Negli ultimi anni la presenza del Granchio blu (Callinectes sapidus) nelle acque italiane ha suscitato grande preoccupazione tra pescatori, aziende ittiche e amministratori locali. Originario della costa atlantica del Nord America, questo crostaceo è considerata una delle specie invasive più problematiche per gli ecosistemi marini e per l’economia ittica. Si tratta di un predatore onnivoro con un’eccezionale capacità di adattamento a diversi ambienti marini e salmastri. La sua rapida proliferazione nelle lagune e nei delta italiani è stata facilitata da vari fattori, tra cui il cambiamento climatico, che ha portato ad un aumento delle temperature medie delle acque, e il traffico marittimo, che ha contribuito alla sua diffusione attraverso le navi cargo. Inoltre, la mancanza di predatori naturali in queste aree ha permesso al Granchio blu di moltiplicarsi senza controllo. Le regioni del Veneto e dell’Emilia-Romagna, con le loro estese aree lagunari e le zone umide, offrono un habitat ideale per il Granchio blu. La Laguna di Venezia, il Delta del Po e le Valli di Comacchio sono infatti solo alcuni degli ecosistemi che hanno visto una crescita esponenziale della popolazione di Granchi blu: questa invasione ha creato uno squilibrio ecologico, con conseguenze negative per le specie autoctone e per l’economia locale.
Dal punto di vista ecologico, il Granchio blu rappresenta una seria minaccia per la biodiversità locale: essendo un predatore vorace, si nutre di una vasta gamma di organismi, tra cui pesci, molluschi e altri invertebrati. Questa pressione predatoria ha portato ad un declino delle popolazioni di specie autoctone, alcune delle quali sono di fondamentale importanza per l’ecosistema e per l’economia ittica locale. Inoltre, il Granchio blu compete con le specie locali per le risorse alimentari, aggravando ulteriormente la situazione.
Esperienza statunitense per trovare soluzioni in Italia: l’iniziativa di Giacomo Cocci
La diffusione del Granchio blu nelle acque italiane rappresenta una sfida complessa che richiede interventi coordinati e strategie di gestione efficaci. È fondamentale aumentare la consapevolezza sull’importanza della prevenzione e del controllo delle specie invasive, investendo in ricerca e tecnologie innovative per mitigare l’impatto di questo predatore sugli ecosistemi locali e sull’economia ittica.
Solo attraverso un impegno collettivo sarà possibile preservare la biodiversità marina e garantire la sostenibilità delle risorse ittiche nelle regioni del Veneto e dell’Emilia-Romagna.
Su queste premesse ha preso forma un’iniziativa interessante per la lotta alla diffusione di questo crostaceo, sviluppata da un’idea di Giacomo Cocci, socio e amministratore di Cocci Luciano Srl, azienda leader nella produzione di attrezzature per l’allevamento e il confezionamento di molluschi.
I macchinari a marchio Cocci vengono esportati in tutto il mondo, compreso il continente nordamericano, e due dei più grandi produttori di vongole degli Stati Uniti sono storici clienti dell’azienda: Cherrystone Aquafarms, nello stato di Virginia, e Taylor Shellfish, in quello di Washington.
Gli allevamenti di vongole di queste aziende statunitensi sono da sempre sotto la minaccia diretta di numerosi predatori naturali, tra i quali si inserisce ovviamente il Granchio blu, specie nativa proprio della costa Atlantica nordamericana. Da qui la domanda: perché non andare a vedere come gli allevatori americani affrontano il problema della predazione, per provare a carpire informazioni utili a risolvere la situazione del Delta del Po approfittando della loro esperienza?
Fin dalla prima richiesta, Cherrystone Aquafarms e Taylor Shellfish hanno dato disponibilità ad ospitare una delegazione italiana per mostrare i loro metodi di allevamento, dimostrando entusiasmo e una grande volontà di collaborazione.
Due partner italiani in missione
Giacomo Cocci ha quindi subito contattato le due più grandi realtà italiane attive nell’allevamento della vongola verace, situate in Veneto (il Consorzio Coop. Pescatori del Polesine, con la Cozza di Scardovari DOP) e in Emilia-Romagna (il Consorzio Pescatori di Goro Co.Pe.Go. a Goro, Ferrara), attorno al Delta del Po. Il direttore generale di Co.Pe.Go., Massimo Genari, non ci ha pensato su due volte e ha subito organizzato una delegazione per il viaggio.
Realtà leader nel settore della molluschicoltura e nella produzione in Italia di vongole veraci prima dell’invasione del Granchio blu, Co.Pe.Go. è oggi costituita da 600 soci pescatori. La sua produzione media annua di vongole veraci si attesta sulle 5.000 tonnellate, mentre per le cozze arriva alle 2.000 tonnellate annuali e alle 5 tonnellate per le ostriche. Nel 2023 Co.Pe.Go. ha smaltito 430 tonnellate di Granchio blu, mentre nei primi sei mesi dell’anno in corso lo smaltimento ha raggiunto le 240 tonnellate.
Cherrystone Aquafarms, Cape Charles, Virginia
La prima tappa del viaggio è Cape Charles, sulla punta sud della penisola di Delmarva, schiacciata tra Chesapeake Bay e l’Oceano Atlantico. Cherrystone Aquafarms è un’azienda di famiglia che oggi può contare su centinaia di ettari di concessioni lungo tutte le coste della penisola. Sul lato atlantico si trovano baie paludose poco profonde protette da isole-barriera naturali, il che rende i vivai di vongole in questa zona un posto unico nel suo genere, ma allo stesso tempo molto simile alle valli del Delta del Po, nonostante qui non ci siano fonti d’acqua dolce comparabili. È in una di queste zone che Tim Rapine, direttore generale dell’azienda americana, ha portato il gruppo.
Il mollusco bivalve qui allevato è della specie Mercenaria Mercenaria e Cherrystone Aquafarms ne produce ogni anno circa 4.000 tonnellate, corrispondenti a circa 100 milioni di pezzi. Dal momento della messa in acqua al raggiungimento della taglia commerciale (che può arrivare anche fino ai 6 cm) trascorrono dai 12 ai 15 mesi, durante i quali il prodotto è costantemente minacciato dalla massiccia presenza di Blue crab —specie tipica di tutta la Chesapeake Bay — e dalla migrazione stagionale di una particolare specie di razza (Rhinoptera bonasus).
Tutta la penisola conta decine di migliaia di gabbie per granchi, dato che qui il Granchio blu è una specialità culinaria molto comune, ma l’unico metodo efficace che l’azienda della Virginia ha trovato per riuscire a proteggere le vongole dalla voracità di questi predatori è dividere le aree di allevamento in “campi” rettangolari di 4 per 12 metri, coperti con reti in plastica resistente aventi maglie con aperture diverse a seconda dello stadio di crescita dei molluschi.
Il metodo di allevamento usato in Virginia, infatti, si basa sullo stesso concetto della mitilicoltura mediterranea: dal momento della semina al raggiungimento dell’età adulta, le vongole vengono raccolte almeno due volte, circa ogni 4 mesi, e selezionate separando le diverse taglie, che verranno in seguito depositate in campi distinti. «In questo modo i molluschi crescono in gruppi di esemplari simili che si alimentano nello stesso modo — spiega Tim Rapine — agevolando la velocità di crescita e permettendoci di avere un’organizzazione ordinata dell’allevamento: quando raccogliamo il prodotto per la vendita sappiamo esattamente le quantità che abbiamo a disposizione e che non avremo vongole sottomisura da gestire». Qui non si usano recinti di protezione: le reti in plastica vengono utilizzate per tutto il ciclo di produzione.
La raccolta delle vongole in Virginia avviene esattamente come nelle aree di bassa marea del Delta del Po: una volta rimosse le reti di protezione, gli operatori utilizzano piccole draghe idrauliche legate in vita, sostituendone la cesta di raccolta ogni volta che questa si riempie. A differenza delle lagune nostrane, tuttavia, i teli in rete tendono a sporcarsi di meno e le alghe che vi crescono “soffocano” le vongole solo dopo lunghi periodi (anche mesi, per teli appena stesi). La pulizia avviene direttamente in acqua, senza la necessità di rimuovere le protezioni: a tale scopo vengono usati degli spazzoloni cilindrici motorizzati montati su carrelli mobili, che permettono di rimuovere il fouling in un paio di passate.
Taylor Shellfish, Shelton, Washington State
La seconda tappa del viaggio ha portato la delegazione Cocci/Co.Pe.Go. a visitare una storica azienda situata nei pressi di Seattle, negli Stati Uniti nordoccidentali. Taylor Shellfish è un’azienda di famiglia, fondata nel XIX secolo e portata avanti dagli eredi Taylor. In particolare, il gruppo italiano è stato accolto da Paul Taylor e suo figlio Nyle, responsabili della produzione dei vivai, e da Austin Docter, direttore di produzione. L’azienda statunitense produce e alleva varie specie di molluschi bivalvi (tra cui l’esotico Geoduck, Panopea generosa), concentrandosi principalmente sulle ostriche e sulle vongole veraci, la stessa specie — Ruditapes philippinarum — allevata nelle valli del Delta del Po, di cui producono quasi 4.000 tonnellate all’anno.
I vivai di Taylor Shellfish sono diffusi lungo le coste delle insenature e dei canali oceanici che si trovano tra l’Olympic National Park e la città di Seattle. Queste zone sono particolarmente selvagge e ricche di vita, come si evince dalla diversificazione delle specie di granchio che mettono a rischio le coltivazioni di ostriche e vongole. Oltre al Granchio blu, che qui è meno presente che in Virginia, i Taylor devono proteggere le loro vongole anche dall’aggressivo “Dungeness” (Granciporro, Metacarcinus Magister) e da varie specie note con il nome di Rock crab (Cancer productus uno dei tanti).
Il pericolo è dato anche dal fatto che qui le vongole veraci raggiungono la taglia commerciale dopo un lunghissimo periodo che va dai 3 ai 5 anni. Il metodo principale per la protezione dai predatori è, anche qui, l’utilizzo di teli rettangolari stesi sul fondale e ancorati con dei ganci fissati al terreno. I teli utilizzati da Taylor non hanno un ancoraggio perimetrale e quindi non sono impenetrabili, ma funzionano come dissuasori. «Abbiamo la fortuna di avere delle aree naturalmente ricchissime di ostriche, vongole e altri piccoli molluschi» afferma Paul Taylor. «I granchi e gli altri predatori, avendo a disposizione cibo molto più facile da raggiungere attorno ai nostri teli, preferiscono evitare la fatica di infilarcisi sotto per consumare il nostro prodotto».
Anche il metodo di raccolta è decisamente differente da quanto visto nella precedente tappa: dato che qui la marea lascia allo scoperto vastissime aree di fondale, profonde persino chilometri, gli operatori estraggono le vongole solo nelle ore di “secca”, con delle macchine simili a delle zappatrici o manualmente, con dei piccoli rastrelli. Per lo stesso motivo, la manutenzione e la pulizia dei teli qui è molto meno impegnativa: gli allevatori si limitano a lasciar bruciare al sole durante le basse maree le alghe che si depositano sulle protezioni, anche se questo metodo passivo potrebbe influire sulla velocità di crescita dei molluschi. La visita è poi proseguita e terminata a terra, dove Molly Jackson, responsabile dello schiuditoio dei Taylor, ha mostrato al gruppo italiano le tecniche dei vari stadi di produzione del seme di ostriche, vongole e altri molluschi endemici come il Geoduck da utilizzare negli allevamenti.
Conclusioni
Il viaggio negli Stati Uniti ha mostrato alla delegazione italiana che sviluppare un prosperoso modello economico di allevamento di molluschi in un’area dominata dalla presenza di predatori è possibile. Il Consorzio Pescatori di Goro torna in Italia portandosi dietro tantissime informazioni e spunti interessanti che potranno sicuramente aiutare nella lotta al granchio blu: una lotta di resistenza e sopravvivenza per un mestiere, quello dell’allevatore di vongole veraci, che è stato negli ultimi 30 anni una delle principali fonti di reddito per le famiglie del Delta del Po e che i soci del consorzio faranno di tutto per difendere.
Cocci Luciano Srl
Via Maranello 1
47853 Coriano (RN)
Telefono: 0541 658449
Web: www.cocci.it
Consorzio Pescatori
di Goro Soc. Coop. O.P.
Via A. Brugnoli, 298
44020 Goro (FE)
Tel. 0533 793111
www.copego.it
In foto, Massimo Genari, Giacomo Cocci, Paola Gianella e Pierpaolo Piva in visita ai vivai di Cherrystone Aquafarms insieme al General Manager dell’azienda nordamericana, Tim Rapine.
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