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Il mercato ittico dell’UE

di Redazione


Durano gli effetti della pandemia sul consumo di prodotti ittici
Nel 2021, la spesa delle famiglie dell’UE-27 per prodotti della pesca e dell’acquacoltura è aumentata del 7% rispetto al 2020, confermando l’andamento crescente già registrato dal 2019 al 2020. Il tasso di crescita della spesa per tali prodotti ha superato di gran lunga quello registrato dai loro prezzi (+1,5%), il che indica che l’aumento non è solo dovuto all’inflazione, ma che le famiglie UE hanno effettivamente speso di più per l’acquisto di prodotti ittici. Infatti, le famiglie UE hanno dovuto trascorrere più tempo in casa per il protrarsi della pandemia di Covid-19, e questo molto probabilmente ha inciso sul consumo domestico. Inoltre, secondo le stime di Euromonitor, per i prodotti ittici processati è in crescita anche il consumo fuori casa tramite i servizi di ristorazione (+15% dal 2020 al 2021), e se ne prevede una stabilizzazione solo nel periodo 2024-2026.

Deterioramento del saldo commerciale dell’UE

Il 2021 è stato caratterizzato da un incremento del valore totale dei flussi commerciali dell’UE di prodotti ittici (importazioni extra-UE + esportazioni extra-UE + flussi commerciali intra-UE), dovuto all’inizio della ripresa economica dalla pandemia di Covid-19 iniziata l’anno precedente. Occorre precisare che, sebbene la maggior parte delle transazioni sia effettuata in dollari statunitensi (USD) o in corone norvegesi (NOK), in questo rapporto i dati sono riportati in euro (EUR). Osservando l’andamento dei tassi di cambio mensili, si può notare che l’euro si sia rafforzato nel corso del 2020, per poi subire un leggero calo nel 2021, pur mantenendo un valore superiore a quello del 2019. C’è stato poi un crollo iniziato nel febbraio 2022, a seguito dell’aggressione militare russa in Ucraina. Nel 2021, a causa sia dell’aumento delle importazioni sia della diminuzione delle esportazioni, il valore del disavanzo commerciale dell’UE (esportazioni extra-UE meno importazioni extra-UE) è aumentato del 10%, ossia di 1,80 miliardi di euro, rispetto al 2020, mentre in termini reali è aumentato del 31% rispetto a dieci anni prima.
Gli Stati Uniti hanno registrato un aumento delle importazioni e una diminuzione delle esportazioni, e per la prima volta in dieci anni sono stati il principale importatore netto di prodotti ittici nel mondo. Subito dopo troviamo l’UE, dove l’aumento delle importazioni è stato meno significativo. Infatti, dal 2020 al 2021, le importazioni UE di prodotti ittici sono aumentate più in termini di valore che di volume a causa di un aumento dei loro prezzi medi, un rincaro che può essere in parte spiegato dal deprezzamento del 5% dell’euro rispetto alla corona norvegese nel corso del 2021 che ha reso le importazioni dalla Norvegia più costose.
Non solo: la Norvegia è uno dei paesi da cui l’UE importa le quantità più elevate di prodotti ittici, quindi l’apprezzamento della valuta norvegese ha contribuito ampiamente all’aumento complessivo del valore delle importazioni extra-UE, a fronte di una certa stabilità in termini di volumi importati. Si è registrato inoltre un aumento significativo delle importazioni delle specie più pregiate, destinate principalmente al settore Ho.re.ca.

2021, anno record per i flussi intra-UE di prodotti ittici
Nel 2021, per la prima volta in dieci anni, le esportazioni intra-UE hanno superato le importazioni da paesi terzi. In confronto al 2020, il valore dei flussi commerciali fra Stati membri è cresciuto del 15%, ossia di 3,4 milioni di euro. Questo potrebbe essere stato dovuto ad un aumento della produzione UE e quindi ad un intensificarsi degli scambi interni all’Unione. Infatti, le esportazioni intra-UE sono aumentate più di quanto sono aumentate le importazioni da paesi terzi, sia in termini di volume che di valore. Tuttavia, non è ancora possibile confermare questa lettura, poiché i dati consolidati sulla produzione ittica nell’UE sono disponibili solo fino al 2020.
È invece possibile dimostrare che i flussi commerciali di prodotti ittici all’interno dell’UE consistono in gran parte in ri-esportazioni di prodotti originariamente importati da Paesi Terzi che sono spesso oggetto di molteplici scambi e fasi di lavorazione da parte degli Stati Membri una volta entrati nel mercato UE. Il valore aggiunto lungo le catene di approvvigionamento, spesso anche molto complesse, assieme alla moltiplicazione dei flussi transfrontalieri, contribuisce infatti a gonfiarne il valore.

Minimi decennali per l’approvvigionamento e per il consumo apparente
Ogni anno, EUMOFA stima l’offerta totale di prodotti della pesca e dell’acquacoltura per i consumatori dell’UE (catture + produzione acquicola + importazioni; in linea con le linee guida di Eurostat sulla produzione e la diffusione di dati statistici da parte dei servizi della Commissione dopo il recesso del Regno Unito dall’UE, poiché il periodo di riferimento più recente è il 2020, il Regno Unito è escluso dalle aggregazioni UE di ogni anno. Inoltre, i dati dell’UE includono la Croazia dal 2013, data dell’allargamento dell’UE a questo Paese). Sottraendo le esportazioni, questa formula fornisce un’approssimazione del consumo apparente nell’UE. Come già detto, i dati consolidati sulla produzione ittica nell’UE sono disponibili fino al 2020, pertanto anche queste stime sono state elaborate fino al 2020.
Dal 2019 al 2020, sono crollate sia le importazioni che la produzione di prodotti ittici, ed è stata proprio la diminuzione della produzione interna a contribuire maggiormente alla diminuzione dell’offerta totale di prodotti ittici, che nel 2020 ha raggiunto uno dei valori più bassi in dieci anni.
Anche in questo caso, l’andamento negativo è uno degli effetti che la pandemia di Covid-19 ha avuto sul settore. Infatti, la pandemia ha reso più complessa la logistica nei diversi stadi della catena di approvvigionamento e nei flussi internazionali di merci, e le attività produttive, in particolar modo la pesca. Le esportazioni sono diminuite a loro volta; ciononostante, nel 2020 il consumo apparente nell’UE si è attestato al minimo decennale di 10,41 milioni di tonnellate di peso vivo equivalente.
Per quanto riguarda il consumo pro capite, si stima una diminuzione di 1,7 kg di peso vivo dal 2019, che l’ha portato ad un totale di 23,28 kg (di cui 16,79 kg costituiti da prodotti selvatici e 6,49 kg da prodotti di allevamento). Secondo le stime di EUMOFA e delle amministrazioni nazionali, ancora una volta il Portogallo si è distinto come il principale consumatore UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura, nonostante un consumo apparente inferiore rispetto a quello del 2019. Contrariamente alla tendenza negativa a livello UE, alcuni Paesi hanno riportato lievi aumenti di consumo apparente, il più alto tra i quali quello stimato per la Bulgaria (+6%). Gli sbarchi di prodotti ittici, ivi compresi quelli di specie non destinate all’uso alimentare e quelli di alghe, hanno raggiunto 3,55 milioni di tonnellate, per un valore di 5,36 miliardi di euro. Si tratta del valore più basso registrato nel periodo 2011-2020, sia in termini nominali che in termini reali, un minimo decennale probabilmente dovuto sia agli effetti della pandemia di Covid-19, che ha causato una riduzione degli sforzi di pesca sia ad una generale riduzione delle relative quote dal 2019 al 2020.

Dinamiche recenti per alcune specie principali
Il valore delle importazioni UE di salmone è aumentato di quasi il 10% dal 2020 al 2021, fino a raggiungere un picco storico di 6,5 miliardi di euro. In termini di volume, si è registrato un aumento meno significativo (+2%), il che indica che l’aumento ha riguardato prodotti destinati al settore dell’Ho.re.ca., in ripresa dopo le chiusure del 2020 dovute alla pandemia di Covid-19. Le importazioni dalla Norvegia e dalle Isole Faroe sono state le principali responsabili dell’aumento del valore e del volume delle importazioni di salmone nel 2021.
Un’altra specie importante per il settore UE della trasformazione ittica è il pollack d’Alaska. Nel 2021, le importazioni UE hanno toccato il minimo decennale di 266.305 tonnellate, con un calo del 4% rispetto al 2020. Una probabile causa di questa riduzione risiede nella minore accessibilità del prodotto dalla Cina a seguito della chiusura dei porti cinesi alla Federazione Russa e delle misure restrittive per il Covid adottate da Pechino. Inoltre, durante la pandemia, il pollack prodotto negli Stati Uniti ha guadagnato popolarità nel suo mercato interno potendo contare su un prezzo favorevole, con una conseguente riduzione della disponibilità di tale prodotto sul mercato UE. Allo stesso tempo però, dal 2020 al 2021, sono aumentate le importazioni UE di pollack d’Alaska dalla Russia, a tassi di crescita del 29% in termini di volume e del 31% in termini di valore, e nella prima metà del 2022, nonostante la guerra con cui la Russia ha aggredito l’Ucraina, esse hanno toccato dei picchi storici (a settembre 2022, l’Unione Europea ha vietato solo le importazioni di caviale russo e dei suoi sostituti e di alcuni crostacei).
Nel 2020, per la prima volta, le importazioni UE di filetti di tonno avevano superato quelle di tonni interi ed è stato così anche nel 2021: le importazioni di filetti si sono attestate agli stessi volumi che avevano registrato nel 2020, ovvero circa 190.000 tonnellate, mentre quelle di tonni interi sono crollate del 21% rispetto all’anno precedente. A fine agosto 2022, il divario tra le due categorie era ancora più ampio. Dal 2020 al 2021, i prezzi all’importazione del tonno intero e del tonno in filetti sono aumentati rispettivamente del 7% e del 3%, pur rimanendo a livelli inferiori a quelli registrati nei due anni precedenti alla pandemia. Nei primi otto mesi del 2022, si sono registrati nuovi rincari.
Nel 2021, le esportazioni UE di sgombro atlantico hanno raggiunto il valore più alto degli ultimi quattro anni, ovvero 180.169 tonnellate. Il prezzo medio all’esportazione ha raggiunto 1,69 e/kg, con un calo del 3% rispetto al 2020. Nei primi otto mesi del 2022, poi, i prezzi sono aumentati di circa il 20%, sostenuti dalla forte domanda dei mercati asiatici e africani. Per il 2022, il CIEM (Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare) ha proposto una riduzione del 7% delle quote di pesca dello sgombro atlantico, per un totale di 794.920 tonnellate. Come per il 2021, gli Stati costieri che pescano lo sgombro atlantico non sono riusciti a raggiungere un accordo sulle quote. Per la fine di settembre 2022, gli sbarchi di questa specie in Norvegia, Islanda, Isole Faroe e Regno Unito avevano registrato un aumento del 3% rispetto allo stesso periodo del 2020.
Si stima che nel 2021, la produzione acquicola di spigola e orata dell’UE sia aumentata più della produzione mondiale (ivi compresa quella dell’UE; fonte: Kontali, Rapporto mensile su spigole e orate, ottobre 2022. Infatti, la produzione dell’UE è aumentata di circa il 10%, mentre la produzione mondiale del 5%. In confronto al 2020, i flussi commerciali tra Stati Membri hanno registrato un aumento del 6% dei prezzi per la spigola, mentre i prezzi dell’orata hanno subito un ribasso del 3%. Si prevede che la produzione UE di entrambe le specie continuerà a crescere nel 2022, ad un tasso annuo compreso fra il 3% e il 7%.
Come per molte altre specie, i prezzi delle esportazioni intra-UE della spigola e dell’orata sono aumentati vertiginosamente nella prima metà del 2022 (dati fino ad agosto 2022), registrando rincari del 21% e del 12%, rispettivamente.

Tendenze macroeconomiche
A differenza del 2020, nel 2021 l’euro si è deprezzato rispetto a tre valute importanti per gli operatori del settore ittico, ovvero la corona islandese, la sterlina britannica e la corona norvegese, mentre si è apprezzato rispetto al dollaro statunitense. Più nel dettaglio, si è apprezzato di quasi il 4% rispetto al dollaro statunitense, ma si è deprezzato del 3% rispetto alla sterlina britannica, del 5% rispetto alla corona norvegese e del 3% rispetto alla corona islandese. Dopodiché nei primi tre trimestri del 2022, si è deprezzato nei confronti di tutte e quattro le valute.
Il tasso di interesse della Banca centrale europea (BCE) è rimasto fisso a –0,5% da settembre 2019 a luglio 2022. Da luglio 2022 a novembre 2022, il tasso è stato aumentato tre volte per contenere l’inflazione, fino a raggiungere l’1,5%. Complessivamente, nell’UE-27, l’inflazione è passata dallo 0,7% nel 2020 al 2,9% nel 2021. Tuttavia, ha subito un’accelerazione nel 2022 e a settembre il tasso medio su 12 mesi ha raggiunto il 7,7%.
Dopo il crollo dei prezzi del gasolio per uso marittimo nel 2020, causato dal calo della domanda durante la pandemia di Covid-19, i prezzi hanno iniziato a salire nel 2021, portando gradualmente a un aumento del costo del carburante per la flotta di pesca dell’UE. In media, i prezzi dei carburanti per uso marittimo sono aumentati del 48% dal 2020 al 2021, pur rimanendo leggermente inferiori alla media del 2019. Tuttavia, nel 2022, a causa dell’aggressione militare russa in Ucraina, i prezzi dell’energia, ivi compresi quelli del carburante per uso marittimo, sono saliti a livelli record. Nei primi nove mesi del 2022 sono più che raddoppiati rispetto al 2021, raggiungendo una media di quasi 1,00 e/l e arrivando anche a toccare dei picchi ben superiori (fonte: Dashboard macroeconomica di EUMOFA). L’indice dei prezzi al consumo dei prodotti ittici nell’UE ha registrato una tendenza al rialzo nel 2021. Da gennaio 2021 a dicembre 2021, i prezzi sono aumentati del 2,4%, ma nei primi nove mesi del 2022 sono aumentati addirittura dell’8,3%. Il 2021 è stato a tutti gli effetti il primo anno col Regno Unito fuori dall’UE. Ad inizio anno, questo ha determinato il verificarsi di ritardi significativi alle frontiere. Poi la situazione è progressivamente tornata alla normalità, anche se le barriere non tariffarie successive alla Brexit (come ad esempio i dazi amministrativi o sanitari) hanno avuto un impatto negativo sui flussi commerciali. Infatti, le importazioni UE di prodotti ittici dal Regno Unito sono diminuite dell’11% in volume e del 14% in valore dal 2020 al 2021, e le esportazioni sono crollate del 29% in volume e del 38% in valore.

Con 23,28 kg di peso vivo, nel 2020 il consumo apparente pro capite ha raggiunto il livello più basso degli ultimi dieci anni
Nel 2020, il consumo apparente di prodotti della pesca e dell’acquacoltura nell’UE è sceso a 10,41 milioni di tonnellate di peso vivo, continuando la tendenza al ribasso iniziata nel 2018. Il consumo di prodotti catturati ha rappresentato il 70% del totale, con 7,52 milioni di tonnellate di peso vivo, mentre quello di prodotti acquicoli il 30%, con 2,90 milioni di tonnellate di peso vivo. Nel complesso, il consumo apparente di prodotti ittici nell’UE è diminuito del 6% dal 2019 al 2020, riducendosi di circa 720.000 tonnellate di peso vivo. Questo crollo è stato dovuto sia ad una minore produzione della pesca e dell’acquacoltura, sia ad una diminuzione delle importazioni da paesi terzi. L’andamento negativo della produzione e delle importazioni è uno degli effetti che la pandemia di Covid-19 ha avuto sul settore. Infatti, la pandemia ha reso più complessa la logistica nei diversi stadi della catena di approvvigionamento e nei flussi internazionali di merci, e le attività produttive, in particolar modo la pesca. Si stima che dal 2019 al 2020, il consumo apparente pro capite di prodotti ittici sia diminuito di più di 1,7 kg di peso vivo, arrivando a raggiungere un totale di 23,28 kg di peso vivo, ossia il livello più basso del decennio in analisi. Di questi, 16,79 kg di peso vivo costituiti da prodotti della pesca (–9% rispetto al 2019) e 6,49 kg di peso vivo da prodotti d’allevamento (+1%). Secondo le stime EUMOFA e delle fonti nazionali, il Portogallo è di gran lunga il paese in cui si consumano più prodotti della pesca e dell’acquacoltura all’interno dell’UE. Lo confermano anche le stime relative al 2020, nonostante mostrino un calo in confronto all’anno precedente. In contrasto con l’andamento negativo a livello UE, in alcuni Paesi il consumo apparente pro capite ha registrato lievi aumenti, il più significativo quello del 6% in Bulgaria (si veda Tabella a pagina 93).

Tonno
Il tonno è di gran lunga la specie più consumata all’interno dell’UE (il consumo apparente di salmone è in realtà al primo posto. Tuttavia, in questo capitolo, la dicitura “tonno” comprende diverse specie di tonno, quindi il consumo apparente totale di “tonno” è superiore a quello del salmone). Il suo consumo apparente è stato in media di 3,10 kg di peso vivo pro capite, con un picco decennale di 3,17 kg di peso vivo pro capite raggiunto nel 2019, a causa di un significativo aumento delle forniture da parte di Paesi Terzi. Nell’UE, infatti, si consuma prevalentemente tonno d’importazione, e solo in misura minore tonno prodotto internamente, che consiste principalmente in tonni catturati dalle flotte spagnola e francese.
Occorre però precisare che la maggior parte di tali catture viene sbarcata all’estero in prossimità delle zone di pesca, dove i tonni subiscono processi di trasformazione prima di essere esportati nuovamente. Si tratta prevalentemente di importazioni di tonno in scatola e più specificatamente di tonnetto striato, il cui consumo apparente ha raggiunto 1,64 kg di peso vivo pro capite nel 2020, e di tonno pinna gialla, il cui consumo apparente si è attestato a 980 grammi di peso vivo pro capite. Il calo del 3% di consumo pro capite di tonno registrato dal 2019 al 2020 è stato dovuto alla diminuzione delle catture.


Pesci demersiali

Merluzzo nordico, pollack d’Alaska, nasello, merluzzo carbonaro

Oltre un quinto del consumo apparente di prodotti ittici nell’UE è costituito da quattro specie demersali: il merluzzo nordico, il pollack d’Alaska, il nasello e il merluzzo carbonaro. Il consumo UE di merluzzo nordico dipende principalmente dalle importazioni. A partire dal picco di 2,40 kg di peso vivo pro capite registrato nel 2016, esso ha seguito un andamento al ribasso dovuto ad una diminuzione sia delle catture sia delle importazioni nel periodo 2017-2020. Nel 2020, ha raggiunto 1,72 kg di peso vivo pro capite, ovvero il suo livello più basso dopo quello del 2011. Ad essere diminuite sono state anche le catture e le importazioni di nasello, determinandone una riduzione in termini di consumo apparente: il livello raggiunto nel 2020, pari a 1,03 kg di peso vivo pro capite, è stato il secondo più basso del decennio analizzato. Il consumo apparente di pollack d’Alaska nell’UE è stimato semplicemente sottraendo alle importazioni alle esportazioni, in quanto non ne esiste una produzione propria da parte degli Stati Membri. Durante il decennio analizzato, esso si è mantenuto in media a 1,71 kg di peso vivo pro capite. In linea con una sostanziale stabilità delle importazioni e della produzione di merluzzo carbonaro, il consumo apparente di tale specie è rimasto pressoché stabile dal 2011, attestandosi nel 2020 a poco meno di 350 grammi di peso vivo pro capite, in leggero calo rispetto al 2019 dovuto sia alla minore produzione interna che alle minori importazioni.


Piccoli pelagici

Aringa, sgombro, sardina

La disponibilità di piccoli pelagici sul mercato UE è fondamentalmente legata all’andamento delle loro catture. L’aringa, ovvero la specie più consumata di questo gruppo di prodotti, è anche quella che mostra le catture più instabili nel tempo. Nel 2019 e nel 2020, il consumo apparente pro capite di aringa ha toccato due dei livelli più bassi del decennio analizzato, crollando, nel 2019, a 1,07 kg di peso vivo pro capite e, nel 2020, a 1,10 kg di peso vivo pro capite. Nel 2019, il calo rispetto al 2018 è stato dovuto alla diminuzione delle catture, ridottesi per effetto della riduzione del 35% delle quote di pesca dell’aringa nell’Atlantico nord-orientale (Baltico compreso), che ha interessato tutti i produttori principali, ovvero Danimarca, Paesi Bassi, Svezia, Germania e Polonia. Dall’altra parte, nel 2016, anno in cui le catture per uso alimentare avevano raggiunto picchi in due dei maggiori produttori, ossia Danimarca e Svezia, il consumo apparente di aringa aveva raggiunto il suo livello più elevato del decennio in analisi, ovvero 1,43 kg di peso vivo pro capite. Per quanto riguarda lo sgombro e la sardina, il consumo apparente annuo pro capite è rimasto inferiore ad 1 kg di peso vivo per tutto il decennio. Nel 2020, entrambe le specie hanno registrato un consumo pro capite inferiore a 600 g di peso vivo.


Salmonidi

Salmone, trota

Il consumo apparente di salmone è aumentato negli ultimi anni, sostenuto principalmente dalle importa zioni e dalla produzione acquicola in Irlanda. Per il 2020, se ne stima un consumo pro capite di 2,44 kg di peso vivo, un picco decennale proprio nel primo anno di pandemia, quando i produttori e gli operatori del settore della trasformazione europei si sono trovati a dover affrontare nuove sfide che non sembrano però aver scalfito la capacità di gestione dei problemi che ne sono derivati lungo la filiera.
Per quanto riguarda la trota, il consumo apparente nell’UE si è mantenuto intorno ai 500 grammi di peso vivo pro capite annui nel decennio analizzato, in linea con una sostanziale stabilità della produzione acquicola negli Stati Membri principali.


Bivalvi

Cozza, vongola

La cozza è tra i prodotti d’allevamento più consumati nell’UE, seconda solo al salmone. Le cozze consumate nell’UE sono principalmente di produzione spagnola. Infatti, la ripresa registrata dal consumo totale di cozze (catturate e allevate) è iniziata proprio nel 2014, anno in cui l’acquacoltura spagnola si è ripresa dopo il crollo del 2013 causato dalla “marea rossa” (fioriture algali). Negli anni più recenti (2019-2020), il consumo apparente di cozze si è attestato poco sotto a 1,20 kg di peso vivo pro capite, a causa di un crollo nella produzione. Il consumo apparente di vongola nell’UE si è mantenuto leggermente al di sopra dei 300 grammi di peso vive pro capite nel 2018, nel 2019 e nel 2020, in linea con un andamento pressoché stabile delle importazioni e della produzione.
Occorre notare che, nel 2017, quando la produzione acquicola in Italia era ad uno dei livelli più alti del decennio, il consumo di vongola era più elevato, arrivando a sfiorare i 400 grammi di peso vivo pro capite.


Altri prodotti

Gambero, calamaro, surimi

Il consumo di gamberi comprende parti uguali di prodotti catturati e prodotti allevati e si basa in gran parte sulle importazioni dall’Ecuador, dall’India, dal Vietnam, dalla Thailandia, dall’Indonesia, dall’Argentina e dalla Groenlandia. Nel 2019 e nel 2020, il consumo apparente di gamberi ha sfiorato i 1,5 kg di peso vivo pro capite, dopo il picco decennale di 1,60 kg di peso vivo pro capite che aveva toccato nel 2018.
Il calo del consumo apparente di gamberi dal 2018 in poi è stato in gran parte dovuto alla diminuzione della produzione olandese e tedesca di gambero Crangon. Tuttavia, per le specie di gamberi più importate nell’UE e quindi disponibili per il consumo, ovvero i gamberoni, le mazzancolle e il gambero rosso argentino, congelati o preparati/conservati, il consumo apparente non ha mostrato variazioni di rilievo nello stesso periodo.
Per quanto riguarda il calamaro, la produzione UE è cresciuta significativamente dal 2019 al 2020; le catture spagnole di totano atlantico sono aumentate addirittura del 530%. Ciononostante, per effetto di una riduzione delle importazioni, il livello di consumo apparente nel 2020 (620 grammi di peso vivo pro capite) è stato il più basso del decennio in analisi. Infine, per quanto riguarda il surimi, poiché è costituito da diverse specie e non esistono statistiche che si riferiscano specificamente alla sua produzione, il consumo apparente viene calcolato sottraendo le esportazioni dalle importazioni.
Nel 2018, nel 2019 e nel 2020, il consumo apparente pro capite di surimi nell’UE è stato in media di 650 grammi di peso vivo, composto in gran parte da surimi importato dagli Stati Uniti.

Spesa delle famiglie e prezzi
Nel 2021, la spesa delle famiglie dell’UE per i prodotti della pesca e dell’acquacoltura ha raggiunto 58,5 miliardi di euro. Se da un lato si è registrata una crescita del 7% rispetto al 2020, rispetto al 2021 l’incremento in termini reali è stato di oltre il 25%46. Il 2021 ha confermato la tendenza al rialzo registrata dal 2019 al 2020. La ragione principale per cui le famiglie dell’UE hanno speso di più per prodotti ittici nel 2021 rispetto al 2020 può essere ricondotta alle restrizioni seguite alla pandemia Covid-19, che hanno portato ad un aumento del consumo domestico. Nel decennio analizzato, infatti, non si era mai verificato un aumento simultaneo della spesa in tutti i Paesi dell’UE. Inoltre, è da notare che mentre a livello UE l’aumento è stato solo del 7%, ben 10 dei 27 Stati Membri hanno registrato aumenti del 10% o superiori e 6 Paesi hanno registrato aumenti inferiori al 7%.
L’Italia, che storicamente è il Paese con la spesa totale per prodotti ittici più elevata nell’UE, ha registrato l’incremento più significativo in termini assoluti, con un aumento di oltre 880 milioni di euro dal 2020 al 2021.
In termini relativi, i tre Paesi in cui la spesa per pesce è più alta — ovvero Italia, Spagna e Francia — hanno tutti registrato tassi di crescita del 7%. In Spagna, l’aumento in termini assoluti è stato di 724 milioni di euro, mentre in Francia di 649 milioni di euro. Nel 2021, il Portogallo, storicamente il Paese UE col consumo pro capite di prodotti ittici più elevato, ha registrato 285 euro di spesa pro capite, quasi il triplo della media UE, che si è attestata a 131 euro pro capite. Il Portogallo e il Lussemburgo hanno registrato gli aumenti di spesa pro capite più significativi, con incrementi rispettivamente di 21 euro e di 17 euro.

Prodotti della pesca e dell’acquacoltura vs carne
In tutti i Paesi dell’UE la spesa per i prodotti ittici è storicamente inferiore a quella della carne, così come lo sono i volumi consumati. Uno dei motivi per cui vengono consumati meno prodotti ittici è che, nel corso degli ultimi dieci anni, i prezzi al consumo dei prodotti ittici sono cresciuti molto più di quelli della carne. In media, per acquistare prodotti ittici, le famiglie UE spendono circa un quarto dell’importo speso per la carne. Nel 2021, infatti, queste hanno speso 231 miliardi di euro per la carne e 58,5 miliardi di euro per i prodotti ittici.
Il Portogallo è lo Stato Membro in cui il rapporto tra le due categorie di prodotti è più equilibrato. Nel 2021, la spesa per prodotti della pesca e dell’acquacoltura ha rappresentato il 45% dell’importo totale speso per i prodotti ittici e per la carne, e la carne il restante 55%. Gli squilibri più accentuati si sono registrati in Ungheria, dove la spesa per prodotti ittici ha rappresentato il 6%, e in Romania e Cechia, dove ha rappresentato rispettivamente il 6% ed il 9% del totale.
I quattro Paesi con il consumo di pesce più elevato — cioè Italia, Spagna, Francia e Germania – presentano modelli di spesa diversi. In Italia, la spesa per prodotti ittici rappresenta un quarto di quella per la carne, in Spagna meno di un terzo, in Francia meno di un quinto, e in Germania circa un sesto. I dati del 2021 confermano queste percentuali.
Dal 2012 al 2021, i prezzi al consumo dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura sono aumentati in media del 2,1% all’anno, un tasso di crescita maggiore rispetto a quello dell’1,5% registrato per i prezzi della carne e per quelli di tutti i prodotti alimentari in generale. Ciò significa che nello stesso periodo, i prezzi dei prodotti ittici sono cresciuti del 30% in più rispetto ai prezzi della carne e dei prodotti alimentari in generale. I prezzi medi dei prodotti ittici hanno cominciato a crescere in modo significativo a partire dal 2016 e, nel 2021, si sono attestati ad un livello superiore del 20% rispetto a quello che avevano registrato nel 2012, in termini reali. Tale incremento è in linea con l’aumento dei prezzi all’importazione, dato che la domanda dell’UE di prodotti ittici viene soddisfatta essenzialmente attraverso le importazioni. Nello stesso periodo, sono aumentati anche i prezzi della carne e in generale quelli dei prodotti alimentari, anche se a tassi molto più bassi.
È inoltre interessante notare che, dal 2020 al 2021, la spesa per prodotti ittici è cresciuta in maniera significativa (+7%), e in misura maggiore dell’inflazione dell’1,5% riportata dai prezzi di tali prodotti nello stesso periodo. Si potrebbe quindi desumere che l’aumento di spesa registratosi dal 2020 al 2021 non sia stato un mero effetto dell’inflazione, ma che le famiglie UE abbiano effettivamente speso di più per l’acquisto di prodotti ittici. Questo risulterebbe coerente col fatto che le restrizioni seguite alla pandemia di Covid-19 hanno portato ad un incremento della spesa per consumo domestico a scapito dei servizi di ristorazione. Secondo dati più recenti, nei primi cinque mesi del 2022 c’è stato un aumento notevole dei prezzi dei prodotti ittici (+5,9%), in linea con l’aumento dei prezzi della carne e di altri prodotti alimentari, un fenomeno da ricollegarsi al forte rialzo dei prezzi dell’energia e in generale dei costi che ha colpito la maggior parte degli operatori di questi settori produttivi.
Guardando ai diversi Paesi, i cambiamenti più significativi da un anno all’altro sono stati osservati a Cipro e in Irlanda. A Cipro, la quota di spesa per i prodotti ittici è cresciuta del 58%, mentre in Irlanda del 38%, grazie ad aumenti che hanno riguardato la quota di spesa per prodotti ittici di tutti gli stati di conservazione.
In Ungheria, si è osservato un aumento del 26%, dovuto ad un incremento del 71% registrato per la categoria di prodotti congelati. In Portogallo, ovvero nel Paese con la quota di spesa per prodotti ittici più alta nell’UE, si è registrato un aumento del 9%, dovuto ad un incremento del 27% registrato per la i frutti di mare freschi e refrigerati.

Consumo di prodotti ittici freschi da parte delle famiglie

Nel 2021, il consumo di prodotti ittici freschi da parte delle famiglie negli 11 Paesi oggetto dell’analisi, ovvero Spagna, Italia, Francia, Germania, Portogallo, Polonia, Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda, Svezia e Ungheria (elencati a partire dal Paese che ha registrato il consumo maggiore nel 2021), ha totalizzato 1,43 milioni di tonnellate, in calo di 23.587 tonnellate rispetto all’anno precedente (–1,6%), un’inversione di tendenza dopo due anni di crescita che aveva fatto registrare aumenti dello 0,7% dal 2018 al 2019 e del 4,3% dal 2019 al 2020. Il forte aumento registrato nel 2020 e poi il calo nel 2021 sono probabilmente correlati all’aumento del consumo domestico durante le prime ondate della pandemia per tutto il 2020, quando le restrizioni nei servizi di ristorazione erano più severe. I Paesi in cui il consumo è diminuito maggiormente sono stati la Svezia, soprattutto a causa di un calo del consumo di salmone e aringa, e la Spagna, soprattutto a causa del calo del consumo di nasello e sardina.
In termini di valore, il consumo ha raggiunto un valore di 14,7 miliardi di euro, il più alto raggiunto nel quinquennio preso in analisi. Gli aumenti più considerevoli dal 2020 al 2021 si sono verificati in Italia e in Polonia: in Italia, l’incremento di valore è stato dovuto principalmente all’aumento dei prezzi di quasi tutte le principali specie consumate ed in particolare del nasello, mentre in Polonia la crescita è riconducibile al notevole aumento del prezzo della carpa (+42%). Il salmone è stata la specie più consumata in otto degli undici paesi analizzati, ovvero Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Svezia. Le specie più consumate negli altri paesi monitorati sono riportate nei paragrafi seguenti.


Focus sui primi tre Paesi consumatori

Spagna

Il consumo in Spagna, Italia e Francia ha rappresentato nel 2021 quasi l’80% del volume e del valore complessivo di prodotti ittici freschi consumati dalle famiglie degli 11 Paesi analizzati. Del totale di prodotti ittici freschi consumati da parte delle famiglie in questi 11 Paesi, solo la Spagna ha rappresentato il 41% dei volumi e il 35% del valore. Nel 2021, le famiglie spagnole hanno consumato 590.616 tonnellate di pesce fresco per un valore di 5,16 miliardi di euro, con un calo del 9% in volume e del 3% in valore rispetto al 2020. Tuttavia, come già detto, nel 2020 si era registrato un picco da considerarsi eccezionale, a causa della pandemia Covid-19. Nel quinquennio analizzato, il fenomeno principale è stato il continuo decremento del consumo di nasello, diminuito in media del 10% all’anno, accompagnato da una crescita costante del consumo di salmone. Infatti, nel 2021 per la prima volta il consumo di salmone ha superato quello di nasello. Il consumo di salmone aveva registrato un notevole aumento dal 2019 al 2020 (+28%). Nel 2021, si è attestato a 68.449 tonnellate, il picco del quinquennio in analisi, mentre il suo prezzo è diminuito del 2% rispetto al 2020, fino a raggiungere una media di 9,77 e/kg, uno dei prezzi più bassi per il salmone fresco nei paesi presi in esame, secondo solo al prezzo pagato dalle famiglie portoghesi.
Per quanto riguarda il nasello, il consumo ha continuato a registrare un calo annuo del 10%, crollando a 62.495 tonnellate nel 2021, mentre il suo prezzo, in aumento di anno in anno dal 2017, ha raggiunto i 9,25 e/kg, con un rincaro del 9% rispetto al 2020. Nonostante gli aumenti di prezzo registrati di anno in anno nel quinquennio analizzato, il continuo andamento negativo in termini di volume ha generato diminuzioni annuali in termini di valore totale. La sardina, terza specie più consumata dalle famiglie spagnole tra i prodotti ittici freschi, ha raggiunto nel 2021 un picco quinquennale in termini di prezzo, attestandosi a 6,24 e/kg. Rispetto al 2020, il rincaro è stato significativo (+20%), a fronte di una riduzione del 12% dei volumi consumati, crollati a 56.463 tonnellate, ovvero la quantità più bassa degli ultimi cinque anni. Il consumo di orata, dopo essere aumentato del 21% dal 2019 al 2020, non ha subito variazioni rilevanti dal 2020 al 2021, mentre è stata registrata una crescita considerevole per quanto riguarda il consumo di merluzzo nordico: con un incremento del 46% dal 2020 al 2021, esso ha raggiunto il picco quinquennale di 39.179 tonnellate. Anche in termini di valore si è osservato un picco quinquennale, nonostante il prezzo sia diminuito del 10% e abbia raggiunto 8,40 e/kg, il più basso nel periodo in analisi. Da notare che il prezzo del merluzzo nordico in Spagna è di circa la metà di quello degli altri Paesi esaminati, probabilmente perché in Spagna viene consumato prevalentemente merluzzo nordico poco lavorato.

Italia
L’Italia copre quasi un quarto del consumo totale di prodotti ittici freschi da parte delle famiglie dei paesi oggetto dell’indagine, sia in termini di volume che di valore. Nel quinquennio in esame, l’andamento del consumo delle famiglie italiane è stato altalenante: prima è diminuito dal 2017 al 2018, poi c’è stata una ripresa nel 2019, e poi un’altra diminuzione nel 2020. Il calo del 2020 è stato dovuto ad una riduzione dell’offerta, in quanto i problemi logistici e di trasporto nelle fasi iniziali della pandemia di Covid-19 hanno avuto un impatto sui prodotti con una breve durata di conservazione, come il pesce fresco. Nel 2021, il consumo è cresciuto nuovamente attestandosi a 324.426 tonnellate, in aumento del 5% rispetto al 2020. L’aumento è stato in gran parte dovuto all’incremento dei consumi di orata e spigola, ciascuno in crescita del 13% rispetto al 2020. Per l’orata, l’aumento del consumo è stato accompagnato da un leggero calo del prezzo (–3%), che ha raggiunto i 9,32 e/kg, mentre il valore totale ha raggiunto il picco quinquennale di 366 milioni di euro. Per la spigola, il prezzo ha raggiunto il picco quinquennale di 10,25 e/kg grazie ad un rincaro del 7% rispetto al 2020, contribuendo così al picco quinquennale che è stato registrato in termini di valore. Questo è stato anche il prezzo più alto della spigola tra i paesi esaminati. Anche il consumo di salmone ha registrato una crescita significativa in termini di volume, raggiungendo un picco quinquennale di 22.653 tonnellate e un aumento del prezzo del 3%, che ha raggiunto i 14,50 e/kg.

Francia
Nel 2021, il consumo di prodotti freschi della pesca e dell’acquacoltura da parte delle famiglie francesi ha raggiunto un picco quinquennale, con una crescita del 6% in volume e del 5% in valore rispetto all’anno precedente. A generare questo aumento è stato soprattutto il consumo di salmone. Dopo l’aumento del 27% registrato dal 2019 al 2020, i volumi di salmone fresco consumati in Francia sono continuati ad aumentare nel 2021 (+12% rispetto all’anno precedente), attestandosi a 34.342 tonnellate. Il prezzo medio ha continuato ad abbassarsi, attestandosi a 17,40 e/kg nel 2021, in calo del 3% dal 2020. Ciononostante, in termini di valore totale, il consumo di salmone ha comunque raggiunto un picco quinquennale attestandosi a poco meno di 600 milioni di euro.
Il merluzzo nordico, la seconda specie più consumata in Francia, ha visto il suo consumo riprendersi nel 2021 dopo tre anni di declino, con un aumento in termini di volume di 17.532 tonnellate (+7%) rispetto al 2020. Il prezzo medio è sceso del 2%, raggiungendo 17,70 e/kg, ma il valore totale del consumo è aumentato del 5%. Il consumo delle altre specie principali in Francia non ha registrato variazioni significative nel periodo in esame.



Il mercato ittico dell’UE
Edizione 2022
EUMOFA – European Market Observatory for Fisherie and Aquaculture products
www.eumofa.eu/it/home



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