Sono un patrimonio di storia, tradizione mediterranea ed eredità culturale nonché un comparto strategico del made in Italy con un retaggio antico e un saper fare unico al mondo. Il settore delle conserve ittiche fa scuola nel mondo, rappresentando un valore per il territorio e per il nostro Paese. E quello del tonno in scatola, che guida produzione e consumo, si conferma come uno dei settori più virtuosi dell’industria alimentare italiana: l’Italia è il secondo produttore europeo dopo la Spagna, nonché uno dei più importanti mercati per il consumo di questo alimento a livello globale. Ma sono anche acciughe sotto sale e sottolio, sgombri, sardine, salmone, vongole e antipasti di mare a fare del comparto il simbolo della tradizione gastronomica italiana, contribuendo al prestigio del made in Italy in tutto il mondo.
Eppure, caro prezzi, inflazione e inarrestabile aumento dei costi produttivi hanno avuto il loro impatto. Secondo le elaborazioni di ANCIT (Associazione nazionale conservieri ittici), l’industria del tonno in scatola nel 2022 ha registrato una produzione nazionale di 77.411 tonnellate, in flessione del –7,70% sul 2021 e il volume del prodotto totale disponibile per il mercato italiano è sceso a 150.660 tonnellate (–5% sul 2021), circa 2,55 kg di consumo pro capite, mentre i consumi sul canale retail (GDO + Discount) hanno sostanzialmente tenuto, a fronte di un valore totale di mercato, che include tutti i canali, di circa 1.550 milioni di euro (+11,91% sul 2021), per un settore che conta circa 1.500 addetti.
Nello stesso arco di tempo, le esportazioni hanno raggiunto quota 31.824 tonnellate (–4,47%), in cui prevalgono i Paesi dell’UE come Germania e Grecia, sui Paesi Terzi come Canada, Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Mentre le importazioni sono cresciute a 100.613 tonnellate (+7,86%).
Per quanto riguarda il comparto conserviero ittico che, oltre al tonno in scatola, comprende anche le altre conserve, quali sgombri, acciughe, sardine, si stima un fatturato 2022 di circa 1.875 milioni di euro (+5,33% sul 2021). «Il settore ha resistito contenendo al massimo l’impatto ma ha risentito pesantemente della crisi in atto» ha commentato Simone Legnani, presidente di Ancit. «Scendendo nel dettaglio, il fatturato è aumentato perché guidato dall’inflazione e la produzione italiana è diminuita rispetto agli anni precedenti pur rimanendo positiva rispetto al pre-Covid, mentre il consumo, soprattutto a livello pro capite, si è riallineato con il 2019.
Anche le esportazioni hanno subito un arresto al trend di crescita e le importazioni sono aumentate come conseguenza ovvia della situazione. Benché il nostro settore si sia comportato meglio di altri, permane forte la preoccupazione che il 2023 confermi le tendenze del 2022. Il panorama produttivo è diversificato e, solo per il tonno all’olio d’oliva, i costi di produzione sono aumentati mediamente del 20-30%; di questi, solo la metà è stata assorbita dalla GDO con relativa contrattazione, la restante parte è stata assorbita dalle aziende. E, purtroppo, l’incremento di alcune materie prime, in particolare dell’olio, lascia presumere che la situazione si accentuerà ulteriormente».
L’impegno del settore: garantire gli stessi standard qualitativi di sempre
I costi dell’attività produttiva hanno raggiunto livelli intollerabili. Pur non risultando un settore altamente energivoro, il settore conserviero ittico ha sofferto i continui rialzi energetici dell’ultimo anno, delle materie prime utilizzate dal comparto a partire dal pesce, fino all’olio ed ai materiali di imballaggio (lattine, vasetti in vetro, carta che sono prodotte da filiere energivore). Inoltre, ulteriore elemento di criticità, la scarsezza di piogge che ha colpito l’Europa ha determinato un raccolto di olive scarso con ripercussioni sulla disponibilità di olio di oliva, il cui impiego è indice di tradizione, e con conseguente sensibile incremento del prezzo che oscilla tra i 6 e i 9 euro al chilo (fonte: Ismea, quotazione del 16 maggio 2023). Si tratta di un aumento incontrollato di una delle materie prime secondarie. Nella seconda parte del 2022, a peggiorare ulteriormente le cose, si è aggiunto l’apprezzamento del dollaro USA nei confronti dell’euro.
«Temiamo che questa situazione permanga e che caratterizzi anche la seconda parte di quest’anno —continua Legnani — ma faremo di tutto per contenere ancora l’impatto negativo, compatibilmente con le difficoltà che ci troveremo a fronteggiare. Quella delle conserve ittiche è una filiera e proprio le sue caratteristiche non ci consentono di vedere la luce a breve termine. A fronte di questo scenario, non possiamo che sperare in una riduzione dei costi a monte».
Il settore chiede anche un aiuto alle istituzioni per superare l’ingiusta penalizzazione che colpisce le industrie che trasformano e commercializzano prodotti ittici in materia di aiuti di “stato de minimis”. «Dobbiamo poter beneficiare degli stessi massimali previsti per le altre imprese, a partire dal quadro temporaneo di aiuti alle imprese concesse a seguito dell’aggressione della Russia all’Ucraina. Nonostante tutto — conclude Legnani — il nostro impegno sarà quello di continuare a garantire al consumatore la sicurezza alimentare, la qualità, l’eccellenza e gli stessi standard alti per cui tonno in scatola e conserve ittiche sono fortemente apprezzati anche in momenti di difficoltà».
È la conferma che l’incremento dei costi non avrà alcuna conseguenza sulla qualità e che il tonno in scatola continuerà ad essere un alimento accessibile a tutti, versatile, pratico e di un ricco profilo nutrizionale (Omega-3, vitamina D), prezioso come fonte proteica (25,2 grammi per 100 grammi di prodotto sgocciolato) a fronte di un costo contenuto.
Grazie alla capacità di resilienza di questo settore e la responsabilità dell’industria, i conservieri ittici confidano di non far mai mancare il tonno in scatola sulle tavole agli Italiani, riuscendo ad assorbire gran parte dell’aumento fuori controllo dei costi di produzione e contenendo al minimo le ricadute sul consumatore.
Innovazione verso tradizione: il capitale umano dietro una scatoletta di tonno
La storia delle conserve ittiche è frutto di secoli di memoria e cultura di un Paese, tramandati di generazione in generazione: un saper fare antico che risponde a regole precise, ancora valide. Il comparto delle conserve ittiche ha saputo evolversi, adeguandosi alle esigenze moderne, con l’avvento di nuove tecnologie e tecniche di produzione che hanno permesso di innalzare ai massimi livelli gli standard qualitativi e igienico-sanitari, pur restando fedele alla tradizione. Macchine di ultima generazione a raggi infrarossi, impianti automatizzati, barriere tecnologiche alle contaminazioni, certificazioni di qualità, protocolli sanitari per l’alimentazione: anche se l’innovazione ha fatto passi da gigante, in tutti i processi, anche i più automatizzati, è l’elemento umano ad essere insostituibile per controllare un sistema di produzione sempre più complesso e sono tante le professionalità che concorrono al successo della scatoletta di tonno.
Una curiosità: nell’industria ittica è alta la presenza di personale femminile. Uno dei patrimoni del comparto è rappresentato, infatti, in maniera esemplare dalla capacità e dall’abilità delle donne. Tradizionalmente, merito della grazia e delicatezza delle mani femminili, le donne erano addette soprattutto alla pulitura e selezione dei tranci di tonno per l’inscatolamento e alla cosiddetta “arringatura” delle alici. Oggi a queste figure, con l’evoluzione del settore, se ne affiancano anche altre che rivestono ruoli di responsabilità e compiti direttivi nella produzione e nell’amministrazione. Il settore delle conserve ittiche, per la sua storia, da sempre applica il sistema delle “quote rosa”.
Fonte: ANCIT – Associazione
Nazionale Conservieri Ittici
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