Un prodotto che si trova oramai nei banchi delle macellerie quasi esclusivamente nel periodo delle festività natalizie; è il cappone, ovvero un pollo di sesso maschile castrato all’età di 60-70 giorni e macellato attorno ai 6-7 mesi di vita. Secondo quello che dice la normativa riguardo la classificazione merceologica (Regolamento 1538/1991), il cappone è un esemplare di sesso maschile di Gallus domesticus castrato prima che abbia raggiunto la maturità sessuale e ingrassato per un periodo di almeno 77 giorni, macellato poi ad un età di almeno 140 giorni.
Ma come deve essere il cappone?
Deve avere un bello sviluppo di grasso, che deve essere ben distribuito e non presente a blocchi. La giovane età dell’animale e la giusta presenza di grasso sotto la pelle, ma anche tra le fibre muscolari, ne determina una grande tenerezza delle carni e, per raggiungere la morbidezza ottimale, incide anche il metodo e la durata della sua cottura, che dovrà essere più lunga nel caso di animali ruspanti di cortile e potrà essere più breve per gli allevati in batteria. L’elemento importante per capire se l’animale ha passato l’età corretta per essere macellato è la lunghezza degli speroni, che devono essere corti.
In Italia venivano allevate e commercializzate razze autoctone (dal lento accrescimento e perfette allo scopo), ma purtroppo queste pian piano si stanno abbandonando in favore di altre razze. Non è così però ad esempio per il Cappone di Morozzo, dall’origine piemontese. Presidio Slow Food dal 1999, è di razza biotipo scuro di Cuneo; viene allevato a terra, libero nell’aia o in recinti con una superficie di almeno 5 m2 per capo (come da Disciplinare) e alimentato con prodotti esclusivamente vegetali. Nel rispetto delle normative sul benessere animale non vengono più tagliate, come in passato, le creste e i bargigli.
Carni che entusiasmavano molto i cuochi rinascimentali
L’utilizzo del cappone in cucina ha però una lunga storia: era una carne molto presente nelle cucine borghesi dei secoli scorsi, le uniche per cui abbiamo testimonianza scritta. Ancora oggi il brodo di cappone è un must per la tavola di Natale, in cui cuocere i tortellini, ma anche la sua versione ripiena o in insalata (previa lessatura).
Simbolo di opulenza e citato anche da Boccaccio nel suo Decamerone, attorno alla seconda metà del 1400 sono molti gli usi del cappone citati nel famoso Libro de arte coquinaria di Maestro Martino, considerato il primo vero ricettario scritto al mondo, partendo dall’assunzione del cuoco che Cappone bono vole esser allesso, et quando è ben grasso vole esser arrosto; similemente è la gallina. Ecco che il brodo di cappone diventa protagonista in molte preparazioni e minestre, ma anche del biancomangiare, nella versione grassa.
Qualche decennio prima era stato Cristoforo Messi, detto Sbugo, a parlare di Capponi in fracassea francese: piglia un bon cappone allesso freddo e taglialo in pezzoletti piccioli; et gettalo in una patella con libbra mezza di butiro, ovvero grasso che serà meglio, e friggelo molto bene. Come è ben fritto, gettalo in un piatto con succo di dieci naranci sopra, con zuccaro e cannella sopra. E se il cappone serà arrosto anche, non importa.
Poi Bartolomeo Scappi che, sempre attorno al 1500, propone il cappone ripieno a base di formaggio grasso, formaggio stagionato, midollo di bue o burro, brodo di carne, pane, noci, uva passa, pepe, cannella, zafferano e poi cotto in padella con prosciutto, vino bianco, agresto, prugne, visciole secche, uva passa, uva passa di zibibbo, cannella, zenzero, zafferano. Ricette dalla grande ricchezza e sontuosità, destinati alle tavole nobili e ricche, non certo alle rurali e contadine.
Infine, in epoca più recente (nel 1800), anche Pellegrino Artusi era solito utilizzare queste carni, ad esempio nella preparazione dei suoi rifreddi, in particolare il Cappone in galantina, diffuso nella cucina tradizionale tutt’oggi. Ma anche nel ripieno dei Cappelletti ad uso di Romagna oppure nella versione Arrosto tartufato, ricetta ripresa da molti chef contemporanei.
Insomma, il cappone è stata una carne molto apprezzata nella cucina medievale e rinascimentale, che ha entusiasmato ogni cuoco, arrivando anche oggi ad essere considerata la carne delle feste. Percepita come migliore di gallo e gallina, facile da digerire e perfetta per preparare brodi e minestre, ma anche da fare arrosto. Non solo per la tavola delle ricorrenze.
Lara Abrati
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