Palamita, tonnetto o Sarda sarda? Già iniziamo con un dubbio. Quindi spostiamoci sul certo, ovvero sul descrivere di cosa stiamo parlando. Si tratta di un pesce azzurro dal sapore simile allo sgombro (e siamo alla quarta similitudine) che può arrivare fino ai 10 kg di peso e ai 50-70 cm di lunghezza e che viene venduto per lo più a tranci. Si distingue dal tonno striato per le righe dorsali oblique e le pinne, sempre dorsali, più corte. È comune nei nostri mari e lo si pesca in estate, soprattutto in settembre. Se lo comprate intero, controllate il colore rosso delle branchie e sentite la carne, che al tatto deve essere ben soda (raccomandazione simile per tutto il pesce fresco). A casa, tagliatelo in due a livello stomaco, togliete le interiora, sciacquatelo bene e fatelo a fette, non troppo spesse. Il suggerimento è di non togliere la pelle, ma seguite le indicazioni: dipende da che tipo di risultato finale volete ottenere. A questo punto, potete mettere la palamita nelle ricette che conosciamo e ottenerne altre certezze.
Per esempio… Al forno coi pomodorini e le patate (questo è un tipo di preparazione che nel “capitolo” dedicato al pesce è spesso citato perché non si sbaglia mai... quando hai perplessità, inforna!), in teglia o al cartoccio. Sulla griglia (altra certezza), dopo averla marinata tre ore in olio, aglio, limone, origano e peperoncino. Impanata nel pangrattato alle erbe aromatiche e fritta. All’acqua pazza. Nel sugo con pomodori, peperoncino e piselli (o capperi). E naturalmente vale anche la ricetta della palamita cruda: in carpaccio, con zucchine e pistacchi, o in tartare, con cipolline sottaceto, miele d’acacia e germogli.
E gli esperti? Sulla tavola di Agostina Battaglia si trovano Spaghetti alla chitarra con patè di palamita, rosamarina piccante e datterini confit. Su quella di Andrea Fusco, Palamita affumicata alla liquirizia con fondente al pomodoro, timo e aria di mentuccia. Per Gianfranco Pascucci è un Hamburger servito con maionese allo scalogno e per Diana Henry è essiccata e messa a scaglie in ciotola con riso, pollo e uova, ma lei giura che non ne serva molta, visto che in questa trasformazione è costosa e consiglia anche di non lasciarla troppo a lungo o il brodo avrà un sapore troppo persistente di pesce. Sulla tavola di Gennaro Esposito è il pesce azzurro servito nella Zuppa di tarallo di Agerola con conserva di pomodoro.
L’interpretazione del Sashimi di palamita alle erbe (il cui nome originale è Katsuo no tataki) di Maori Murota, con daikon, myoga, aglio, foglie di shiso, succo di sudachi (o yuzu, limone, lime, bergamotto) e ravanello vale la pena impararla direttamente dalle sue parole: “Gustate intingendo (ma non troppo!) nella salsa di soia. Esistono due scuole di pensiero per la preparazione della palamita. Secondo la prima, bisogna grigliare tutte le superfici del pesce crudo su un fornello a gas o su un fuoco di paglia (per essere più autentico). Non appena la palamita cambia colore si toglie dal fuoco, s’immerge nell’acqua ghiacciata e si asciuga. La seconda scuola, invece, salta quest’operazione. Ed è la scuola che preferisce mio padre perché ritiene che grigliare il pesce alteri la texture e l’odore della palamita. A me piacciono entrambe. Grigliando la superficie del pesce, si sente la pelle leggermente affumicata”.
Infine, via libera all’invenzione. Risale al 2012 quella di Alessandra Moschettini: si chiama l’Azzurro variazioni e consiste in un vasetto di palamita cotta sottolio a bassa temperatura, merluzzo impanato alle erbe aromatiche e polvere di liquirizia, spiedino di alice, pomodoro e zucchina fritta, tonno marinato in salsa di soia, passato nel sesamo e scottato in padella, sgombro al vapore all’aceto balsamico.
Nonostante i dubbi, una cosa è chiara: alla palamita piace stare in compagnia di altri pesci. Se così non fosse, per quale ragione avrebbe tre nomi?
Giorgia Fieni
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