Il prof. Carlo Cantoni, nostro collaboratore.
Premessa
Il Regolamento CE 2073 del 2005 ha introdotto i criteri microbiologici per la valutazione della sicurezza alimentare del prodotto finale e per fissare i criteri di igienicità durante il processo di produzione. Esso ha già subito il riesame previsto dall’Articolo 10 dello stesso regolamento, con il Regolamento 1441 del 7 dicembre 2007, che ha modificato solo l’allegato I. La Conferenza Stato Regione ha licenziato, nel maggio 2007, un documento di attuazione del Regolamento 2073/05, che va quindi riletto alla luce delle recenti modifiche apportate del Regolamento 2007/1441, entrato in vigore dal 27/12/07. Alcune Regioni avevano già adottato l’accordo CSR in toto, prima del maggio 2007.
Il documento della CSR n. 98/2007
Esso rappresenta il documento di riferimento sia per i responsabili di autocontrollo, sia per l’Autorità Sanitaria, in tema di criteri di igienicità delle lavorazioni, una questione che presenta indubbiamente degli interrogativi che il documento della CSR ha cercato di chiarire. Il documento 98/2007 della CSR riprende l’Allegato I – Capitolo 1 relativo ai “Criteri di sicurezza alimentare”, il Capitolo 2 relativo ai “Criteri di igiene del processo” e il Capitolo 3 “Norme per il campionamento e per la preparazione dei campioni da analizzare”, nonché il testo del Regolamento 2073/05. Il documento CSR per prima cosa passa in rassegna la normativa nazionale “caducata” per effetto del Regolamento 2073 e degli altri regolamenti collegati al “pacchetto igiene”, ma chiarisce che nulla è invariato circa le modalità di campionamento ai sensi della Legge 283/62 e del DPR 327/80. Nella Tabella 1 sono riassunte le principali variazioni che riguardano soprattutto l’OM 11/10/1978. In definitiva, tutte le indagini microbiologiche valide dal punto di vista della valutazione “ufficiale” della sicurezza del prodotto sono quindi ricondotte al Regolamento 1441: questo non è esplicitato e potrebbe determinare comportamenti difformi sia dell’operatore alimentare sia dell’Autorità Sanitaria. Tutti i controlli microbiologici riferiti all’igiene del processo sono la validazione del sistema HACCP e non una valutazione a sé stante, in quanto il Piano di Autocontrollo con il sistema HACCP è il “meccanismo” centrale di garanzia della sicurezza alimentare ed il monitoraggio microbiologico con le frequenze specificate nello stesso piano serve unicamente a validarlo. Riguardo alle frequenze di campionamento, l’obsoleta decisione CE 471 del 2001 (capostipite dei criteri microbiologici del settore delle carni) individuava le frequenze dei controlli ambientali e sulle carcasse mentre l’attuale regolamento le definisce solo per le carcasse.
Il Regolamento 1441 introduce alcune modifiche rispetto al 2073, in recepimento a suggerimenti di AESA:
Enterobacter sakazakii
Enterobacter sakazakii (o sakasakii) è un patogeno emergente, gram negativo della famiglia Enterobatteriacee, che contamina frequentemente il latte in polvere ed è causa di malattie di origine alimentare. E. sakazakii è stato isolato da una vasta gamma di alimenti e persino sugli stessi contenitori di alimenti. L’alimento che assume più importanza dal punto di vista delle malattie alimentari è il latte in polvere e gli alimenti di proseguimento, proprio perché sono utilizzati nella fascia d’età più sensibile che è quella neonatale. Questo germe di derivazione fecale può provocare setticemia, meningite ed enterocolite necrotica e sopravvive nel latte in polvere ed all’essiccamento; inizia a riprodursi al momento della ricostituzione e, soprattutto, se il latte ricostituito è conservato a temperatura ambiente per periodi superiori ai 40 minuti, che è il tempo medio di moltiplicazione del germe. Indagini americane hanno indicato una prevalenza di contaminazione del latte destinato ai lattanti pari al 15%. Oltre a E. sakazakii anche Salmonella può sopravvivere per periodi prolungati nell’alimento in polvere.
Il latte in polvere formulato per l’infanzia è un prodotto non sterile in quanto è ottenuto per evaporazione del latte vaccino sotto vuoto a temperature di circa 45°C. E. sakazakii è particolarmente termotollerante rispetto alla maggior parte delle EBE, ma non sopravvive alla pastorizzazione. La contaminazione del latte in polvere avverrebbe quindi dopo la pastorizzazione, durante la fase di evaporazione e confezionamento, oppure durante le fasi di ricostituzione e somministrazione del latte a livello domestico ed ospedaliero. Per garantire la sicurezza del latte, l’acqua di ricostituzione dovrebbe avere una temperatura di almeno 70°C.
Il caso Listeria monocytogenes
Il documento CSR commenta il contenuto dell’Articolo 5 del 2073 che, tra l’altro, impone l’obbligo di condurre campionamenti sulle superfici delle aree di lavorazione e delle attrezzature per la ricerca di L. monocytogenes e E. sakazakii, rispettivamente dove avvengono le lavorazione di alimenti pronti per il consumo che possono sviluppare Listeria monocytogenes e alimenti in polvere per lattanti o alimenti in polvere destinati a fini medici speciali per bambini di età inferiore ai sei mesi che possono comportare un rischio da Enterobacter sakazakii. Analogamente a quanto disponeva la Decisione 471/01 (capostipite dei controlli microbiologici ambientali e sulle carcasse), questo importante obbligo non è solo un ulteriore aggravio per l’OSA, ma la sua validità consiste nel fatto di riaffermare ancora una volta l’importanza dell’ambiente nel condizionare il prodotto, anche nel caso di operazioni automatizzate senza esposizione del prodotto stesso (ad esempio lavorazione del latte).
La frequenza di campionamento, le superfici e le modalità devono essere stabilite nel Manuale di Autocontrollo a cura dell’operatore economico (è una sua scelta). Oltre a Listeria, l’OSA può programmare altri tipi di indagini microbiologiche.
Il documento della CSR offre alcune indicazioni molto utili, tradotte dal regolamento comunitario oppure mutuate dalla pratica, in particolare:
Problematiche inerenti
Il punto 1.2 merita una maggiore semplificazione che potrebbe essere la seguente.
Il laboratorio, quando riceve il campione, stabilisce se si tratta di alimenti pronti per il consumo che ricadono nel punto 1.2 oppure 1.3, cioè quelli esplicitati dalla nota 4 (Prove regolari relative a questo criterio non sono richieste in circostanze normali per i seguenti alimenti pronti:
e quelli identificabili con i parametri della nota 8 del capitolo 1 (i prodotti con pH 4,4 o aw 0,92, i prodotti con pH 5,0 e aw 0,94, i prodotti con un periodo di conservabilità inferiore a 5 giorni sono automaticamente considerati appartenenti a questa categoria. Anche altri tipi di prodotti possono appartenere a questa categoria, purché vi sia una giustificazione scientifica).
In questo caso si applica il criterio del punto 1.3. Per tutto il resto dei prodotti si applica il criterio della riga 1 del punto 1.2, se saranno sottoposti a cottura prima del consumo, e quelli della riga 2, se saranno consumati come tali. La disponibilità dell’alimento presso il produttore dovrebbe avere significato per eventuali trattamenti di bonifica, ma non per determinare un doppio livello di sicurezza alimentare come in definitiva potrebbe succedere.
Sarebbe opportuno inserire esempi di alimenti che rientrano nella riga 1 e 2 poiché il confine è estremamente labile, nel senso che uno stesso alimento può appartenere alla riga 1 o 2 e la differenza potrebbe derivare da una semplice (e poco visibile) indicazione presente in etichetta. In merito potrebbero sorgere contenziosi tra l’OSA e l’Autorità Sanitaria. I suggerimenti sugli studi per stabilire se un alimento può rispettare i criteri quantitativi della riga 1 sono contenuti nell’allegato II del 2073: tali studi non sono facilmente eseguibili soprattutto per le piccole e medie imprese.
Controlli sulle carcasse
Il documento CSR sottolinea l’importanza della comunicazione della prevalenza macello per Salmonella, dal macello al laboratorio di lavorazione, affinché quest’ultimo predisponga nel proprio Manuale di Autocontrollo procedure per il contenimento e/o l’inattivazione, ovvero destinare eventuali partite contaminate a trattamenti conservativi o risanatori.
La frequenza di campionamento sulle carcasse, sulla carne macinata, sulle carni separate meccanicamente e sulle preparazioni di carne, a differenza degli altri alimenti, è stabilita dal regolamento ed è settimanale e può essere ridotta a bisettimanale in caso di risultati favorevoli consecutivi.
I materiali di campionamento con metodo non distruttivo, previsti dalla norma ISO 17604, sono le spugnette abrasive, tampone a secco e umidi e garze. Il Regolamento 1441 stabilisce che i siti da campionare per ogni carcassa per la ricerca di CBT aerobica e EBE devono essere scelti tenendo conto della tecnica di macellazione e che, nel caso si utilizzi il metodo non distruttivo, l’area campione è di almeno 100 cm2 (50 cm2 quadrati per le carcasse di piccoli ruminanti) per sito di campionamento, per un totale di almeno 400 cm2.
Per la ricerca di Salmonella, è obbligatorio un metodo di prelievo con spugna abrasiva e devono essere selezionate le aree a più alta probabilità di contaminazione. L’area campione totale deve essere di almeno 400 cm2 come per CBT aerobica e EBE. L’accordo CSR propone per EBE e CBT, gli stessi siti della decisione 471/01:
Quando i campioni sono prelevati sulle carcasse da diversi siti, prima di essere esaminati sono aggregati.
Il Regolamento 2073 stabilisce che l’area individuata deve essere di almeno 100 cm2 per sito selezionato, ma non il numero di siti e tanto meno l’area totale da campionare. Il 1441 non stabilisce il numero di siti da campionare ma tale dato si ottiene indirettamente in quanto viene stabilito che l’area totale deve essere di almeno 400 cm2, per cui il numero di siti può essere 4, analogamente alla ricerca di EBE e CBT aerobia. In definitiva la stessa spugnetta, una volta reidratata, può essere utilizzata per il prelievo di CBT, EBE e Salmonella. Al riguardo, il documento della CSR, individua 3 siti (prosciutto, pancia, gola – sulla base delle indicazioni ai macelli abilitati all’esportazione USA).
Per quanto riguarda il metodo distruttivo, ha scarsa applicazione per le grosse specie da macello, anche se il criterio microbiologico (2.1.2 e 2.1.3 cioè per CBT aerobica e EBE) si riferisce unicamente a tale metodo. In proposito, l’accordo CSR stabilisce due procedure per fissare i limiti di “m” ed “M”, nel caso si utilizzi il metodo non distruttivo, senza asportazione della cute (metodo più frequente nella pratica):
L’intesa CSR “traduce” anche il significato di “tendenza verso risultati insoddisfacenti” indicato all’Articolo 9 del Regolamento 2073, vale a dire che quando si ha un risultato > a M oppure più di tre volte di seguito, valori compresi tra “m” ed “M”, l’OSA “adotta sollecitamente provvedimenti adeguati per porre rimedio alla situazione e prevenire l’insorgere di rischi microbiologici”; nel caso di frequenza bisettimanale si torna alla frequenza settimanale.
In caso di positività a Salmonella per una serie (10 prelievi di almeno 5 carcasse alla settimana) il controllo sarà allargato alle strutture del macello ed agli animali; in caso di una seconda serie il controllo sarà allargato all’allevamento; in caso di una terza serie consecutiva l’Autorità Sanitaria interviene con i provvedimenti previsti dall’Articolo 54 del Regolamento 88204, ovvero prescrizioni per contenere il problema.
Il documento CSR propone una serie di tabelle di riferimento per le frequenze di campionamento consigliate nei piccoli stabilimenti, che dovranno essere confermate da una valutazione del rischio dello specifico stabilimento. Per quanto riguarda i macelli di ungulati sono proposte sei tipologie: macelli che macellano mediamente più di 100 UGB alla settimana; tra 41 e 100 UGB, tra 21 e 40 UGB; tra 11 e 21 UGB; tra 6 e 10 UGB; meno di 5 UGB alla settimana. Per ogni tipologia di macello sono stati individuati 3 livelli di rischio, a cui corrisponde una determinata frequenza di campionamento. Ad esempio, un impianto che macella tra 11 e 20 UGB alla settimana (come dato medio annuale) effettuerà campionamenti di almeno 5 carcasse, con frequenza da bimestrale (alto livello di rischio) a quadrimestrale (basso livello di rischio). Un impianto che macella meno di 5 capi alla settimana, raggiungerà il numero di 5 carcasse in più settimane e riprenderà la sequenza dopo 4 mesi se, ad esempio, è classificato nella categoria di rischio alto. La classificazione del livello di rischio attuata dall’Autorità Sanitaria, sarà basata su valutazioni che tengano conto:
Analogamente ai macelli la stessa riduzione di frequenza è prevista per le carni macinate, CSM e le preparazioni di carne.
I laboratori d’analisi esterni all’impianto debbono essere accreditati secondo la norma ISO 17025 e, possibilmente, deve essere accreditata SINAL anche ogni singola analisi, ad eccezione delle prove che esprimono i risultati in ufc per superficie (ovvero tutte le analisi da effettuare sulle carcasse).
Il documento CSR contiene anche una precisa spiegazione delle modalità di preparazione per il campionamento, per l’effettuazione del campionamento, per la conservazione ed il trasporto al laboratorio che deve iniziare l’analisi entro 24 ore dal prelievo.
Sanzioni
L’Articolo 6 del DLgs 193/07 ha introdotto sanzioni nei confronti dell’operatore economico che commette omissioni nell’ambito del Piano di Autocontrollo, a differenza della precedente legislazione (DLgs 155/97 e succ. modifiche) che le prevedeva solo per omessa adeguamento dopo un periodo di almeno 120 giorni. Infatti l’operatore del settore alimentare operante ai sensi dei Regolamenti (CE) n. 852/2004 e n. 853/2004, a livello diverso da quello della produzione primaria che omette di predisporre procedure di autocontrollo basate sui principi del sistema HACCP, comprese le procedure di verifica da predisporre ai sensi del Regolamento (CE) n. 2073/2005 e quelle in materia di informazioni sulla catena alimentare, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 6.000 (oblazione ridotta a euro 2000).
Nel caso in cui l’Autorità Sanitaria riscontri inadeguatezze nei requisiti o nelle procedure del Piano di Autocontrollo fissa un congruo termine di tempo entro il quale tali inadeguatezze devono essere eliminate. Il mancato adempimento entro i termini stabiliti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 6.000.
Luigi Gaidella
Carlo Cantoni
Bibliografia
Per abbonarti a una nostra Rivista o acquistare la copia di un Annuario