La storia della frollatura ci regala un’immagine iconica che appare ancora come “romantica”, con le carni appese dentro le botteghe dei macellai e le teste fuori a indicare la fresca macellazione. Inoltre, un tempo, i macellai applicavano un metodo empirico per scongiurare un eccessivo calo peso delle mezzene: erano soliti far vedere le carni appese con la pelle. Ovviamente, queste pratiche innescavano comunque notevoli contaminazioni microbiche, con presenza di funghi, muffe e odori sgradevoli e conseguenze deleterie sulla salute delle persone. Nasce da qui l’abilità dei macellai nel frollare la carne “alla bella e meglio” nella propria bottega, con un processo non controllato ma necessario a scongiurare l’evidente imputridimento del prodotto e ad anticipare i tempi di commercializzazione, a scapito di una maturazione sicura ed efficace.
Oggi, per fortuna, il mondo della macelleria è molto più responsabile, anche perché una simile pratica sarebbe a dir poco improponibile, per la mancanza dei minimi requisiti igienico-sanitari e per la necessaria combinazione di parametri basilari utili a garantire le condizioni di un processo di frollatura ottimale, come la verifica di temperatura, umidità e ventilazione, principi fisici in grado di governare in un range sicuro il valore del pH.
Ricordiamo che tra i fattori principali che influenzano in modo sostanziale la fase di pre-frollatura, tutti riconducibili al benessere animale, vi sono: il trattamento, l’alimentazione, la temperatura ambientale, le condizioni e la durata del trasporto degli animali al macello. Elementi, questi ultimi, che incidono molto sullo stress pre-macellazione, tanto da influire sulla tensione della muscolatura, abbassando, e a volte annullando, gli zuccheri muscolari, oltre ad alterare il colore, la consistenza e la funzionalità proteica del muscolo.
È importante sapere che la norma fissa in sei giorni dalla data di macellazione la durata per le carni fresche refrigerate. Purtroppo, oggigiorno, si trovano spesso in commercio generi di carni originarie di Paesi lontani, macellate da svariate settimane e confezionate per affrontare lunghi viaggi. E tanto le mezzene quanto i diversi tagli anatomici, spesso conservati sottovuoto, non subiscono alcun processo di maturazione e la carne, viaggiando per decine di giorni nelle celle frigorifere di camion o navi, subisce una trasformazione non controllata, con tutte le conseguenze e i rischi alimentari del caso.
Comprensibile, quindi, quanto questi processi siano importanti, tanto ai fini di un risultato gastronomico ottimale quanto a garanzia della salubrità del prodotto.
Ad ogni modo, per raggiungere tali obiettivi, le macellerie, le griglierie, i ristoranti e le steakhouse hanno l’opportunità di far maturare la propria carne con un metodo e un dispositivo brevettati: a tal proposito arriva in loro soccorso il Maturmeat®, armadio-vetrina brevettato che si avvale del Cuomo Method®, che consente una maturazione delle carni ottimale e igienicamente sicura, grazie a una sonda intelligente che verifica e governa la pHmetria, ricorrendo allo stimolazione dei soli parametri fisici come temperatura, umidità e aerazione, replicando naturalmente il microclima ideale senza alcuna manipolazione o sofisticazione chimica.
Oggi si sa che i tempi di maturazione variano a seconda del risultato che si desidera ottenere in termini organolettici. Nel processo di frollatura, ossia di trasformazione del muscolo in carne e successivo periodo di maturazione, studi scientifici, pubblicati sulle più autorevoli riviste internazionali di settore, sottolineano che i miglioramenti sostanziali riguardano tre indici di incremento: la concentrazione e la persistenza del gusto, la morbidezza delle fibre e l’aumento dei valori nutrizionali.
Altro parametro, invece, è la colorazione che assumono le carni maturate: in presenza di ossigeno, si verifica infatti l’ossidazione delle pareti esterne e le parti delle lombate non ricoperte da grasso si ossidano, cambiando colore dal rosso vivo fino alle varie nuance del cioccolato. Nella maturazione è assolutamente naturale che questo avvenga, per cui la carne sarà solo esternamente asciutta e ossidata, mentre all’interno risulterà rossa, fragrante e succulenta.
Una bistecca maturata correttamente si potrà consumare in totale sicurezza anche cruda, sotto forma di carpaccio o tartare, perché avrà subito processi controllati che garantiscono la totale assenza di proliferazioni batteriche, funghi o muffe nocive.
È fondamentale chiarire che l’influenza di questa tecnologia, specificatamente riferita all’impiego dei soli tre parametri fisici fondamentali, determina solo benefici miglioramenti sulle proprietà organolettiche e nutrizionali degli alimenti. Sarebbe incongruente, infatti, promuovere un metodo che per distruggere i batteri ha la necessità di degradare e impoverire anche gli alimenti.
Etica, gusto, sostenibilità e salute, sono i punti cardinali di questa opportunità. E non serve altro se si usa il Maturmeat®.
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In foto la chef Maddalena Tessitore felice del suo Maturmeat® nel ristorante Dogana Golosa di Caserta.
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