Il 15 maggio 2014 Bruxelles ha emesso il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il Regolamento (CE) n. 1760/2000 per quanto riguarda l’identificazione elettronica dei bovini e l’etichettatura delle carni bovine. Il documento è già stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
In origine, il Regolamento (CE) n 1760/2000 prevedeva l’istituzione di un sistema di registrazione e identificazione per i bovini da parte di ciascuno Stato Membro. Tale sistema consiste ad oggi di marchi auricolari ad entrambi gli orecchi e passaporti per gli animali, registri individuali tenuti presso ciascuna azienda e banche dati informatizzate. Queste banche dati nazionali dovrebbero essere pienamente operative dal 2000, come riportato nella Direttiva 64/432/CEE del Consiglio. È un sistema concepito dopo gli eventi legati alla Bse, che ha consentito di riconquistare la fiducia dei consumatori e ha rafforzato moltissimo la sicurezza alimentare. Ma ha anche incrementato gli oneri e i costi per le aziende agricole. Di conseguenza, in questo decennio si è cercato di trovare soluzioni che garantissero sempre la massima tracciabilità a un costo burocratico e monetario minore.
Già nella comunicazione della Commissione del 22 ottobre 2009 — Programma d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell’UE “Piani settoriali di riduzione e azioni 2009” — la Commissione riconosceva l’onerosità del sistema in atto. Contemporaneamente, i sistemi di identificazione elettronica (EID) si sono via via sviluppati e perfezionati e sono anche stati adottati per gli ovini e i caprini.
Questi sistemi basati sulle radiofrequenze (spesso chiamati Rf-Id) possono snellire i processi di tracciabilità perché sono altamente automatizzati e precisi sia nella fase di lettura sia in quella di iscrizione nel registro aziendale. Inoltre, annullano i tempi di comunicazione degli spostamenti e dei decessi dall’azienda agricola alla banca dati centrale. Questo aspetto è fondamentale perché, aumentando l’affidabilità dei dati e la tracciabilità, verrebbe semplificata la gestione di alcuni pagamenti diretti per gli agricoltori.
Con gli Rf-Id si raggiunge una rapidità nella gestione e trasmissione delle informazioni — sia all’interno dell’allevamento, sia verso l’esterno — impensabile con metodi manuali. Le capacità di reazione in caso di epidemie o contaminazioni accelerano e i costi di manodopera calano, ma si va incontro al costo legato all’acquisto delle apparecchiature necessarie.
Alcuni Paesi hanno avviato già ora su base volontaria l’applicazione dell’identificazione elettronica anche ai bovini. Questo fa sì che l’UE debba prendere provvedimenti rapidi per evitare che un domani non vi sia armonizzazione dei vari sistemi nei diversi Paesi, il che vanificherebbe gli sforzi del settore e creerebbe numerose complicazioni burocratiche, commerciali e, sicuramente, politiche. Quindi, bisogna individuare sistemi “interoperanti e coerenti con le pertinenti norme ISO o altre norme tecniche internazionali”.
Non si può dire che l’UE non abbia spinto apertamente per l’introduzione della tracciabilità in formato elettronico nel settore bovino. Già nel 2005, nella relazione della Commissione del 25 gennaio, si concludeva affermando che esisteva la possibilità di introdurre l’EID (identificazione elettronica per radiofrequenze) nel settore dei bovini ed anzi era “altamente auspicabile” anche dal punto della riduzione degli oneri amministrativi. Poi, nel 2008 la comunicazione del 10 settembre della Commissione — Piano d’azione per l’attuazione della strategia europea in materia di salute animale — prevede proprio che gli obblighi informativi, come passaporto e registro aziendale, siano semplificati anche introducendo l’uso dei sistemi EID. Inoltre, nel 2007 la comunicazione del 19 settembre — Una nuova strategia per la salute degli animali nell’Unione Europea (2007-2013): prevenire è meglio che curare — non solo cita l’EID per il miglioramento dell’identificazione dei bovini e la semplificazione degli obblighi di informazione, ma addirittura suggerisce di rendere possibile effettuare lo scambio di passaporti elettronici degli animali fra Paesi diversi.
Dunque davvero, l’identificazione elettronica dei bovini rispecchia le indicazioni della UE e contribuisce a mettere in atto le strategie, compresa Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.
A questo punto però resta il nodo delle tipologie di identificatori da utilizzare, tenendo conto della loro affidabilità,della durata nel tempo e da quanto stabilito in Paesi Terzi o comunitari che già ne fanno uso. Oggi il Reg. 1760/2000 viene modificato proprio ampliando l’uso previsto di identificatori elettronici e rendendoli mezzi ufficiali di identificazione.
La UE riconosce che questo passo comporta sì un risparmio di tempo e manodopera sul lungo periodo, ma richiede un investimento iniziale notevole (economico e di formazione del personale coinvolto). Di conseguenza, dispone un periodo di transizione di 5 anni da ora per adeguarsi al nuovo corso.
Da qui al 2019, quindi, i marchi auricolari tradizionali continueranno a rappresentare l’unico mezzo ufficiale di identificazione dei bovini. Con questo periodo-finestra si vogliono tutelare gli operatori e, pur diventando ufficiale il sistema con l’EID, questo sarà volontario. Pertanto, saranno gli allevatori a decidere se adottarlo o meno, in base ai vantaggi che ne potrebbero trarre. Se così vorranno, gli allevatori di piccole mandrie potranno proseguire a identificare i loro pochi capi con le due marche auricolari, per esempio. Addirittura, i singoli Stati devono consultare le Organizzazioni rappresentative del settore delle carni bovine e devono considerare l’impatto della decisione sui piccoli produttori, prima di stabilire se rendere obbligatoria o meno l’identificazione elettronica.
Con questa decisione, la Commissione cerca di avviare la filiera verso la modernità e la riduzione dei costi burocratici, senza però imporre costi alle piccole realtà, cui viene riconosciuta importanza sociale. I responsabili di identificazione e registrazione degli animali con i sistemi elettronici devono essere formati adeguatamente per essere in grado di svolgere il proprio lavoro: questo compito spetta agli Stati Membri.
Ogni Stato comunitario, però, può introdurre disposizioni nazionali per rendere obbligatorio l’uso dell’identificatore elettronico, che è uno dei due metodi di identificazione che ancora devono coesistere. Tale decisione deve essere comunicata dallo Stato alla Commissione.
Spetta alla Commissione europea definire il formato e la concezione dei mezzi di identificazione e le procedure e le norme tecniche per l’applicazione dell’identificazione elettronica dei bovini. Anche passaporto e registro sono definiti, nel loro formato, dalla Commissione.
È previsto che se un’azienda utilizza l’identificazione con mezzi alternativi (identificazione elettronica) essa possa essere registrata nel database nazionale e che l’allevatore che utilizza i mezzi alternativi ed abbia accesso al database possa non aggiornare il registro cartaceo aziendale, a patto che aggiorni il database entro 24 ore dal verificarsi di un evento (nascite, morti, nuovi ingressi in azienda, ecc…).
Gli Stati possono scambiarsi informazioni tramite i loro database (si veda il progetto-pilota Bovex), una volta che la Commissione ha riconosciuto la piena operatività del sistema di scambio dati.
Ma come devono essere questi sistemi EID per l’identificazione elettronica dei bovini? Per far sì che siano integrati nel sistema agroalimentare europeo fin da subito, devono rispondere ad alcune caratteristiche e certi requisiti, che spetta alla Commissione europea definire, dopo opportune consultazioni di esperti. Ad esempio, spetta alla Commissione definire:
il formato e la concezione dei mezzi di identificazione;
le procedure e le norme tecniche per l’attuazione dell’EID;
le norme riguardanti la configurazione del codice di identificazione;
le dimensioni massime e la composizione di certi gruppi di animali.
Con atti di esecuzione, la Commissione fissa le norme necessarie che definiscano in maniera chiara:
il formato e la concezione dei mezzi di identificazione;
le procedure e le tecniche per l’identificazione elettronica dei bovini;
la configurazione del codice di identificazione.
Queste decisioni possono essere prese sulla base degli studi e delle sperimentazioni effettuate. Ma devono essere consequenziali alle decisioni che la Commissione prende in materia di banche dati nazionali e dei dati che queste si scambiano fra Paesi Membri, in modo da far avere agli allevatori dei sistemi EID già perfettamente a norma per le banche dati e così facilitare da subito gli scambi nazionali, intra-comunitari ed extracomunitari. Però, la norma pubblicata riporta che “ciascun Stato Membro trasmette agli altri Stati Membri e alla Commissione il modello dei mezzi di identificazione utilizzati nel suo territorio e rende questa informazione disponibile in internet. La Commissione assiste agli Stati Membri nel rendere l’informazione disponibile al pubblico fornendo sul proprio sito web i collegamenti ai siti web pertinenti degli Stati Membri”.
Dunque, chi già oggi è intenzionato ad identificare i propri bovini tramite EID, dovrà monitorare il sito per sapere quali informazioni è necessario che siano registrate nel sistema. In alternativa, ma con alcuni rischi di dover in futuro modificare, aggiungere o eliminare certe voci di registrazione, potrebbe optare per riportare nel sistema EID tutti i dati presenti nel registro aziendale cartaceo.
Giulia Mauri
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