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Il buono secondo Lara

Di lago, sardine e coregoni: una piccola produzione Presidio Slow Food

di Abrati L.


Il lago Sebino si divide tra due province lombarde, quella di Bergamo e quella di Brescia. Nasce dal fiume Oglio, le cui acque, prima di arrivare al bacino, percorrono l’intera Valle Camonica. Proprio al suo centro sorge l’isola lacustre più grande d’Europa, resa celebre negli ultimi anni da una famosa installazione firmata dal celebre artista Christo.
Nonostante la pesca non sia più fonte di sostentamento per gli abitanti dell’isola, ci sono ancora pochi pescatori professionisti e dilettanti che sfidano i freddi invernali e gli afosi caldi estivi per dedicarsi all’attività. Nelle acque del bacino vivono infatti diverse specie d’acqua dolce come il persico, la trota, il luccio, la tinca, ma anche l’agone e il coregone, solo per citare le principali. Sono proprio questi ultimi che, se non consumati freschi, vengono tradizionalmente lavorati e conservati. Prodotti di nicchia, preparati ancora in alcune case alla maniera artigianale e per il proprio consumo.
In alcuni ristoranti dell’isola e delle zone di lago è possibile assaggiare piatti preparati con la sardina essiccata o il coregone, quest’ultimo lavorato in modo simile all’agone (detta “sardina”).
I prodotti sono attualmente tutelati dal Presidio Slow FoodPesci essiccati e lavorati alla maniera artigianale” di cui fanno parte due pescatori della zona: Nando Soardi e il figlio Andrea e la famiglia Archetti dell’omonima pescheria. «Per la lavorazione vengono utilizzati i pesci pescati nel periodo invernale — racconta Lorenzo Archetti, 29 anni e pescatore professionista del lago — perché sono belli grossi, ma meno grassi di quelli estivi».
Vengono pescati con le reti, calate in profondità nelle acque del lago alla sera e poi estratte al mattino successivo. Gli agoni e i coregoni vengono poi portati in laboratorio e subito lavorati. I primi vengono eviscerati e lavati, mentre i secondi dopo essere stati eviscerati e lavati, vengono anche aperti a libro, eliminandone la testa.
Il procedimento della lavorazione è molto simile tra i due pesci: cambiano i tempi, ma la sostanza rimane la stessa. Vengono prima disidratati con l’utilizzo del sale: per 48 ore vengono messe in tini di plastica con un quantitativo pari a circa 500 g ogni 10 kg di pesce. Un quantitativo basso se si paragona questa lavorazione a quella del pesce conservato sotto sale. Successivamente le “sardine” vengono tolte, lavate e poi messe ad essiccare.
La variazione repentina e totalmente senza controllo delle condizioni climatiche ha messo Lorenzo Archetti nella condizione di dover proteggere la sua produzione (ma anche la salute di chi lo andrà a consumare) scegliendo di essiccare ad aria fredda, ma umidità costante, in una cella in laboratorio. Il rischio, nell’essiccare naturalmente all’aria aperta, è quello di incorrere nella marcescenza e putrefazione del pesce. Dopo circa 1 mese, il pesce ormai secco viene messo in contenitori con abbondante olio di semi per almeno 3 mesi. Il pesce è pronto da consumare.
Previa cottura alla brace o alla piastra, le carni delle “sardine” risulteranno di un colore aranciato intenso, quasi rosso. Molto asciutte, quasi croccanti, con una presenza di sale bella percepibile, ma mai eccessiva. Idem per il coregone, che regala anche un’ulteriore e particolare aromaticità.
Una produzione di nicchia, dedicata quasi esclusivamente alle poche attività di ristorazione professionale che scelgono di proporre il piatto che forse più caratterizza l’isola: la sua sardina essiccata, cotta appena alla brace e condita poi con olio extravergine (meglio se del Sebino) aromatizzato con prezzemolo e aglio. Due fette di polenta del giorno prima abbrustolita e la piacevolezza è servita.


Lara Abrati


In foto Lorenzo Archetti, pescatore professionista del lago
di Iseo con il pescato lacustre trasformato, con essiccazione ad aria fredda nel laboratorio della pescheria di famiglia e confezionato sottovuoto per la vendita. (photo © Matteo Zanardi).



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