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Tecnologie

Blockchain: il cibo senza più segreti

di Corona S.

È uno di quei termini ricorrenti e talvolta abusati, a cui ultimamente ci siamo abituati, essendo riferito a diversi settori. Nata in ambito finanziario, quella che in italiano, con una brutta traduzione, si potrebbe definire la “catena dei blocchi”, è la tecnologia che sta alla base del bitcoin e che in ambito alimentare viene utilizzata per tracciare in modo automatico e da ogni punto di vista tutta la filiera. Si tratta di un modello rivoluzionario perché riguarda la trasmissione di moltissime informazioni sul prodotto, in tempo reale e con costi modesti. In sostanza la blockchain aumenta la sicurezza, la velocità e la riservatezza delle informazioni e garantisce un risparmio importante nei costi di tracciabilità e in quelli di comunicazione al consumatore. Sempre di più chi acquista vuole sapere in che modo il cibo è stato trattato e trasformato, che ingredienti lo compongono, quale sia la loro provenienza, se contiene Ogm, conservanti o altre sostanze e molto altro ancora. Ma non basta: parte del mercato è interessata anche agli aspetti etici, del lavoro e dei rapporti commerciali e professionali che stanno alla base di quella specifica produzione. La blockchain prevede che tutto questo diventi di pubblico accesso e in tempi rapidissimi.
Chi siede al tavolo di un ristorante può quindi conoscere in qualche secondo, e grazie ad un sms dal suo cellulare, tutto ciò che c’è da sapere del piatto che gli è stato appena servito. Sicurezza e trasparenza al 100%, dunque. Un mondo senza più segreti, destinato a trasformare in maniera radicale il settore del food e tutto ciò che ci ruota attorno, dal campo alla tavola, passando per la distribuzione e la trasformazione. Un mondo senza più segreti, ma anche un ambiente in cui “fi­ducia” diventa la parola d’ordine, perché la si costruisce grazie ad una trasmissione di informazioni che non è solo sulla qualità del cibo, ma anche sugli aspetti della legalità del contesto in cui viene realizzato, il rispetto dei diritti dei lavoratori, l’assenza di fenomeni criminali alla base, l’osservanza delle norme e delle regole nei rapporti tra operatori. Il sistema si basa su una piattaforma digital ledger accessibile a tutti, che garantisce attendibilità delle informazioni e celerità nell’accesso e che non necessita di appoggiarsi a “documenti cartacei” o a terze parti fisiche che certificano i vari passaggi. Un sistema insomma che, pur rappresentando un enorme valore aggiunto, è anche sostenibile economicamente.

Parola d’ordine: ricostruire la fiducia del consumatore
Il mercato è sempre più interessato a conoscere ogni aspetto del prodotto. Non a caso si sono nel tempo sviluppati una serie di strumenti che vanno soprattutto a tutela del consumatore, come le denominazioni d’origine, le certificazioni di processo e di prodotto o quelle relative ad una certa tipologia di coltivazione e allevamento. La fiducia del consumatore — molte volte minata da scandali alimentari più o meno gravi, alcuni dei quali non legati unicamente all’igiene o alla sicurezza del prodotto, ma anche ad eventi criminosi nell’ambito della filiera — necessita di essere ricostruita. Va ricreato un clima di fiducia attorno al cibo e al comparto, perché, al di là degli aspetti relativi alla provenienza e alle caratteristiche dell’alimento e della materia prima, ci sono elementi di cui il consumatore vuole essere a conoscenza e che si fanno tanto più pregnanti quando si tratta di un consumatore digitale che si muove in un mercato vasto come quello attuale. Questo dispositivo diventerà sempre più richiesto e se oggi rappresenta unicamente un valore aggiunto al prodotto, che permette all’azienda di presentarsi meglio, tra qualche tempo diverrà certamente un must.

Un alleato del produttore
Il produttore ha dunque una serie di ottimi motivi per impiegare uno strumento che, oltre a rappresentare un ottimo biglietto da visita per il cliente, è un eccellente alleato nei processi di e-commerce e in contesti di internazionalizzazione e di digitalizzazione. Si tratta di un sistema che permette di evitare il cartaceo — e tutti i fastidi che questo comporta — vede  un ampio impiego di automatismi che a loro volta riducono o cancellano del tutto le intermediazioni. Ne derivano dunque dei costi ridotti e un processo, nel complesso, molto meno soggetto all’errore umano. La blockchain è inoltre una garanzia in sede di verifica da parte di organismi preposti al controllo, poiché dà garanzie ampie di immediata tracciabilità e trasparenza nella filiera alimentare, a maggior ragione nell’ipotesi di un richiamo o di un ritiro. Il sistema ha il vantaggio di garantire grande riservatezza nel trattamento dei dati. L’immissione e la gestione delle informazioni possono essere disciplinate per mezzo di smart contract, che consentono l’accesso controllato solo tramite operazioni ben codificate, quali la creazione di un documento di certificazione, l’integrazione di informazioni ad un determinato lotto, la notifica di ricezione di un bene o la modifica dell’ownership di un servizio, solo per fare alcuni esempi. In più, si può impiegare la cosiddetta blockchain permissioned, che prevede un accesso riservato solo ad attori selezionati, con l’impiego di registri autorizzati e una governance che impone regole di ingresso. In ogni caso la visibilità e l’utilizzo dei dati avviene nel perimetro del GDPR per ciò che riguarda la privacy.

Un alleato del made in Italy
Nella convinzione che questo sistema sia una grande occasione per i produttori e non solo per i consumatori, anche la Cna Agroalimentare, unione che associa quasi 26.000 imprese di trasformazione in Italia, ha avviato, con Sixtema e Infocert, una sperimentazione di blockchain permissioned. L’applicativo, inizialmente testato con successo in un’impresa che produce conserve vegetali biologiche e che esporta in tutto il mondo, è ora a disposizione delle migliaia di aziende artigiane e industriali che fanno capo alla nota confederazione. La filiera è stata tracciata dalla produzione primaria delle materie prime fino alla fornitura dei prodotti negli scaffali dei distributori. Il produttore ha individuato le informazioni che intendeva far arrivare al consumatore attraverso un semplice lettore di QR code e utilizzando anche soluzioni di geolocalizzazione, garantendo così validità legale ai documenti forniti. La app consente in questo modo al consumatore di risalire, col solo utilizzo del suo telefonino, alla filiera produttiva completa. Questo strumento permette di valorizzare l’azienda e il prodotto, offrendo un’immagine nuova e di grande trasparenza all’impresa, valorizzando la qualità dei prodotti e dandole la visibilità che necessita perché diventi davvero un valore aggiunto da spendere nel mercato. Una soluzione ancor più preziosa per tutto il made in Italy che con questa tecnologia può avere una maggiore tutela contro frodi e contraffazioni.

Un alleato del consumatore
Un altro esempio è il Food Trust Blockchain Network, un programma targato Ibm frutto di una ragguardevole sperimentazione in cui sono stati tracciati e monitorati milioni di prodotti. Il network è ora pronto ad operare con giganti mondiali della distribuzione organizzata come Topco Associates LLC o Walmart. Carrefour utilizza la blockchain in Italia già da mesi. Dopo averla inaugurata col Pollo Filiera Qualità Carrefour Italia, sta ora estendendo il sistema ad un migliaio di altri prodotti. Leggendo con lo smartphone il QR Code applicato sull’etichetta, il consumatore ha la possibilità di verificare in tempo reale le informazioni sull’intera filiera, dall’origine al punto vendita. Sa quindi davvero tutto della carne che mette nel carrello.
Sebastiano Corona

Didascalia: sul suo sito, la torinese Reply, specializzata nella progettazione e nell’implementazione di soluzioni basate sui nuovi canali di comunicazione digitali, offre una definizione illuminante di “blockchain”: si tratta di un “registro transnazionale sicuro, condiviso da tutte le parti che operano all’interno di una data rete distribuita di computer. Registra e archivia tutte le transazioni che avvengono all’interno della rete, eliminando in definitiva la necessità di terze parti fidate”.



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