Mentre tutti correvano verso le produzioni commerciali, negli anni 70, loro tenevano il timone ben fermo in direzione della qualità. È stato questo il merito dei fratelli Falorni che oggi gestiscono uno dei punti vendita di carni più rinomati dItalia – lAntica Macelleria Falorni – e ancora ringraziano il padre per averli spinti su questa strada trentanni fa. Etichettatura, certezza della provenienza e tradizione, sono le loro carte vincenti.
In piazza Matteotti, nel centro di Greve in Chianti, nel cuore della Toscana enogastronomica, continua a prosperare lazienda fondata nel 1729. Oggi i soci sono Lorenzo e Stefano Bencistà Falorni.
Lantica casata di macellai sarebbe estinta per mancanza di eredi, ma il presidente della Repubblica ha concesso ai due titolari dellazienda, che rappresentano lottava generazione, di mantenere il cognome della tradizione.
L’ingresso dell’Antica Macelleria Falorni, fondata nel lontano 1729.
Le prime foto storiche del 1890 ritraggono linsegna tale e quale come è oggi, proprio nella stessa ubicazione, sui loggiati della tipica piazza principale della cittadina. Lattaccamento al lavoro e alla salvaguardia del prodotto tradizionale si è tramandato di padre in figlio, assieme alla custodia dei segreti nelle lavorazioni, indispensabili per giungere a prodotti di massima qualità.
Il segreto più importante sta nelle materie prime, carni di assoluta qualità. Maiali italiani, cinta senese, ovini, conigli e pollame toscani sono gli animali da cui derivano le carni dei Falorni.
Lattenzione alle razze locali, per il bovino la Chianina, per il suino la Cinta senese e per i cinghiali lutilizzo di quelli presenti da millenni nei boschi della Toscana e in particolare del Chianti, è da sempre la base per ottenere prodotti di qualità ed esclusivi.
Per quanto riguarda gli aromi, la natura ha fornito il Chianti di unabbondanza non comune: finocchio, ginepro, alloro, aglio, prezzemolo, salvia, rosmarino, solo per indicare quelli più usati, allo stato freschissimo.
Tale varietà ha consentito la creazione di salumi tipici, dal profumo armonico ed unici.
Anche laggiunta di vino Chianti Classico negli impasti di alcune produzioni, ad esempio salsicce e salame tipico grevigiano.
Il negozio che ha sede nella piazza principale del paese è solo il punto finale di tutte le attività della ditta, che conta circa 50 dipendenti. A supportare il successo delle vendite ci sono lallevamento, il laboratorio e il macello.
Recentemente si è aggiunto nel negozio il reparto vini, oli e formaggi. «Il prodotto trainante – spiega Stefano Falorni – resta la bistecca chianina, quella di vitellone, che voi chiamate fiorentina, mentre per noi è semplicemente la bistecca. Ma qui si può trovare di tutto: salumi di ogni genere, salse, formaggi, vini e anche piatti pronti.» Sì perché la gente viene dai Falorni non solo per comprare il pezzo e via, ma anche per farsi consigliare gli abbinamenti e le ricette per le cene, soprattutto di domenica quando i supermercati sono chiusi.
Stefano Falorni, infatti, è pure cuoco e sta preparando la pubblicazione di un libro di ricette a base di carne bovina della valle del Chianti.
Il punto vendita non è un semplice negozio; qualcuno lo ha già definito un santuario del gusto: incutono una certa soggezione i 400 prosciutti che penzolano dal soffitto e la serie interminabile di salami, anche di toro, rigatini, finocchione sbriciolone alla maniera della casa, guanciali, capocolli, salsicce e tanto altro ben di Dio che tappezza le pareti e riempie le scansie, mentre laltra metà del negozio è occupata dalla macelleria.
Stefano, un uomo sulla cinquantina, classico toscano doc senza peli sulla lingua, confida che quel che ha fatto e continua a fare la fortuna della bottega è unantica scelta di qualità.
Stefano Falorni con la carne di Chianina da cui si ricavano le famose bistecche.
«Siamo artigiani della carne – spiega – da sempre scegliamo bovini e suini da centri di nostra fiducia, anche aziende biologiche, e alleviamo direttamente circa 50 capi di cinta senese. Le richieste arrivano da tutto il mondo; la gente ricerca sempre più la qualità e la tradizione, e per accaparrarsi un buon prosciutto di cinta è disposta a prenotarlo pure un anno prima e pagarlo oltre il doppio di uno comune».
La Cinta senese è una vera particolarità: una razza suina tipica della Toscana da oltre cento anni, che era arrivata sullorlo dellestinzione, ma è stata salvata circa dieci anni fa, attraverso un programma di ripopolamento.
I Falorni sono stati tra i primi a mettere su un allevamento di cinta per vendere la sua carne particolarmente grassa. «Niente stalla per la Cinta – spiega Stefano – solo pascolo libero per 16 mesi e doppia ghiandatura.»
Ma il vero pallino dei due fratelli resta la tracciabilità. Su ogni pezzo in vendita è possibile vedere letichettatura che indica tutto ciò che è necessario per capire quello che si sta per mangiare: razza, data di nascita, padre e madre, azienda nella quale lanimale è stato allevato, alimentazione seguita e tante altre informazioni. Addirittura è possibile per chi ha acquistato un prodotto nellAntica Macelleria andare a verificarne lorigine sul sito internet www.falorni.it, attraverso un modulo costruito appositamente.
«Al di là di molte questioni tecniche importanti – sottolinea Stefano – il vero punto di forza che ci ha portato a questo successo di vendite è la passione che ci ha tramandato nostro padre. Ci ha insegnato a stare dietro ai contadini e a rifiutare tutta quella chimica che si iniziava a usare negli anni Settanta. Abbiamo stretto i denti ma ora siamo riconosciuti in tutto il mondo e i nostri clienti credono in quello che noi offriamo loro: qualità della carne e dei salumi.»
Quando si sono divisi i compiti, Stefano e Lorenzo non hanno avuto dubbi: il primo si sarebbe occupato delle bestie vive, degli allevamenti e dei contadini fornitori. Lorenzo, invece, cura lamministrazione, lesposizione la confezione e la vendita allestero.
LAntica Macelleria Falorni, al contrario di altre ditte artigianali, non ha il problema della successione: i due figli di Lorenzo, Gianni e Chiara, lavorano già nellazienda e stanno assorbendo la passione per larte di fare cose buone.
«Oltre ai mie nipoti – prosegue Stefano – abbiamo molti altri giovani fra i nostri 50 dipendenti che stanno imparando velocemente il mestiere; fra loro anche numerosi extracomunitari.»
Ne hanno fatta di strada se si considera che nel 1985, dopo aver acquistato i macelli pubblici, erano pieni di debiti e avevano appena iniziato ad adeguarsi alle norme europee. Dallaffidabilità e dalla tradizione deriva poi laltro fattore del successo di questo macello: la fama internazionale. Il turismo a Greve in Chianti è iniziato per il via e vai di personaggi che venivano a rifornirsi dai fratelli Bencistà Falorni, che continuano ad essere lattrazione principale. Le richieste arrivano da tutto il mondo; pur se Stefano non parla le lingue il suo negozio è frequentatissimo dagli stranieri: «I primi ad arrivare, puntualissimi, tutte le mattine alle nove, sono i giapponesi. Poi gli altri. E i nomi celebri non si contano: da Sting a Paul McCartney, da Zucchero a Ligabue, dai politici nostrani ai calciatori della Fiorentina, dalla principessa di Danimarca al ministro dellagricoltura norvegese, per finire con Tony Blair, ormai di casa nel Chianti e nel Senese».
Per quel che riguarda i politici nostrani, la macelleria di Greve è veramente bipartisan: vengono a rifornirsi qui i leader dellopposizione come quelli del governo.
Secondo alcuni calcoli fatti dai due fratelli ci sono almeno 270 riviste e 150 libri in tutto il mondo che parlano, in modo lusinghiero, della loro azienda.
Il più alto riconoscimento internazionale è arrivato senza dubbio dalla vittoria nella sfida col Patanegra spagnolo, nella gara per il miglior prosciutto del mondo. Il titolo è stato conferito al prosciutto dei fratelli Falorni nelle due ultime edizioni del particolare torneo che si svolge al Lingotto di Torino.
Ma niente può indicare il grado di radicamento dei prodotti di questa macelleria nella tradizione toscana quanto le verghe di toro: questi frustini ottenuti dal membro del toro sono un prodotto quasi unico e vengono utilizzati dai fantini per spronare i loro cavalli durante il palio di Siena.
Piero Zandomeneghi
Arrosto di maiale al latte di Lorenzo Bencistà
Piatto della festa della mitica Beppa Falorni, la nonna dei fratelli Bencistà macellai e norcini in Greve. Sebbene per tradizione questa pietanza, richiedendo carne assai magra, ben si addice allattuale tendenza del mercato, che per contro, ahinoi, difficilmente ci fornisce ariste da fare arrosto degne di tale nome.
Per 6 persone: 1 kg di arista di maiale disossata e sgrassata, una cipolla rossa, 2 carote, una costa di sedano, un rametto di rosmarino, un litro di latte, olio extravergine di oliva, sale e pepe. Preparazione: 20 minuti. Cottura: 1 ora.
Steccate la carne con rosmarino, aglio, sale e pepe, quindi legatela per tenerla bene in forma durante la cottura (ma larista così preparata la potete trovare già pronta dal vostro macellaio). In una casseruola di diametro appena sufficiente a contenerla, rosolate la carne in olio extravergine, fino ad uniforme coloritura. Aggiungete le verdure tagliuzzate lasciandole appassire per alcuni minuti, rimestando di frequente. Coprite col latte, incoperchiate e lasciate cuocere a fuoco lento. A cottura togliete la carne e tenetela in caldo, mentre passerete il sugo, aggiustando di sale e provvedendo a farlo ritirare se non risulterà abbastanza cremoso. Affettate la carne disponendo le fette su un piano di portata caldo, coprite con la salsa ben addensata e servite.
Bistecca alla fiorentinadi Stefano Bencistà
Per 6 persone: un pezzo di lombata ( con losso e il filetto) o di costata di manzo di circa un chilo e due etti, olio extravergine di oliva, sale fino, pepe nero. Preparazione: pochi minuti più leventuale preparazione della brace (1 ora). Cottura: dai 10 ai 20 minuti (dipende dallo spessore della carne)
Preparate la brace con della legna, altrimenti utilizzate del carbone già pronto. Se possibile, evitate di cuocere la bistecca sul fornello a gas. Riscaldate molto bene la gratella, quindi adagiatevi la carne e fatela cuocere da un lato, evitando di bucarla e condirla. Quando avrà formato una crosta di colore bruno, capovolgetela e cuocetela dallaltro lato. Conditela con sale e pepe, toglietela dal fuoco e unite lolio. Deve essere servita al sangue.
Considerazioni
Il peso per commensale è difficilmente quantificabile. Molto spesso si arriva ad avere porzioni circa il doppio di quella consigliata, anche perché la bistecca viene mangiata da sola senza accompagnamenti di primi piatti o altro. Sul nome cè poco da dire, essendo chiaro che si tratta della volgarizzazione dellinglese beef-steak, che sta a indicare una fetta di carne bovina. Caso mai è opportuno ricordare che il nome proprio è bistecca, e non fiorentina, essendo indicata a Firenze con questo nome una squadra di calcio o un cittadino di sesso femminile.
Per essere degna del suo nome la bistecca deve essere grande: sia per lo spessore (almeno 3 cm) sia per la superficie. Da qui la necessità che sia tratta da un animale di grossa mole, quindi non giovanissimo e di razza specializzata da carne. È opportuno precisare che il taglio può essere di lombata, quello di forma grosso modo triangolare in cui base e altezza sono determinate dallosso , con da una parte la poderosa muscolatura lombare e dallaltra il tenero filetto, oppure di costola, che, filetto a parte non è detto sia peggiore. Il colore è altresì importante. Deve essere il bel rosso intenso delle carni mature e ben frollate, e non rosato o rosso scarlatto, indice di immaturità o di trattamenti indebiti. Il grasso, importante per conferire morbidezza e sapidità, deve essere bianco, ben distribuito ai bordi e con qualche leggera infiltrazione nel tessuto muscolare, mai in eccesso.
Fra lavere a disposizione una bella bistecca e mangiare una buona bistecca cè di mezzo la cottura. Per la quale non è necessaria nessuna preparazione anche se qualcuno parla di marinatura in olio sale e pepe. Pratica questa che se non proprio dannosa, non migliora certo il risultato.
Piuttosto bisogna evitare di mettere a cuocere la bistecca appena tolta dal frigo, ma lasciare che recuperi la temperatura ambiente. La fonte del calore non è decisiva se la temperatura iniziale è abbastanza elevata da garantire unimmediata coagulazione superficiale, con formazione di una crosticina uniforme, che impedisce la perdita dei succhi, e se la quantità di calore è costante durante la cottura in modo da evitare lallessamento. La salatura, sempre per evitare la fuoriuscita dei succhi, deve avvenire dopo aver rigirato la bistecca, sulla crosticina e mai sulla carne viva. La cottura ottimale è raggiunta quando la carne è uniformemente abbrustolita allesterno, il grasso è ben sciolto, lucido e trasparente, e losso senza più tracce di sangue. Allinterno, particolarmente vicino allosso, la carne deve essere cruda di aspetto ma ben calda. Un filo dolio e una macinata di pepe nero completano lopera. Unultima avvertenza.
Provate a usare il limone che di solito vi portano per pulirvi le dita, con cui avete afferrato losso per rosicchiarlo, evitando di cospargere le carni. Vedrete che è meglio.
Antica Macelleria Falorni
Web: www.falorni.it
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