraci ambientalisti.

Ma il sig. Petrini fa parte anche lui della schiera che demonizza per vendere di più il “suo prodotto”? Pensa veramente ciò che scrive dalle pagine di Repubblica per pubblicizzare i suoi meeting, sparando titoli assurdi come quello letto il 15 aprile scorso: “Se la fabbrica della bistecca produce anche shampoo”? Per restare in tema, anzi in “titolo”, non vedo che male c’è se, anziché sprecare parti di animale non destinabili all’alimentazione umana, l’industria ne trae materie che valorizzano ciò che diventerebbe scarto da smaltire a costi da rifiuti speciali, che poi pesano su produttori e consumatori. Ogni affermazione del sig. Petrini può essere confutata, basta solo che abbia la bontà di confrontarsi con chi di mestiere fa l’allevatore e lo fa seriamente, con poche chiacchiere e molti fatti. E, a proposito, un aspetto da non dimenticare è che i ruminanti (il Signore li ha dotati di questa peculiarità), attraverso il loro apparato digerente, trasformano la fibra in proteina e, per noi produttori, la canna del mais in carne, dato che, opportunamente triturata e conservata, diviene l’alimento base per avere dell’ottima carne da bistecche. È un danno all’ambiente o verso i cittadini? Credo sicuramente di no, visto che si può trarne un giovamento economico ed ambientale, oltre che avere un prodotto finale di “valore”. L’alternativa? Gli stocchi del mais fermenterebbero a cielo aperto, producendo quello che il sig. Petrini vuole evitare: metano, cioè “gas serra”.

Ritengo, caro Direttore, che la zootecnia sia sotto attacco perché, sempre su Repubblica, abbiamo letto l’11 aprile un altro titolo inquietante contro di noi: “Meno carne e più uova nelle mense di scuole e uffici pubblici. Svolta vegetariana del Ministero dell’Ambiente, che va incontro alle richieste degli animalisti e introduce nuovi criteri nella scelta delle forniture alimentari per la ristorazione nella Pubblica Amministrazione. Le ditte più ‘ambientaliste’ guadagneranno punti nelle gare d’appalto”. Premesso che non mi va di disquisire sui prodotti biologici o presunti tali, apprendo con stupore da tale articolo che il Ministero dell’Ambiente intende sostituirsi al Ministero della Salute nello stabilire la qualità/nutrizione dei cibi nelle mense scolastiche e, probabilmente, quello dell’Agricoltura sta a guardare. Dato che non sono un nutrizionista, chiedo alle “esperte Lav” se sia intelligente e corretto verso gli studenti in fase di sviluppo fisico (già con qualche punta di obesità diffusa) limitare le proteine nobili tratte dalla carne. Credo che i nostri anziani (mio padre, a 85 anni, alle 7 del mattino, gira i campi per verificare l’andamento delle semine) inorridiscano al sentire le elucubrazioni mentali fatte da buontemponi salottieri contro la preziosa fettina, considerata da costoro alla stregua di cibo per cani.

Se il Ministero dell’Ambiente non smentisce la “svolta vegetariana”, la notizia ha dell’incredibile e dimostra quanta confusione, quanta superficialità alberga nelle Istituzioni e come la politica offra il destro a chi “opera contro qualcuno” anziché adoperarsi per far rispettare le professioni e prima ancora fornire corrette informazioni ai consumatori. Ma perché certa stampa non prova ad informarsi meglio, sentendo più fonti, anche quelle che possono risultare “sgradite” perché non danno ragione?

Ad esempio, il prof. Giuseppe Polina, presidente dell’Associazione per le Scienze e le Produzioni Animali (ASPA), da recenti studi scientifici afferma che le attuali pratiche di allevamento intensivo (cioè, protetto) garantiscono, oltreché un’alimentazione bilanciata e sicura per l’animale, anche le migliori condizioni di benessere animale e consentono di ridurre la produzione di gas serra e di nitrati; inoltre, le più recenti attività di ricerca, pubblicate su prestigiose riviste scientifiche, hanno evidenziato in maniera inconfutabile che il consumo di carne rossa e di altri alimenti di origine animale non rappresentano un fattore di rischio per patologie degenerative quali tumore, diabete e malattie cardiovascolari. Il prof. Pulina ricorda anche che l’ASPA si è attivata con l’istituzione di una commissione di studio “Impronta Ecologica e Produzioni Zootecniche” con lo scopo di fornire ai cittadini informazioni obiettive e scientifiche provate sul contributo della zootecnia per la riduzione dei gas serra.

Il prof. Bruno Stefanon, preside della Facoltà di Medicina Veterinaria di Udine e rappresentante per l’Italia dell’Associazione Europea di Produzione Animale (EAAP) con sede a Roma, ribadisce, nell’ambito delle ricerche scientifiche da lui svolte, che le condizioni degli attuali allevamenti italiani ed europei garantiscono gli standard di benessere, sicurezza alimentare e riduzione (controllo) dei gas serra, per una migliore sostenibilità ambientale. Infatti, a parere del prof. Stefanon, la carne rossa contiene dei composti funzionali in grado di svolgere un ruolo positivo nella risposta fisiologica dell’uomo.

Il prof. Pierpaolo Pavan, esperto della nutrizione presso l’ULSS 17 del Veneto, afferma «che la carne è importante nell’alimentazione umana perché apporta calorie e proteine ad alto valore biologico, che sono fondamentali per una buona nutrizione, anche alternate nel menù settimanale con altre carni di diverso tipo e di diverso taglio». Il prof. Pavan ricorda nei suoi interventi che la carne rifornisce il nostro corpo di ferro (i vegetali, che pure forniscono ferro e zinco, contengono però anche fitati e fosfati che limitano l’assorbimento di questi importanti elementi) ed è preziosa anche per l’apporto di amminoacidi ramificati; quindi è importante differenziare il consumo di proteine animali, ovviamente senza esagerare nelle dosi. «Nello stesso tempo — afferma il prof. Pavan — bisogna tenere presente che l’abolizione totale della carne ci espone a dei rischi, quindi, alla luce di queste autorevoli considerazioni, non appare logico abolire le carni dalle mense scolastiche, anche perché i giovani consumatori sono in fase di crescita e necessitano di buoni apporti dal punto di vista delle proteine ad alto valore biologico. Inoltre, i menù delle mense scolastiche sono controllati e validati dai Servizi di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione delle ULSS che verificano costantemente gli apporti nutrizionali, la qualità e la frequenza del cibo servito. In quest’ottica certamente non si può pensare che nelle nostre scuole vi sia un eccessivo consumo di carne, ma, nella corretta regola della varietà, la carne è proposta con la giusta frequenza e lo slogan “meno carne e più uova bio nelle mense” — afferma il prof. Pavan, da noi interpellato — non risponde alle reali esigenze della corretta alimentazione in età scolare, che è assolutamente garantita dai capitolati d’appalto espletati secondo le linee guida regionali che prevedono un “ragionevole” consumo di carne rossa».

Viene il sospetto che tanta faziosità e contrarietà da parte di chi scrive attaccando la nostra zootecnia bovina da carne e ponendosi in relazione così negativa nei confronti di un alimento tanto prezioso per l’umanità, a mio modesto parere, nasconda una ricerca spasmodica (di certe “penne”) di farsi conoscere, creando mostruosità, scandali falsi e pretestuosi, per “farsi leggere”, comunque. Anche a danno di una produzione zootecnica nazionale, ritenuta un fiore all’occhiello della nostra agricoltura, anche dall’Europa.

Per ultimo, dico al sig. Petrini che valuti se il “Sistema Italiano” è garante per la sicurezza alimentare dei consumatori e lo confronti con altri “Sistemi di produzione”, tipo quelli degli “enormi pascoli argentini o brasiliani”, e si ricordi l’esempio riportato sopra del “campeggio”.

Spero, caro direttore dott. Mauro, che in futuro voglia dedicare un po’ di spazio anche a noi allevatori. Nell’immediato non pretendo che pubblichi tutta la mia lettera, ma che, almeno, incarichi un giornalista di andare a fare una chiacchierata con gli allevatori, magari sporcandosi le scarpe di terra. Spero anche di ricevere qualche comunicazione dai Ministeri interessati per capire se i miei figli potranno continuare a lavorare nell’azienda di famiglia, oppure mi vedrò costretto a dire loro di cambiare mestiere.

Grazie per l’attenzione.

Il Presidente
Fabiano Barbisan



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