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Prodotti tipici

Muschiska, condensato di transumanza

di Villa R.


Storia e legame col territorio: Dauni, Romani, Arabi ed Aragonesi
La transumanza è un fenomeno che ha caratterizzato per secoli l’area appenninica centro-meridionale, la dura e scomoda vita dei pastori erranti — così meravigliosamente dipinta da Giacomo Leopardi nell’omonimo sofferente canto, laddove l’Asia è unicamente presa a simbolo del remoto, tanto nel paesaggio quanto nelle imperscrutabili risposte dell’animo umano1 — si è caratterizzata attraverso riti, usanze, cibi. Tra questi ultimi la muschiska o mesciske dell’areale garganico, altrimenti nota come micischia o vicischia nei vicini Abruzzo e Molise.
L’origine del nome sembra derivi dall’arabo mosammed, che significa “cosa dura, secca”, e che ha una relazione anche col termine mosciame, carne essiccata di tonno e di altri pesci diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo. Come per molti alimenti legati alla tradizione rurale, vieppiù per quella pastorale, non ci sono tracce scritte che consentano di datarne la nascita in modo esatto, pertanto è lecito supporre che già al tempo dei Romani, e fors’anche in precedenza, venisse prodotta con tecniche non molto dissimili dalle attuali. Insieme a formaggio e prodotti da forno secchi (taralli, scaldatelli, ecc…), accompagnati da qualche verdura sottolio, costituivano l’alimento principale nei lunghi periodi stagionali di transumanza dal piano al monte e relativo ritorno.
La transumanza era un’attività talmente diffusa che nel 1447 re Alfonso I d’Aragona, ricalcando la struttura del Honrado consejo de la mesta (onorato consiglio della mesta) — un’associazione di proprietari di ovini transumanti della Castiglia, fondata quasi duecento anni prima — volle regolamentarla ed istituì quindi a Lucera la “Regia Dogana della mena delle pecore di Puglia”, trasferita poi a Foggia nel 1468 e soppressa solamente nel 1806 durante l’occupazione francese del Regno di Napoli.
I centri nella Puglia settentrionale maggiormente noti per la muschiska sono Sannicandro garganico e Rignano garganico, un prodotto analogo si trova in alcune aree montane abruzzesi e molisane.
È inserita nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali della Regione Puglia, depositato presso il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

Descrizione del prodotto
La carne di pecora, capra o più raramente di vitello, viene disossata, accuratamente sgrassata, stesa su un piano e abbondantemente salata su tutta la superficie con una concia composta di sale, aglio, peperoncino, semi di finocchio; nelle regioni limitrofe come l’Abruzzo si usano anche altre erbe aromatiche come il rosmarino o erbe di montagna. Segue l’essiccamento all’aria per almeno 20 giorni e il taglio in strisce larghe circa 2 o 3 cm e lunghe da 20 a 30 cm, per favorirne sia il trasporto sia il consumo (pre-tagliato, un po’ come il sushi, se vogliamo rifarci ad un cibo di un’altra cultura millenaria). Era uso in passato appendere le strisce in estate su un filo teso esposto al sole affinché perdessero ulteriormente umidità e si concentrassero i sapori.
Oggigiorno, sebbene perda un po’ della romanticità indissolubilmente legata al prodotto, l’essiccamento a livello artigianale può essere fatto in forni a temperatura e umidità controllate per avere un risultato più rapido e costante.
La conservabilità è ottima, sufficiente a passare tutta la stagione tra la primavera e la metà dell’autunno. Confezionata sottovuoto mantiene inalterate le proprie caratteristiche organolettiche e nutrizionali fino a 10 mesi ed oltre. Ne esiste oggi anche la versione più fresca e meno serbevole, ideale per una rapida cottura.
Le razze locali impiegate per la produzione sono la pecora Gentile di Puglia, la capra Garganica e il vitello di razza Podolica, in tempi recenti si usano anche altre razze diffuse nell’allevamento.

Occasioni di consumo, abbinamenti gastronomici e enologici
Si può consumare sia cruda, come cibo rapido e pratico, da viaggio o per uno spuntino veloce — in un altro articolo su Eurocarni n. 1/20222 ho raccontato quanto sia previsto in crescita il settore della carne secca e quanto potrebbero goderne le nostrane produzioni tipiche se ben valorizzate e promozionate — ma anche dopo averla sottoposta a cottura, ad esempio i pastori le scaldavano sulla brace ma nella versione più fresca si possono anche passare brevemente al forno o rosolate in padella. Il colore è bruno scuro per l’intensa ossidazione dovuta all’azione dell’aria ed eventualmente del sole.
L’abbinamento enologico più frequente nella zona di produzione è col Nero di Troia IGP, servito fresco, ma nulla vieta di accompagnarlo, sempre rimanendo entro i confini amministrativi regionali, con un Negroamaro DOC anche nella versione rosato o con un giovane Salice Salentino DOC Negroamaro o rosso (non monovarietale).
La si trova nelle macellerie locali e la si può gustare nella sagra della carne di capra e della muschiska di Rignano garganico all’inizio del mese di agosto3.

Roberto Villa



Note

www.giacomoleopardi.it/?page_id=6396
www.pubblicitaitalia.com/it/carne/prodotti/eurocarni/2022/1/20274
www.prolocorignanogarganico.it/attivita/sagra-della-capra-e-della-musciska
* A pagina 114, muscisca del Gargano, photo © www.apuleat.it



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