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Legislazione

Sull'importazione di molluschi nelle acque comunitarie in rapporto alla prevenzione della malattia esotica cosiddetta infezione da Perkinsus marinus

di Schiavo A.

Introduzione

Una precedente Nota — apparsa su questa stessa Rivista — si è interessata di un’altra malattia parassitaria provocata dalla Bonamia exitiosa, considerata anch’essa dalla Comunità europea (CE) a carattere esotico, e quindi oggetto di particolare attenzione1. Nel presente lavoro vengono esaminate e discusse le principali linee conoscitive che concernono la seconda malattia, cosiddetta infezione da Perkinsus marinus (P. marinus). Anche in quest’occasione vengono esclusi dalla trattazione gli aspetti relativi alla prevenzione e lotta all’infestione perché oggetto di lavori che hanno già esaminato la materia in senso generale. Lo stesso dicasi per le attività di diagnosi di laboratorio in quanto proprie dei compiti del Centro nazionale di Referenza delle malattie dei pesci, molluschi e crostacei5, dei vari Istituti Zooprofilattici Sperimentali regionali e della ricerca promossa dalle Facoltà di Veterinaria.


Il Perkinsus olseni (P. olseni)

Qui può essere brevemente segnalato che, in acquacoltura, è attivo anche il P. olseni, che provoca infezione in molte specie di bivalvi delle acque tropicali e subtropicali della regione Asia-Pacifico. Ad esso risultano sensibili varie specie di vongole fra cui la Venerupis philippinarum, le vongole europee V. aurea e V. pullastra, la Tridacna maxima e T. gigas, nonché talune specie di ostriche quali la Ruditapes decussatus, la R. semidecussatus e la stessa ostrica perlifera31, 54. Fra i molluschi sensibili va incluso il cuore, comprese le varietà neozelandese e australiana. Quest’ultimo mollusco, notoriamente non molto pregiato, è poco resistente fuori dall’acqua; in pratica esso è facilmente deteriorabile e può essere scambiato con il tartufo, che invece ha un valore commerciale superiore di almeno il 20%. Il P. olseni è particolarmente pe-ricoloso pure per l’abalone (varietà Haliotis laevigata, H. rubra, Haliotis scalaris, H. cyclobates)31. L’abalone, detto anche “orecchie di mare” a motivo della sua forma, è lungo circa 4 cm; questo mollusco viene venduto presso i mercati locali, ma, a causa del suo apprezzamento commerciale per l’esportazione, risulta molto richiesto essiccato, affumicato o in scatola. In Giappone viene importato sia fresco che congelato, mentre, per esempio in California (altra piazza di maggiore riferimento), è apprezzato vivo per il mercato del sashimi. Com’è noto, il sashimi è una delicatezza originaria della cucina giapponese consistente soprattutto nell’utilizzo di pesce, ma anche di molluschi freschissimi, tagliati in fettine molto sottili e mangiati crudi con un po’ di salsa. Più in particolare, le gonadi dell’abalone rappresentano un’autentica prelibatezza per i buongustai internazionali.

In Europa il P. atlanticus può colpire le vongole, mentre un altro parassita quale il Perkinsus qugwadi può interessare il Patinopecten yessoensis o pettine giapponese nell’area del Canada-Pacifico11. Nel nostro Paese, il Perkinsus qu. è stato rinvenuto in vongole veraci quali la Solen vagina e la Chamelea gallina allevate nel nord-est26, 28, 45, in molluschi eduli allevati o raccolti lungo i litorali pugliesi46, in bivalvi del Reno a Cesenatico47 e nella vongola Callista chione nel nord-est del mare Adriatico29, 30. Più in particolare, in occasione di ricerche condotte nella regione Veneto nel biennio 2000-2002 allo scopo di scoprire i principali agenti eziologici nei molluschi della laguna, è già stato sollevato — a parte l’influenza di eventuali inquinamenti — il possibile ruolo di infestazione elevata e danno da parte del Perkinsus sp., del resto presente in varie aree europee. Quest’ultimo, sulla base di prove colturali e istologiche, attualmente si ritiene che appartenga alla specie atlanticus45. Il fatto, poi, che il P. atlanticus fosse stato da anni inserito tra i patogeni oggetto di denuncia obbligatoria tanto dalla CE quanto dall’Ufficio Internazionale delle Epizoozie (OIE), spinge taluni ricercatori e aziende sanitarie locali a perpetuare un attento monito-rag-gio — anche se questo è il caso delle sole vongole — sia nelle aree di produ-zione, sia in quelle di raccolta45. A quest’ultimo proposito va, in ogni caso, aggiunto che il P. atlanticus viene considerato ormai un sinonimo semplicemente più precoce del P. olseni. Qui, intanto, è opportuno segnalare che la normativa comunitaria più recente prevede che ogni eventuale focolaio confermato di malattia esotica e non esotica degli animali d’acquacoltura negli Stati Membri, zone o compartimenti precedentemente indenni, deve essere notificato alle autorità sanitarie competenti in qualità di focolaio primario2, 3, 4, 6, 7, 12, 13, 19, 48.


Malattie esotiche dei molluschi riconosciute dalla legislazione comunitaria

In particolare le malattie esotiche dei molluschi oggetto di norme legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle direttive della CE — a cominciare dall’agosto del 2008 — sono rappresentate, oltre che dall’infezione da Bonamia exitiosa già trattata1, da quella sostenuta dal Mikrocytos mackini (oggetto di un’altra Nota in corso di pubblicazione) e dal P. marinus trattato nel presente lavoro. Le specie di ostriche sensibili al P. marinus sono costituite dalla Cassostrea virginica, nota come ostrica della Virginia o anche come ostrica americana, e dalla C. gigas, detta comunemente ostrica giapponese. A proposito di quest’ultima va brevemente aggiunto che alcuni ricercatori negli anni passati avevano avanzato l’ipotesi di poterla considerare resistente al P. marinus e ciò sulla base di prove di laboratorio dalle quali sarebbe emerso che quest’ostrica è capace di reagire immunitariamente attraverso l’intervento di sostanze ad attività proteasica di tipo a-chimotripsinico, in aumento nel tasso plasmatico a partire dal settimo giorno circa dall’infezione. In pratica, si produrrebbe una progressiva caduta della parassitemia a seguito di una crescita del titolo di emoagglutinine e del tasso delle lecitine plasmatiche a favore del loro ruolo protettivo, probabilmente dovuto ad attività fagocitaria degli emociti. Attorno al 50º giorno di esperimento, l’eliminazione del P. marinus sarebbe risultata totale21.

In esperimenti comparativi svolti nella baia americana di Chesopeake sulla patogenesi del P. marinus che ha interessato gli emociti della C. virginica rispetto a quelli di altre ostriche, è stato osservato che tanto la C. gigas quanto la C. ariakensis sono apparse meno sensibili alla malattia10, 31. Sta di fatto che nell’Allegato IV, parte II, della Direttiva 2006/8812 quest’ostrica, per l’acquacoltura co-munitaria, viene considerata sen-sibile alla malattia in argomento e che per le relative importazioni è necessario, in primo luogo, l’accompagnamento di un certificato che soddisfi le prescrizioni previste nell’Allegato IV, parte A, del Regolamento 1251/20087. Ciò va ricordato, oltre agli altri elementi soddisfacenti riconoscibili, intanto, dalla provenienza da soli Paesi Terzi previsti in uno specifico elenco e da altre vincolanti condizioni che riguardano, fra l’altro, sia il trasporto, sia l’immissione in allevamenti, zone di stabulazione, pescherie e impianti ornamentali aperti e che — qui si ripete — hanno formato già oggetto di trattazione in Note precedenti2, 3, 4.


Infezione da Perkinsus marinus

Questa malattia è provocata da un agente causale prevalente delle ostriche rappresentato da ceppi del genere Perkinsus, classe Persinkea, e può causare mortalità ricorrenti anche elevate. Trattasi di un protozoo delle acque marine che cresce bene in quelle più calde e, quindi, soprattutto durante i mesi estivi. Esso appartiene a un gruppo degli alveolati e le cellule singole dispongono di due flagelli a parziale anello polare utilizzato per attaccarsi al mollusco. Questo parassita presenta talune strutture che lo avrebbero compreso dapprima nel phylum Apicomplexa, a motivo della morfologia del complesso apicale del parassita allo stadio di zoospora, ma studi genetici più recenti lo classificano maggiormente vicino ai Dinoflagellati45, 54. Fino a qualche anno fa risultavano ancora in corso ricerche di questo tipo svolte, in particolare, in collaborazione tra il Centro di Biotecnologia Marina dell’Università del Maryland e l’Istituto di Ricerca Genomica. Può ancora segnalarsi che le forme evolutive di questo parassita possono rinvenirsi nell’ospite a cominciare dai merozoiti o trofozoiti immaturi che misurano un diametro di 2-3 µm oscillante da 3 a 10 negli stadi di maturità, presentando, ognuno, un vacuolo eccentrico che mostra il nucleo e, perifericamente, il citoplasma. Lo stadio di rosetta, contenente gli schizonti, misura dai 4 ai 15 µm di diametro che possono contenere da 2 a 32 trofozoiti in sviluppo. Il P. marinus, se paragonato al P. olseni, pur avendo entrambi gli stadi di sviluppo uguali, presenta dimensioni in diametro meno grandi; ciò è stato evidenziato anche se, in dipendenza della differenza dell’ospite oppure dello stesso patogeno, le caratteristiche morfologiche non possono essere considerate specifiche10, 11, 14, 37.


Distribuzione geografica

Il P. marinus è stato identificato per la prima volta nel 1950 in ostriche del golfo del Messico. Allora venne denominato Dermocystidium marinum, da cui derivò l’originaria indicazione in lingua inglesedella corrispondente malattia Dermo Disease15, 17. Quattro anni dopo, esso è stato individuato lungo le coste sud-orientali degli Stati Uniti16. Da tempo la Perkinsosi (senza essere stata ancora riportata in Canada) è presente lungo l’intera costa orientale del Nord America, dal Maine a Campeche in Messico, e recentemente è stata osservata anche lungo la costa pacifica del Messico fino alla penisola dello Yucatan10, 18. L’agente causale in oggetto è stato trovato anche in Venezuela, Porto Rico, Cuba e Brasile; il parassita è stato introdotto accidentalmente a Pearl Harbour nelle Hawaii sin dal 197331. Questa malattia è stata oggetto di studio — da sempre — nelle ostriche della baia di Chesapeake, sulla costa orientale degli Stati Uniti, le cui acque comunicano con l’Oceano Atlantico55, 23, 24. In passato, in questa baia la presenza del P. marinus poteva reperirsi prevalentemente nei tratti inferiori ed era, invece, limitata in Virginia e nel sud del Maryland, probabilmente con contagio successivo da ostriche infette provenienti dalla soprastante baia di Delaware. In ogni caso, per esempio a nord di questa seconda baia, il parassita appariva assente o non evidenziabile e, comunque, con tassi di mortalità insignificanti. Sennonché, nel quadriennio 1985-1988, a seguito di un’accresciuta salinità della regione del medio Atlantico, l’infezione in discussione è scoppiata naturalmente nelle aree ove le ostriche erano abbondanti e altamente recettive. Straordinariamente gli inverni più caldi dell’intero periodo hanno contribuito alla diffusione del parassita negli animali sopravvissuti al patogeno attraverso il loro movimento in zone ove il P. marinus era storicamente assente. In seguito, nonostante il ritorno alle condizioni ambientali tipiche dell’area, il P. marinus ha resistito fortemente in diverse aree di questa baia di Chesapeake; ivi, pur non presentando naturalmente una mortalità severa, non appena si fossero ripresentate condizioni favorevoli di salinità, il parassita si è mostrato capace di moltiplicarsi nuovamente e rapidamente e, di conseguenza, determinando serie perdite9, 10.


Principali caratterizzazioni della baia di Chesapeake quale oggetto di ostricoltura intensiva

La baia in discussione si trova a sud di Philadelphia e rappresenta il più ampio estuario dell’intero paese. Questa immensa valle fluviale copre più di 166 km2 con una lunghezza che varia da 5,5 km fino a 50 circa e si estende per ben 330 km interessando gli Stati di New York, Delaware, Pennsylvania, Maryland e Virginia. In essa confluiscono più di 150 fiumi e corsi d’acqua. Gran parte della baia è poco profonda (meno di 2 metri su oltre 2.800 km2), ma può raggiungere anche i 63 metri e la sua profondità media è di circa 9 metri.


Cenni sulle salienti caratteristiche della baia di Delaware

Un’altra area di continuo studio e di attività d’allevamento — ancora ne-gli Stati Uniti — è costituita dalle basse acque della baia di Delaware del New Jersey, Cape Cod e Maine. Questa seconda baia comprende un territorio pianeggiante che nei punti più alti non supera i 45 metri di altitudine. La costa sulla baia è caratterizzata da ampie zone umide e in essa sfocia il fiume Maurice che scava un lungo estuario nella zona centrale ricevendo da sinistra due importanti affluenti. La zona occidentale è drenata da altri due fiumi che, a loro volta, formano dei lunghi estuari prima di sfociare nella stessa baia. La costa meridionale è caratterizzata da ampie insenature in cui defluiscono altri corsi d’acqua, mentre l’area sud-occidentale è drenata dal fiume Nauticoke che scorre anch’esso a sud, verso la già citata baia di Chesapeake. Più in particolare, l’infezione da P. marinus, fino agli anni ‘80, risultava limitata alle baie e agli estuari meridionali della baia di Delaware e, almeno apparentemente, era assente nelle baie e spiagge della Virginia e del Maryland8.


Brevi dati riguardanti altri continenti interessati dalla Perkinsosi

Questa infezione, intanto, viene considerata esotica nell’area Asia-Pacifico, in quanto non ancora riportata né dalla Food and Agricultural Organization for Animal Health (OIE), né dalla Network of Agricultural Centres in Asia-Pacifico11. In Australia, per esempio, il P. marinus è stato trovato a conclusione di un biennio di apposite indagini condotte tra il 1999 e il 2000, mentre il P. olseni era stato osservato per l’ultima volta nel 1997 nel sud del Paese e nel 1995 nella parte occidentale e nel New South Wales. In ricerche condotte fino al 2000, nel periodo che va da aprile fino a dicembre, il P. marinus è stato osservato in Nuova Zelanda, mentre il P. olseni — stando agli ultimi dati disponibili — si era presentato, nello stesso periodo, in focolai a carico di popolazioni selvatiche di ostriche11. I dati riguardanti l’Europa in merito alla Perkinsosi più in generale sono stati accennati nelle pagine precedenti e vengono completati appresso.


Organi bersaglio e lesioni prodotte dal parassita

L’infezione da P. marinus è a carattere tipicamente sistemico con presenza di trofozoiti nel tessuto connettivo di tutti gli organi, compresi gli emociti, l’epitelio intestinale, le gonadi, le branchie e il tessuto connettivo attorno al sistema digestivo10, 11, 14, 22. Il parassita viene ritenuto responsabile, negli ospiti, dell’azione di agenti litici e citotossici56. Intanto, lesioni similari sono state riscontrate, per esempio, anche nel Tapes philippinarum o Manila clam colpito dal P. atlanticus49. Le stesse considerazioni possono avanzarsi nel caso di Perkinsosi spp. — compresa quella sostenuta dal P. olseni — anche di altre specie, a cominciare dai mitili, da varie altre specie di vongole, come per esempio il cuore e l’abalone, per finire alle stesse ostriche perlifere (Pinctada sugillata e P. marina)54. Ultimamente, a proposito del P. marinus che qui interessa, sono state studiate in più ricerche anche le alterazioni fisiologiche associate all’azione dell’agente causale in argomento.

In particolare, va citata la signi-ficativa riduzione della media di crescita del mollusco, che è stata attribuita al disturbo del metabolismo degli amminoacidi liberi da parte del parassita. È stata, peraltro, osservata una forte acidosi che contribuirebbe a compromettere le funzioni generali dei vari tessuti. Il P. marinus può anche ridurre la capacità riproduttiva dell’ostrica22. Nell’ostrica americana (C. virginica) è stata avanzata l’ipotesi che essa possa eliminare un P. marinus perfettamente vitale prima di morire, facendogli così rivestire pure un altro possibile ruolo di trasmissione del contagio.


Specie ospiti sensibili e possibili vettori

In numerose ricerche si è visto che il P. marinus, oltre alla C. virginica, contagia la Dendostrea frons e l’Ostreola equestris. Più in particolare, la D. frons è un’ostrica che raggiunge i 48 mm circa e vive in sito con la spugna; l’O. equestris, invece, ha la valva a strati grossi, è appiattita e appare increspata lungo un lato del bordo superiore. Il colore esterno varia dal bianco sporco al grigiastro, è originaria degli Stati Uniti e del Golfo del Messico — come la stessa D. frons25 e ha la caratteristica, già segnalata in una Nota precedente1, di essere l’ospite della Bonamia perspora, la prima specie conosciuta nel produrre spore1. Nel Connecticut il parassita in discussione è stato trasmesso all’Ostrea conchaphila nel lontano 1954. Secondo altre valutazioni, i molluschi sensibili a questa malattia in via naturale vanno riconosciuti soprattutto nell’ostrica americana appena sopraccitata, mentre le altre risultano recettive solo sperimentalmente, ivi compresa perciò l’ostrica del Pacifico o C. gigas. In questo ambito sono stati compresi — da altri studiosi — la C. anakensis o ostrica Suminoe e il mitilo Mya arenaria. Questi comportamenti dipenderebbero, almeno in parte, anche nel caso di medesime specie di ostriche che vivano in aree differenti, dalle corrispondenti capacità diverse di resistenza alla malattia8, 54.

Circa l’eventuale presenza del parassita in argomento anche in altri molluschi bivalvi meno diffusi, questa ipotesi rimane ancora discutibile e, comunque, il contributo di studi condotti fino a tutti gli anni ‘80, ha escluso che essi potessero essere valutati come ospiti oppure anche come semplici vettori passivi8. Ne consegue che la trasmissione di questo specifico Perkinsus risulta diretta da ospite a ospite, rimanendo contagianti tutti gli stadi della sua vita10, 17. Alcuni ricercatori, comunque, ritengono che, con ogni probabilità, questo agente possa riuscire a infettare qualsiasi specie di ostrica qualora la sua presenza risultasse cospicua, anche se resta ancora da stabilire l’influenza del grado della sua patogenicità. Circa il coinvolgimento della sensibilità del Macoma balthica, sostenuta da alcuni autori, il Perkinsus chiamato in causa potrebbe in realtà appartenere ad una specie diversa, ma non al P. marinus, tenuto conto anche della varietà delle caratteristiche genetiche27,58. A proposito, poi, dei possibili vettori, fra questi vanno segnalate più specie di animali acquatici, a cominciare da diverse varietà di mazzancolle, in particolare queste, già chiamate in causa da una Nota riguardante l’importazione dei crostacei nelle acque comunitarie in rapporto alla prevenzione della malattia esotica nota come Sindrome di Taura57. In dettaglio vanno citate, oltre alla mazzancolla Penaeus kerathurus, quella bianca indopacifica o P. indicus, quella del Pacifico o P. stylirostris e quella tropicale o P. vannamei57.

Tra le specie vettrici vanno compresi, inoltre, il gambero blu, il gamberone giapponese, il gambero di origine australiana, detto yabby o Cherax destructor, che vive nella zona interditale delle acque co-stiere. Qui è appena il caso di ricordare brevemente che questa zona, detta anche zona mesolitorale, comprende tutti i litorali che restano legati alla marea e che risultano emersi nelle condizioni di bassa marea e invece sommersi con l’alta marea. Un esempio tipico viene offerto dalla Bretagna francese (su cui si avrà occasione di tornare) laddove la zona si identifica in ambienti di piana di marea su coste basse e a lieve inclinazione con escursioni di marea abbastanza notevoli. Fra l’altro, questa zona è frequentata soprattutto da animali, anche di acquacoltura, che riescono a sopravvivere a mutamenti non solo di temperatura, ma pure di salinità in virtù della loro capacità di non risentire del disseccamento (ulteriori elementi di conoscenza vengono riferiti nel prossimo sottocapitolo riguardante le cause concomitanti della comparsa della malattia e suo andamento). Fra le possibili specie vettrici, intanto, vanno annoverati anche i granchi e, tra questi, il granchio Brachyura spp., quello dell’indopacifico o Scylla serrata e il necora o Portunus puber. Quest’ultimo è un granchio non più lungo di 10 cm, ha il guscio marrone scuro, gli occhi rossi, è onnivoro e abita il mare Mediterraneo e le coste dell’Oceano Atlantico nella zona subtidale fra alghe e rocce, ma non oltre i 70 metri di profondità. Altri possibili vettori sono rappresentati dall’aragosta (Palinurus spp.) e dall’astice o Homarus gammarus. Qui va subito aggiunto che, a norma della legislazione CE vigente, gli animali acquatici sopra riportati vanno ritenuti vettori dell’infezione da P. marinus qualora siano originari di un allevamento oppure di un’area di molluschicoltura nella quale vengano allevate specie sensibili alla Perkinsosi in argomento. La medesima considerazione va fatta se le stesse specie sopra segnalate debbano essere destinate a un’azienda o area di molluschicoltura nella quale siano presenti le specie sensibili al P. marinus7.


Capacità di trasmissione e di diffusione

Il parassita, dopo aver cominciato a produrre una sua sistematica distribuzione nel tessuto connettivo e nelle cellule epiteliali dell’ospite, fa crescere lo stato patologico in concomitanza dell’aumento della temperatura (in genere oltre i 20°C). Insieme all’eventuale comparsa di segni clinici, più o meno evidenti nel complesso dell’allevamento, viene ivi raggiunto, come conseguenza, il picco della mortalità39, 40. Ciò va segnalato, anche se gli eventuali sintomi ad occhio nudo sono simili a quelli provocati in questo mollusco da altri generi di Perkinsus. In particolare nell’ostrica della Virginia è stata intravista la possibilità che essa elimini il parassita dalle feci prima che esso muoia, venendo identificato in ciò un ulteriore mezzo di diffusione contagio8, 10, 14, 35.

In altre ricerche è stata dimostrata, sulla capacità di diffusione di questo parassita, l’influenza esercitata, a seconda dei casi, dall’inquinamento delle acque interessate, da un’età superiore all’anno, da un eventuale esaurimento dell’animale a causa di una tensione comunque negativamente perdurante e, infine, da una crescita elevata di sensibilità che può manifestarsi nell’estate successiva all’avvenuto trasferimento in aree enzootiche. Altri attribuiscono un’importanza determinante sull’attecchimento dell’infestione, al rialzo della temperatura, considerato che già il solo suo aumento può alterare il metabolismo e la fisiologia dell’ostrica, con conseguenze non solo per la crescita, ma pure per la fecondità, la distribuzione nell’ambiente marino e la sua abbondanza o meno di presenza50. In questo stesso senso agirebbero sia la presenza nell’area di contaminanti o, comunque, di un habitat in qualche modo carente, sia l’introduzione nell’area di nuove specie. Quanto alle raccomandazioni espresse dall’OIE in merito agli indirizzi diagnostici differenziali riguardanti le sole lesioni visibili ad occhio nudo da applicare ai casi sospetti, detti indirizzi coinvolgono, fra l’altro, tanto le specie di ostriche più diffuse e importanti oggetto di questa Nota, quanto la C. ariakensis già citata ed altri vari tipi di molluschi bivalvi commestibili quali, in particolare, la Mya arenaria, la Macoma baltica e la Mercenaria mercenaria43, 44. Qui può concludersi questo sottocapitolo segnalando che il P. marinus non è conosciuto come un possibile agente morboso per il consumatore di ostriche.


Resistenza dell’agente causale

In linea generale può affermarsi che il P. marinus è relativamente stabile nei confronti di insulti esterni a motivo della sua spessa parete cellulare. Più in dettaglio, detto parassita è capace di sopravvivere alla temperatura di –20°C; in queste condizioni il P. olseni ha dimostrato la stessa resistenza. A temperatura ambiente, l’acqua dolce uccide entrambi questi parassiti in 30 minuti circa. In combinazione di tessuto di ostrica, il P. marinus resiste a 2.100 ppm di soluzione di cloro per circa 18 ore. Le radiazioni ultraviolette, a seconda dell’intensità del dosaggio, inattivano completamente o inibiscono la proliferazione del parassita sospeso in mezzo liquido31, 32, 33, 34. Quanto alla sopravvivenza, in tempo massimo, del Perkinsus in oggetto al di fuori dell’ospite, essa non è conosciuta17. Questo agente, comunque, mostra una discreta resistenza a un grado di salinità piuttosto ampia41, convalidata anche in vitro42.


Cause concomitanti della comparsa

prevalenza e mortalità

Da sempre l’infezione da P. marinus si è dimostrata associata a un’elevata mortalità, in particolare nell’ostrica americana. Ciò va riportato anche se, da subito, è apparso poco chiaro il meccanismo della patogenicità in base al quale si verifica il decesso. D’altra parte, in molte occasioni questo stesso agente patogeno non ha provocato mortalità severe oppure ha concesso, nelle medesime aree già colpite in precedenza, consistenti pause di sopravvivenza o, al contrario, una mortalità considerevole. In quest’ultimo caso, il picco di patogenicità è apparso soltanto nella seconda estate d’infezione attribuito, in particolare, all’influenza di variazioni di salinità delle acque35. In ogni caso, a seconda della latitudine, le più elevate percentuali di mortalità si sono rivelate durante l’estate, insieme alle temperature dell’acqua più elevate, generalmente da agosto a settembre. È stato anche osservato che, in concomitanza del picco più alto della temperatura, si verificano i danni fisiologici maggiormente significativi che, in pratica, coincidono con la fase in cui il metabolismo, tanto del parassita quanto della stessa ostrica, è verosimilmente più elevato, con una conseguente riduzione evidente della crescita del mollusco pure nei casi di superamento della malattia36. In altri studi condotti sulla C. virginica colpita dallo stesso P. marinus è stato dimostrato che la più elevata proporzione di ostriche infette (o cosiddetta prevalenza d’infezione), la più alta intensità d’infezione dal punto di vista percentuale e la maggiore mortalità si sono avute nei casi in cui la velocità del flusso delle acque e la qualità dell’alimento erano più basse.

Questi due elementi stressanti hanno anche avuto un’influenza maggiore rispetto alla più o meno elevata carenza di ossigeno disciolto o, addirittura, a casi di esposizione all’anossia52. Qui, pur trattandosi di agenti causali e ospiti nettamente distinti, può essere brevemente aggiunto che esperienze condotte sulla vongola filippina allevata nella laguna di Marano, nel nord dell’Adriatico, e colpita dal Perkinsus sp. hanno dimostrato una possibile influenza sulla variazione del grado d’infestazione a seconda della diversa salinità e della composizione dei substrati in una ben identificata area di crescita paragonata ad un’altra51. Intanto, in ulteriori studi compiuti ancora sulla C. virginica in merito agli effetti fisiologici provocati dal P. marinus, è stata ribadita la responsabilità sull’ospite dell’azione di agenti litici e citotossici che non consentirebbero la perfetta chiusura delle valve come avviene nel mollusco non infetto. In questo modo viene meno, fra l’altro, il primo elemento di difesa di un organismo che — come è stato segnalato — è notoriamente resistente a vari insulti stressanti esterni, fra i quali, per esempio, quello dell’aumento della salinità delle acque. In questa occasione le cellule dell’ospite si avvalgono dell’accumulo degli amminoacidi liberi per controbilanciare la pressione dell’osmosi crescente extracellulare38. Con una pressione osmotica più o meno eguale su entrambi i fianchi della membrana cellulare, la cellula non perde acqua, si restringe e, quindi, può rimanere funzionale. Similmente, quando diminuisce l’ossigeno, l’ostrica fa scattare una minore richiesta affievolendo la sua attività metabolica22, 53.


Sintomi di malattia ad occhio nudo

Premesso che la malattia può essere presente nell’allevamento anche in assenza di qualsiasi sintomo, può affermarsi che fra i segni più frequenti o importanti vanno citati quelli che mostrano le ostriche colpite in una condizione obiettivamente anormale rispetto al solito. Così si può notare una crescita piuttosto ritardata rispetto alle previsioni, una riduzione in volume del mantello con conseguente perdita del prodotto e le valve che si presentano più o meno aperte. Fra gli altri possibili sintomi visibili ad occhio nudo si possono notare, nei casi più gravi, anche occasionali pustole o rimpicciolimento a carico del tessuto molle e la ghiandola digestiva pallida o di colore scialbo, oltre ad una più decisa apertura delle valve.

Aldo Schiavo



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