Prevenire è meglio che curare, recita così un vecchio detto popolare. Un adagio che risulta vero in tantissimi campi dove la prevenzione riveste un ruolo importante per la sicurezza delle persone e delle attività lavorative. La prevenzione incendi, quindi, per definizione rientra a pieno titolo nelle applicazioni che concorrono alla sicurezza dei luoghi di lavoro. Ma come si può, o meglio come si deve operare per poter ragionevolmente porre in essere un significativo sistema preventivo? Uno dei passaggi fondamentali, ma solo per alcune attività nelle quali il rischio di sviluppo incendi è più consistente, è l’ottenimento ed il mantenimento in essere nel tempo del “Certificato di Prevenzione Incendi” (d’ora in poi lo chiameremo CPI ). Questo certificato viene rilasciato dai comandi provinciali del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, a seguito dello svolgimento di una pratica nella quale i funzionari tecnici dei Vigili del Fuoco analizzano la conformità alle prescrizioni legislative delle caratteristiche di una azienda.
Le aziende che sono soggette al controllo da parte dei Vigili del Fuoco, e che quindi in ultima analisi devono dotarsi di CPI, sono quelle che al loro interno contengono una o più delle voci individuate in una tabella pubblicata in un DM del 1982. La tabella, presente nel DM 16 febbraio 1982, comprende 97 voci, definite propriamente attività, e qualora un’azienda possegga al suo interno una o più di questa attività, deve essere sottoposta all’iter per l’ottenimento del CPI. Centrali termiche superiori alle 100.000 kcal/h, depositi di materiali combustibili superiori a 50 quintali, ascensori e montacarichi con altezze superiori a 20 metri... sono solo alcune delle attività contenute nel decreto. In suddetta tabella poi, per ogni attività individuata, sono indicate anche le durare temporali delle validità dei CPI, generalmente 3 o 6 anni; trascorso questo tempo il certificato in essere scade e la ditta deve adoperarsi per il rinnovo.
Il rinnovo del CPI può essere realizzato quasi d’ufficio solamente se, nel corso degli anni precedenti, non sono state apportate significative variazioni alla ditta in questione. In questo caso il rinnovo del CPI richiede una dichiarazione di “nulla mutato” (rispetto alla condizioni per le quali il Comando aveva rilasciato il CPI), redatta dal datore di lavoro o dal legale rappresentante, unitamente ad una perizia giurata sulle caratteristiche di funzionamento della rete idrica antincendio a firma di un professionista abilitato per quanto concerne la prevenzione incendi. Qualora si siano realizzate variazioni significative al layout aziendale, il rinnovo del CPI passa obbligatoriamente attraverso l’esame dei tecnici dei Vigili del Fuoco, i quali potranno, se necessario, formulare delle prescrizioni da realizzarsi al fine di ottenere il rinnovo. Tali prescrizioni dipendono dalla natura dell’attività interessata, dalla complessità e dalla caratteristiche dallo stabilimento e, quindi, possono essere le più diverse (derivano comunque dall’applicazione di tutta la normativa tecnica prevista dal Legislatore).
Le prescrizioni più comuni generalmente sono: l’incremento del numero dei presidi antincendio (idranti ed estintori); la realizzazione di ulteriori percorsi d’esodo; la compartimentazione di alcuni locali; l’adozione di sistemi di rilevazione incendi automatici; la realizzazione di un nuovo Documento di Valutazione del Rischio Incendio… Solo dopo aver dato seguito all’insieme delle prescrizioni, il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco rilascia il rinnovo del CPI. Se invece, anche in corso di validità del CPI, il datore di lavoro esegue lavori di ampliamento o di modifica significativi e che interessino una o più delle 97 attività previste dal Decreto Ministeriale 16/02/82, come ad esempio l’adozione di una nuova centrale di produzione calore o l’ampliamento della zona deposito, allora si deve procedere con una pratica di esame del progetto di variante, dove i tecnici dei Vigili del Fuoco verificano o meno la rispondenza ai requisiti normativi del progetto stesso. Anche in questo caso i tecnici possono esprimersi con parere negativo (esame bocciato, caso poco frequente), positivo con prescrizioni o anche completamente positivo (caso molto raro).
Una volta dato seguito alle prescrizioni formulate dal funzionario che esamina la pratica, è allora possibile richiedere il rilascio del nuovo Certificato di Prevenzione Incendi. Qualora la ditta sottoposta a certificazione vari la propria ragione sociale, si dovrà procedere a una voltura del CPI, il quale deve, per restare in corso di validità, essere sempre intestato alla ragione sociale della ditta che lo possiede. L’iter per la voltura è comunque abbastanza rapido e generalmente non comporta problematiche di sorta. Come nel caso del rinnovo, il legale rappresentante della vecchia ragione sociale presenta una dichiarazione di nulla mutato e contestualmente il legale rappresentante della nuova ragione sociale richiede la voltura del CPI.
Il tutto deve essere fatto impiegando appositi modelli cartacei scaricabili dal sito del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (www.vigilfuoco.it) o facendosi assistere da un tecnico abilitato alla prevenzione incendi. Qualora una ditta ricadente sotto il controllo del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco sia sprovvista di CPI oppure questo sia scaduto, essa è passibile di sanzioni. Inoltre, il Comando dei Vigili del Fuoco può giungere a comunicare al sindaco la situazione di assenza di CPI. A questo punto il sindaco ha facoltà di far chiudere l’attività fino a che questa non si sia dotata di regolare certificato di prevenzione incendi ed abbia quindi regolarizzato la propria posizione. La mancanza della validità o addirittura della presenza del CPI ha anche un’altra conseguenza non poco trascurabile. L’assicurazione dell’azienda in caso di incendio avrebbe un ottimo e ben giustificato motivo per non rifondere i danni materiali provocati da un eventuale incendio che sfortunatamente si fosse sviluppato.
Inoltre, nel caso vi fossero danni a persone, sempre causati dal medesimo accadimento, il legale rappresentante dovrebbe rispondere dinanzi al magistrato della mancanza del CPI e, quindi, dovrebbe sostenere un peso accusatorio decisamente superiore. I casi accaduti in questi ultimi anni hanno proprio posto in evidenza la correlazione tra assenza di Certificato di Prevenzione Incendi e incrementi sanzionatori ai legali rappresentanti di aziende nelle quali si era sviluppato un incendio con conseguenze a persone. Il Certificato di Prevenzione Incendi, dunque, risulta un documento importantissimo al fine di incrementare il livello di sicurezza all’interno di un’attività lavorativa.
Esso infatti certifica, attraverso il Corpo Nazionale di Vigili del Fuoco l’adozione dell’insieme delle misure preventive e protettive al fine di ridurre in maniera efficace lo sviluppo e la propagazione di un incendio.
Marcello Sacchetti
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