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Speciale WMC

WMC23, luci e ombre

di Benedetti E.


L’edizione 2023 del World Meat Congress di Maastricht è stata fonte di dati, analisi e visioni su un comparto, quello della produzione globale di proteine animali, che oggi nel mondo registra dinamiche molto diverse. Da una parte ci sono Paesi che, oramai saturi e maturi, fanno i conti con un declino strutturato dei consumi, e altri che, guidati da una progressiva crescita demografica ed economica, richiederanno sempre maggiori volumi di prodotto.
Non è certo un lavoro facile quello dell’IMS – International Meat Secretariat, che ha il compito di definire, per ogni edizione del WMC e insieme al Paese ospitante, temi e riflessioni. Molti sono stati gli argomenti trattati con approfondimento e grande competenza dai relatori: dal benessere animale alla sostenibilità ambientale, dalla salute animale alle tecnologie in allevamento con MSD, sponsor dell’evento insieme a CSB-System. Abbiamo imparato tanto in queste due giornate. Sulla situazione di mercato a livello mondiale, su come la Germania sta affrontando l’afta epizootica, sui trend di acquisto dei consumatori in USA, giusto per citare qualche relazione. Ma c’è un però…

Cosa è mancato
A mio parere, però, in questo appuntamento organizzato finalmente in Europa, è mancata una discussione organica e concreta sulle vere problematiche che il comparto zootecnico e quello europeo della produzione di carne si trovano ad affrontare nel quadro delle politiche comunitarie e del loro reale orientamento. Sono stati solo pochi gli accenni — approssimativi e di forma —, da parte del capo gabinetto del Commissario all’Agricoltura e Sviluppo rurale dell’UE in collegamento da Bruxelles. E hanno lasciato abbastanza amaro in bocca.
Tanti sono stati gli interessanti approfondimenti, con dati di mercato e di sviluppo prodotto esposti da rappresentanti di vari Paesi, come ad esempio Spagna, Cina, Svezia e Italia (presente con Davide Calderone, direttore di ASS.I.CA.), ma, al di là dei singoli focus, è mancata una vera analisi europea. Un’occasione mancata. «Il comparto italiano è strutturato con le migliori tecnologie, gli impianti di allevamento e produttivi più all’avanguardia, i mezzi di trasporto migliori per agevolare la movimentazione degli animali, eppure, ogni giorno, lottiamo contro un sistema di normative europee sempre più ostili e siamo penalizzati da una burocrazia esasperante» ha dichiarato al rappresentante della Commissione Agricoltura UE Fulvio Fortunati, imprenditore e vicepresidente di UNICEB, Unione Italiana Filiera Delle Carni.

Le contraddizioni dell’UE
A Maastricht si è fatto “sentire” il silenzio sul confronto in UE in materia di strategie della zootecnia e dello sviluppo delle industrie della carne, nonostante le rassicurazioni del rappresentante UE in collegamento («garantiamo un buon futuro per gli allevamenti in Europa»!!). Dall’altra parte, ampio spazio è stato dato all’olandese Mosa Meat (e a Fork & Good), che, guarda caso, recentemente ha ricevuto fondi comunitari per la ricerca. Avevano scritto qualche settimana fa Paolo De Castro e Pina Picierno che la Commissione dovrebbe spiegare su quali basi e per quali ragioni il progetto Feed for Meat, delle aziende olandesi Nutreco e Mosa Meat, abbia recentemente ricevuto una sostanziale sovvenzione di 2 milioni di euro dal programma React-EU con l’obiettivo di sviluppare la produzione alimentare cellulare e la produzione di carne sintetica. “Sono necessarie risposte dettagliate soprattutto perché, allo stato attuale, sono sconosciuti o non comprovati gli aspetti benefici, dal punto di vista del benessere animale o di salute umana, del consumo e della produzione di carne sintetica” hanno scritto in un comunicato i due europarlamentari. “Senza dimenticare che il programma React-EU è uno strumento creato per stimolare la ripresa economica dopo la grave crisi causata dal Covid-19 nelle regioni europee più colpite. Non si comprende dunque il nesso logico con un impegno finanziario così corposo per produrre carne sintetica”.
Questa è una posizione molto diversa da quella assunta dal COV, l’Associazione olandese dei produttori di carne, che ha invece dato ampio spazio alle carni sintetiche nell’agenda del Congresso. E questo è un fatto, non un’interpretazione.

Il finanziamento UE delle pseudo-scienze, doppio danno al comparto

Anche il prof. Peer Ederer, a capo di GOAL Sciences, il Global Observatory for Accurate Livestock Sciences (goalsciences.org) — nel corso del suo intervento, a mio parere uno tra i migliori e più stimolanti —, ha rimarcato il ruolo fondamentale della produzione di ricerche e analisi scientifiche nel dibattito in EU e, nonostante ciò, gli incomprensibili sbandamenti nella scelta dell’UE di finanziare progetti al limite dell’assurdo.
Andiamo con ordine: dopo una premessa incentrata a spiegare come funziona la produzione di “obiettivi” in un dato comparto e la relativa organizzazione dei vari passaggi strategici per la loro realizzazione, Ederer ha citato una frase, semplice e chiara: «L’allevamento degli animali è un metodo millenario e collaudato per creare un’alimentazione sana e garantire i mezzi di sussistenza dell’uomo».
Queste parole sono riportate all’interno del documento conclusivo del Food System Summit 2021 delle Nazioni Unite, sottoscritte da un centinaio di stakeholder dell’industria mondiale delle carni, tra cui l’IMS, e riprese nella Dichiarazione di Dublino, firmata nel 2022 da oltre mille scienziati. Perché citare questa frase? «Perché ritengo sia utile per comprendere la visione e gli obiettivi dell’industria della carne, per capire dove si voleva posizionare nel 2021 e quale possa essere il suo contributo alla società» ha rimarcato Ederer.
«Se concordiamo sul fatto che alla base di ogni visione o strategia ci sia un fondamento scientifico, ricordiamo allora che negli ultimi due anni abbiamo prodotto una serie di strumenti molto validi a disposizione dell’industria».
Qualche esempio: il portale ALEPH2020 di Frédéric Leroy e Fabien Abraini (aleph-2020.blogspot.com), un’iniziativa interdisciplinare e internazionale costituita da 43 esperti scientifici, che sono per lo più attivi nei settori della scienza e della tecnologia alimentare, della (bio)chimica, microbiologia, nutrizione, salute pubblica, antropologia (culturale e biologica), degli studi alimentari, della psicologia della salute, delle scienze ambientali, della fisiologia animale, delle scienze veterinarie e dell’agricoltura.
Ederer ha poi citato la Global Agenda for Sustainable Livestock e la presentazione presso la FAO della ricerca sulle “Emissioni di metano nel bestiame”: la pubblicazione Animal Frontiers che raccoglie una serie di articoli su nutrizione, salute, ecologia, emissioni, economie degli allevamenti da carne sulla base di dati raccolti ed elaborati in tutto il mondo. Ma qual è il punto? In un mondo in cui abbondano informazioni, pregiudizi, condizionamenti e finta scienza, l’obiettivo di scienziati accreditati come Peer Ederer è quello di raccogliere, argomento per argomento, le prove più rilevanti, accurate e obiettive sulle scienze zootecniche.
«Insieme ai nostri partner, ci sforziamo di mettere in evidenza gli approfondimenti praticabili sulla produzione e sul consumo di carne e di ispirare tutti i nostri utenti a lavorare insieme per un sistema alimentare globale sostenibile». Peccato che, nonostante le premesse di una solida base scientifica, il sistema europeo non vada nella giusta direzione. Un esempio su tutti: il progetto “Decrescita e trasformazione del sistema alimentare”, che si prefigge di indagare sul come le iniziative agroalimentari possano contribuire a distruggere il capitalismo. «È un invito intenzionale a distruggere il sistema alimentare così come lo conosciamo ed è stato finanziato con 1,5 milioni di euro dall’UE attraverso il Consiglio europeo della ricerca e dal Governo olandese» ha sottolineato Peer Ederer. «Questa è una battaglia che noi ricercatori stiamo perdendo: non riusciamo più ad ottenere finanziamenti per fare ricerca sulla zootecnia, sugli allevamenti, perché queste risorse vengono destinate a supportare forze contrarie.
La Dichiarazione di Dublino sottoscritta da un migliaio di scienziati chiede che le prove scientifiche siano alla base delle decisioni politiche in materia di zootecnia e agricoltura. Le prove scientifiche sono dati, numeri e analisi che vengono verificati in modo solido e che dovrebbero essere alla base delle politiche pubbliche, in tutta Europa e del mondo. Oggi la scienza, quella vera, viene messa da parte per dar voce a pseudo-teorie che hanno una visione del mondo molto diversa. Prendiamone atto, e anche in fretta, per fermare questa deriva. Altrimenti ne pagheremo le conseguenze noi, gli allevatori, i trasformatori, l’industria e il comparto intero. E finiremo a mangiare polpette di macinato prodotto in un qualche laboratorio».


Elena Benedetti



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