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Olio

L’oro giallo di Antiche Terre Pacella

di Cornia F.

Territorio dove l’ulivo risulta la specie arborea coltivata più diffusa per il clima temperato, condizione ideale sia per l’olivicoltura che la viticoltura, la Ciociaria rimane però l’unica zona del Lazio a non avere ancora la Dop territoriale per l’olio e in attesa di ottenerla. Eppure anche alle pendici dei Monti Lepini la qualità c’è e cresce sempre più, con la produzione di oli “eccezionali, emozionanti”, come definisce il Gambero Rosso le produzioni a cui vengono assegnate le mitiche “tre foglie”. E del prestigioso riconoscimento è stata insignita Antiche Terre Pacella, azienda olivicola con sede a Sgurgola (FR). Sulla guida Oli d’Italia 2018 ha ottenuto il massimo punteggio che la pubblicazione attribuisce alle produzioni oleiche, con un olio multicultivar dal forte carattere, che rientra nella classificazione dell’extravergine con un valore dell’acidità inferiore all’0,8%, 100% made in Italy e ottenuto con le varietà Itrana per l’80% e per il rimanente 20% di Frantoio, Moraiolo, Leccino. Un olio le cui drupe vengono spremute a freddo, in modo da preservare inalterato il valore organolettico del prodotto, da un frantoio scelto, e non a caso. Un olio in grado di sprigionare gli aromi nutriti dalle caratteristiche tipiche del territorio: un terreno sassoso, a 500 m slm, che dà all’oliva particolare leggerezza rendendolo amabile e con una bassa acidità. E, sull’onda di questo importante riconoscimento, la produzione dell’azienda nel 2019 si arricchisce con una new entry, un olio di Itrana in purezza.

Qualità senza compromessi
La qualità è l’obiettivo che Antiche Terre Pacella ha ben chiaro. Nessun cedimento di fronte alla seduzione da grandi numeri della GDO, perché per fare quei volumi, ci dicono, devi per forza produrre un olio ottenuto da una miscela di altri oli. È impossibile che un olio evo arrivi al consumatore a 4 euro al litro. E infatti, ci tengono a precisare, la lotta dei produttori dell’olio evo è sul fronte delle informazioni riportate in etichetta, dal momento che in Italia è possibile, per legge, utilizzare la dicitura “olio extravergine di oliva” anche se è presente solo l’1% di olio evo a comporre una miscela di oli vari, a partire dall’olio di semi, magari proveniente dal Marocco.

Un’azienda dalla storia antica
Piccolo gioiello dell’olivicoltura frusinate, Antiche Terre Pacella è una tenuta che vanta una lunga tradizione produttiva, di cui sembrano silenziosi testimoni due ulivi di origine francese, forse piantumati nel ‘600 da antenati provenienti dalla Liguria, singolare contrappunto alle varietà di ulivi della piantagione tipiche del Lazio: Itrana, Frantoio, Moraiolo, Leccino. C’è inoltre un blasone per meriti alla coltivazione dell’ulivo che fa capolino tra i documenti appartenenti alla famiglia. In pratica attiva da secoli nella produzione di olio, intorno agli anni ‘60 del secolo scorso arriva la decisione di sospendere l’attività, ad esclusione di quella ad uso famigliare. Lo stimolo a riprendere la produzione per la vendita è arrivato qualche anno fa con la partecipazione ad un evento organizzato da un ristorante italiano a Manchester, Olive Oil, insieme ad un trentina di altri produttori di olio di oliva.
Oggi Antiche Terre Pacella conta 600 piante distribuite su due ettari e mezzo per una produzione annua di 800/1.000 litri. I filari piantumati a 6 metri di distanza l’uno dall’altro per permettere alle piante di crescere bene, da ogni pianta si raccolgono non più di 30-40 kg di olive. Con un quintale si ottengono 10-15 litri di olio. Si ripresenta l’annosa questione della scelta di una produzione di qualità che va a scapito della resa. Tasto dolente soprattutto quando si deve far fronte a cattive annate, come il 2018, in cui sulla produttività hanno inciso eventi atmosferici come il Burian, la gelata di febbraio. Situazione particolare che riflette un andamento generale perché il 2018 è stata un’annata magra in tutta Italia, con un calo stimato del 38% rispetto l’anno precedente in tutto il comparto, e che si è chiusa col riconoscimento dell’olio quale farmaco da parte della FDA-Food and Drug Administration, l’Agenzia per gli alimenti e i medicinali americana.

Trasformazione e commercializzazione.
Sfruttamento della naturale fertilità del suolo ed esclusione dell’utilizzo di prodotti di sintesi: sono i principi guida dell’agricoltura biologica ad ispirare l’attività produttiva di Antiche Terre Pacella, anche se la certificazione non c’è. Per fare di un raccolto un buon raccolto, in azienda ci si impegna a lavorare bene sin da gennaio, intervenendo con buone pratiche di coltivazione. Dopo la raccolta delle drupe in autunno, la pianta infatti è stressata e ha bisogno di particolare cure. Per questo l’azienda interviene con concime, fogliame e terra, pulizia del tronco. È un lavoro che dura tutto l’inverno e che si ferma a maggio-giugno, quando inizia la fioritura e si rimane in attesa che compaia il frutto. Da quando c’è la drupa si può nuovamente intervenire a supportare la pianta con concimi, disinfettante naturale, con la pulizia del tronco col ferro. Finché non arriva ottobre e si ripete la raccolta.
Le olive vengono poi portate al frantoio di Sonnino e, tempo 30 giorni per la posa, l’olio è pronto. Viene commercializzato in latte da 3 litri e in bottiglie di vario formato, 500, 250 e 100 ml, queste ultime destinate principalmente ad enoteche e ristoranti.
Tra i principali clienti di Antiche Terre Pacella ci sono le oleoteche come Oleonauta a Roma, e Oliocentrica a Latina; cinque in tutto quelle che l’azienda rifornisce tra la capitale, la zona litoranea di Ostia e Latina. Il formato da tre litri trova un canale prediletto in questi piccoli shop dedicati alla vendita dell’olio extravergine d’oliva italiano di alta qualità. Luoghi in cui spesso si organizzano anche degustazioni e appuntamenti culturali per svelare tutti i pregi dell’olio d’oliva e i suoi possibili utilizzi, che non si limitano soltanto al condimento. Nelle oleoteche non solo si vende, ma si cerca di fare formazione/informazione, trasmettendo quello che c’è dietro la campagna olearia. E, visto che nell’ultimo anno l’aumento di questo tipo di attività ha registrato una crescita nella capitale, forse si può considerare un buon segnale per l’olivicoltura tutta, per la diffusione di una nuova cultura legata al consumo di olio evo e di una giusta valorizzazione di un prodotto di cui l’Italia detiene il primato a livello europeo per qualità con 46 marchi riconosciuti dall’Unione.


Federica Cornia

>> Link: www.oliomontilepini.it



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