La produzione nazionale: struttura e valore
Pur rappresentando poco più dell’1% del valore della produzione agricola nazionale, il settore continua ad assumere un ruolo economicamente rilevante nelle aree maggiormente vocate, in virtù della forte concentrazione territoriale delle greggi. In particolare, circa il 60% del valore complessivo del settore latte è generato nelle Isole e in sole tre regioni — Sardegna, Toscana e Lazio — si realizza ben il 78% della produzione. Inoltre, la presenza degli allevamenti ovicaprini si conferma determinante per la funzione ambientale, sociale e culturale di mantenimento e presidio di aree marginali in cui non sarebbero possibili altre attività produttive.
Nel 2022 l’allevamento ovicaprino ha generato un valore di circa 814 milioni di euro a prezzi correnti, 630 milioni dei quali derivanti dal segmento latte, con un aumento rispetto all’anno precedente che ha sfiorato il 10% da attribuire esclusivamente alla straordinaria spinta dei prezzi alla stalla.
Secondo il censimento annuale dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica, nel 2023 oltre l’80% dei capi in allevamento (esclusi quelli destinati all’autoconsumo) risulta orientato alla produzione di latte oppure ad un indirizzo produttivo misto, per un patrimonio di 6,9 milioni di capi ovini e caprini distribuito in oltre 48.000 unità. Il settore evidenzia un ulteriore ridimensionamento, poiché in un solo anno sono scomparsi oltre 2.000 allevamenti specializzati (–4%), ma la contrazione proporzionale delle consistenze lascia intendere che il processo di concentrazione si stia esaurendo anche in considerazione dei limiti in termini di strutture e pascoli. In complesso, gli allevamenti ovicaprini di grandi dimensioni (>300 capi) incidono solo per il 12% sul totale, ma rappresentano ben il 55% dei capi complessivamente destinati alla produzione di latte e mista latte-carne.
Dal punto di vista territoriale, in Sardegna si localizza il 57% del patrimonio ovicaprino nazionale e oltre un terzo del totale nazionale degli allevamenti a orientamento latte e misto. Per importanza del patrimonio, seguono la Sicilia col 10% dei capi (e il 6% delle aziende), Lazio e Toscana rispettivamente col 9% e il 4%. In altre aree — in particolare Trentino Alto Adige, Calabria e Basilicata — si rileva altresì una elevata numerosità di allevamenti, che però presentano una dimensione ancora mediamente troppo ridotta (meno di 50 capi per gregge).
Il mercato nazionale
Nel 2022 la produzione di latte ovicaprino è rimasta sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente, con 450.000 tonnellate di latte di pecora e 42.000 tonnellate di latte di capra, senza tuttavia recuperare i livelli del 2018-19 principalmente a causa di costi di produzione ancora assestati su livelli elevati e condizioni climatiche che non hanno favorito il pascolo.
La disponibilità di materia prima ha condizionato l’attività di trasformazione e anche per i formaggi si è registrata una certa stagnazione produttiva, più evidente per i pecorini. In particolare, nell’annata casearia 2021/2022 che va da ottobre a luglio, la produzione di Pecorino Romano DOP si era ridotta del 5% attestandosi a 32,6 mila tonnellate in base ai dati dell’organismo di controllo. Nella successiva campagna, conclusasi a luglio 2023, gli elevati prezzi all’ingrosso hanno spinto i caseifici a indirizzare la materia prima disponibile verso la produzione di Romano, oltrepassando il livello record di 36,6 mila tonnellate (il più alto degli ultimi dieci anni), registrando un +12,4% rispetto all’annata precedente.
Dopo i picchi già evidenziati nel 2022, i prezzi del Pecorino Romano Dop hanno raggiunto nuovi livelli record nella prima parte del 2023, arrivando a superare i 14 e/kg nel mese di giugno (+27% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente). All’esordio della nuova campagna casearia, tuttavia, i listini hanno manifestato i primi segnali di inversione di tendenza: in particolare, nel mese di ottobre i prezzi del Pecorino Romano si sono mediamente assestati su 13,32 e/kg, con 60 cent/kg in meno rispetto alla quotazione del mese di luglio, che ha segnato la fine dell’annata 2022/2023. Ad influenzare la frenata dei prezzi, da un lato, la buona disponibilità di prodotto, dall’altro, l’ulteriore cedimento della domanda estera che rappresenta la destinazione prevalente del Romano.
La dinamica crescente ha caratterizzato anche il mercato del Pecorino Toscano Dop, con prezzi ancora in salita e assestati nel mese di ottobre 2023 su un valore di 11,30 e/kg per il “tenero”, pari al +15% rispetto alle quotazioni di un anno fa. Il mercato del Romano, che strutturalmente regola gli equilibri dell’intera filiera, ha influenzato i prezzi del latte all’ovile soprattutto con riferimento all’areale sardo. Nella prima parte del 2023 il prezzo pagato ai pastori dall’industria — che raccoglie circa il 40% del latte della Sardegna — si è attestato a circa 130 e/100 litri Iva inclusa e si è confermato anche nel mese di ottobre, che rappresenta l’esordio della campagna 2023/2024. Stabile nel mese di ottobre il prezzo del latte ovino anche nel Lazio (137 e/100 litri), mentre si registra un ulteriore aumento in Toscana arrivando a 157,5 e/100 litri.
Anche i costi di produzione continuano a restare su livelli ancora elevati, con riferimento ai prezzi dei mangimi la cui integrazione si è resa necessarie a causa delle condizioni insoddisfacenti del pascolo; secondo l’indice Ismea dei prezzi dei mezzi correnti nei primi nove mesi del 2023, i mangimi per gli allevamenti ovini da latte sono risultati ancora in aumento del 6,6% dopo il +20% registrato su base annua nel 2022.
Le esportazioni
L’export costituisce una variabile strategica per l’equilibrio e la performance economica dell’intera filiera poiché circa il 70% del Pecorino è destinato al mercato estero (per gli altri formaggi DOP la propensione all’export si aggira intorno al 40-45%). Nel 2022 è stato realizzato un fatturato record di 247 milioni di euro, in aumento del 17,8% rispetto al 2021, ma gli elevati livelli di prezzo da un lato e la minore disponibilità dall’altro hanno frenato i volumi in uscita (–6,9% rispetto al 2021) verso tutte le principali destinazioni.
L’elevato livello dei prezzi ha continuato a spingere il fatturato realizzato all’estero dal pecorino anche nel 2023, con un aumento del 20,3% nei primi otto mesi, seppure a fronte di volumi in ulteriore contrazione (–3,3%) soprattutto a causa del cedimento della domanda statunitense (–4,7% nel periodo gennaio-agosto 2023). A controbilanciare, si segnalano la crescita a due cifre del mercato tedesco e la ripresa di quello britannico. Focalizzando l’analisi sul mercato USA dei pecorini di importazione, che nel 2022 ha riguardato 24 milioni di tonnellate, si evidenzia una contrazione della domanda per il segmento merceologico del prodotto da grattugia nei primi otto mesi del 2023 (–9% in volume). Si conferma la leadership dell’Italia con una quota in volume del 55% ma, dopo la diminuzione dello scorso anno, si evidenzia nel 2023 un ulteriore calo a due cifre (–15% nei primi otto mesi) con conseguente perdita di quote di mercato.
La Spagna rappresenta il principale competitor dell’Italia con circa 1/5 del mercato, ma anche per il prodotto iberico si evidenzia una flessione delle richieste USA. In forte crescita — con tassi a doppia cifra — gli acquisti dalla Francia e dalla Turchia, caratterizzati da una maggiore convenienza.
La domanda domestica
Per quanto riguarda la domanda nazionale, la forte spinta inflazionistica che ha interessato tutto il comparto dei beni alimentari ha significativamente impattato sulle scelte di consumo delle famiglie italiane che hanno reagito, in generale, con una riduzione delle quantità nel carrello. In particolare, per quanto riguarda i formaggi pecorini, nei primi nove mesi del 2023 le vendite sono risultate in contrazione dell’8% in volume, a fronte di una decisa spinta sui prezzi (+23%). Tali dinamiche sono state un po’ più accentuate rispetto al totale del comparto formaggi, in particolare trainate dal Pecorino Romano DOP (che rappresenta il 15% sia in volume che in valore sul totale pecorino), le cui vendite sono risultate in calo del 8,7% in quantità in corrispondenza di un aumento dei prezzi più consistente rispetto al totale dei formaggi pecorini (+29%). Ciò ha determinato anche un allargamento della forbice tra il Romano DOP e gli altri pecorini, considerando che per questi ultimi i prezzi medi di vendita al dettaglio sono cresciuti di meno (+21,6%).
Per quanto riguarda i canali distributivi, la contrazione delle vendite in volume di Pecorino Romano non è stata generalizzata presso la distribuzione moderna: la variazione negativa più evidente si è registrata nei super piccoli e i liberi servizi (–12% in volume), mentre è risultata più contenuta nei super grandi (–3,5%) e in controtendenza negli iper (+1,9%). Il discount è il format in cui si è registrato il calo più importante delle vendite in volume (–20,2%) a fronte di un aumento medio dei prezzi superiore al 28%.
Prospettive
Il settore sembra proiettato verso una situazione di stabilità, dopo quello che è stato definito dagli stessi operatori un vero e proprio “momento d’oro”, soprattutto grazie al rafforzamento dei prezzi dei prodotti più rappresentativi che hanno consentito una soddisfacente ripartizione del valore lungo tutta la filiera e hanno innescato un processo di innovazione sotto diversi punti di vista. Importanti risultati sono stati raggiunti grazie ai numerosi progetti internazionali promossi sui più importanti mercati mondiali, dall’America all’Asia. Altri risultati importanti sono attesi dalle recenti scelte di diversificazione del prodotto sostenute dal Consorzio del Pecorino Romano per incrementare il consumo del formaggio in purezza (e non solo come ingrediente), riducendo i quantitativi di sale e introducendo tipologie in grado di soddisfare differenti gusti, come il prodotto di montagna o stagionature più elevate.
Notevoli anche gli sforzi in termini di comunicazione, come ad esempio il progetto europeo “Gusto” a cui partecipa il Pecorino Toscano con altre tre eccellenze agroalimentari toscane o il progetto “Cheese Sorriso di Sardegna” promosso dal Pecorino Sardo attraverso la diffusione di itinerari turistici che coinvolgono luoghi di produzione, siti archeologici, centri d’arte e cultura, musei, sagre tradizionali.
Una spinta ulteriore all’affermazione dei prodotti tradizionali verrà anche dalla definitiva entrata in vigore del nuovo regolamento proposto della Commissione europea, che mira a rafforzare la tutela dei prodotti a Indicazione Geografiche e il ruolo dei Consorzi anche nella promozione, e che per il settore lattiero caseario ovicaprino nazionale potrebbe avere un impatto positivo su ben 18 prodotti denominazioni, per 83.000 tonnellate certificate e un valore alla produzione stimato in quasi 450 milioni di euro. Infine, in una prospettiva di lungo periodo, in cui il sostegno della PAC post 2027 potrebbe sempre più essere indirizzato verso produzioni sostenibili, l’allevamento ovicaprino potrebbe diventare un settore fondamentale di una strategia nazionale — e soprattutto regionale — indirizzata alla tutela del paesaggio e delle produzioni tipiche, del presidio del territorio e del benessere animale, e finalizzata anche a scongiurare il rischio di ulteriore abbandono dell’attività pastorizia con conseguente ricaduta negativa sull’attività di caseificazione e relativo indotto occupazionale (fonte: Tendenze e dinamiche recenti Latte ovino, Novembre 2023, Ismea, www.ismea.it).
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